È davvero grande l'Italia giusta che sta al fianco di Liliana Segre
sabato 9 novembre 2019

Gentile direttore,
in questi giorni i miei sentimenti sono per la cara Liliana Segre: non ci posso proprio pensare... Una donna di 89 anni, espulsa da scuola, a 13 anni deportata ad Auschwitz, è ora nella nostra Italia, nel 2019, sotto scorta per le minacce ricevute. Non era bastato tutto il resto? Davvero un brutto risveglio per lei e per molti di noi... Le chiediamo oggi scusa anche per questo. Io lo faccio. A nome anche di tanti ragazzi come quelli della mia scuola, la media statale Santa Caterina di Milano, ove tento di fare ogni giorno del mio meglio per insegnare religione, lavoro che vivo come un prezioso dono che mi è stato concesso. Vorrei assicurare a Liliana Segre che i ragazzi (e sono tanti) sono con lei perché loro sanno bene come adolescenti da che parte sia giusto schierarsi e stare e sanno prescindere (loro sì!) da ogni credo e da ogni fazione di partito. Cercano la verità e da quella sono fortemente attratti. Hanno solo bisogno di qualcuno che sia capace di far suscitare delle domande, qualcuno che li aiuti a interrogarsi. Non amano grandi e lunghi discorsi, non sopportano troppe prediche e regole, ma davanti a un testimone si mettono in silenzio e in ascolto e talora si commuovono e persino piangono o si arrabbiano. La testimonianza limpida di Liliana Segre ha saputo interpellarli nel profondo, nella loro parte più intima, oltre quella corazza che paiono mostrare, e con la stessa identica dinamica delle parabole di Gesù, li ha chiamati direttamente in causa facendoli prendere posizione. Astenuti: nessuno! Loro sanno che si può non rispondere all’odio con la vendetta e la violenza perché una ragazza come loro, che ha vissuto l’immensa violenza dei campi di sterminio, l’ha fatto gridando a gran voce con parole e fatti che c’è un modo diverso di stare al mondo e che non tutti gli uomini sono capaci di odiare. Qualcuno talora, con l’aiuto di Dio, riesce persino a perdonare l’imperdonabile. Lavorerò ancora perché tra i miei tanti ragazzi qualcuno raccolga il testimone per raccontare negli anni a venire questo triste racconto di verità e che quel numero tatuato sul braccio e sull’anima di tanti dica sempre bene la vergogna di chi l’ha fatto.

Mariella Amormino

Caro direttore, vorrei dire alla senatrice Segre che no! Lei non deve rinunciare alla presidenza della commissione contro l’odio e il razzismo. Non deve farlo perché tutti gli italiani che, come lei, non si vergognano del proprio Paese, nonostante difficoltà e ritardi, hanno bisogno di persone capaci di aiutarli a tenere alta la bandiera dei valori e dei princìpi contenuti nella nostra Costituzione, indispensabili alla convivenza civile. Non possiamo, non dobbiamo, non vogliamo cedere a coloro che cercano costantemente di annacquare pagine tragiche della storia italiana ed europea in nome di tatticismi di parte. Ciò che conta sono i fatti, di fronte ai quali non valgono puerili giustificazioni in “politichese”, che in queste ore non sono mancate, quando sarebbe stato più dignitoso il silenzio...

Vincenzo Oliveri

Caro direttore, quando ho letto la notizia della scorta alla senatrice a vita Liliana Segre, sono stato preso da un irrefrenabile voglia di piangere accompagnata da sensazioni di rabbia e d’impotenza. Poi ho aperto la finestra. Qui dove vivo era una bellissima giornata di sole, una di quelle giornate autunnali che ti fanno sentire la bellezza del Creato e ti mettono di fronte all’armonia dei colori in natura, mentre le notizie che ti arrivano e quasi ti assalgono sembrano raccontarti di tutt’altro: bruttezza, cattiveria, egoismo. Fermiamoci un attimo a pensare a cosa può migliorare la nostra vita quotidiana, che credo possa essere solo una vera educazione al bene. Quei semi buoni che anche Liliana Segre continua a diffondere tra di noi da una vita.

Enrico Reverberi

Sono grato agli amici lettori che hanno ragionato con dolore, pacatezza e forza sull’incredibile e drammatica vicenda delle minacce scagliate a raffica contro Liliana Segre, senatrice a vita per decisione del presidente Mattarella e testimone della Shoah e delle vie di civiltà e di pace che dobbiamo saper costruire e difendere. Ne ho scelte tre, emblematiche. Trovo molto belli i pensieri e le parole dei signori Oliveri e Reverberi, e bellissimi quelli della professoressa Amormino che dà voce ai suoi studenti. Non c’è solo l’ombra della smemoratezza e della nostalgia criminale. Non ci avvolge soltanto il vapore velenoso delle parole d’odio. C’è anche giusta consapevolezza, in Italia. E c’è ancora e sempre speranza. Teniamocela cara e, secondo la calda esortazione di papa Francesco, non facciamocela rubare.

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