Dalle merendine ai contanti, la spinta deve essere gentile
martedì 1 ottobre 2019

La questione generale del bilanciamento tra tassare scelte e comportamenti dannosi e incentivare comportamenti virtuosi attraversa molte delle controversie dentro il governo e nel Paese, delle scelte della Nota aggiuntiva sul Def e delle prossime decisioni della finanziaria che il governo è chiamato a varare. E si riverbera su tante partite particolari dove il finanziamento all’istruzione si scontra con le merendine, le agevolazioni alla mobilità sostenibile con le accise sul gasolio e l’uso delle carte di credito con l’uso del contante.

Partendo dall’ultima, aggredire l’evasione fiscale per ridurre le tasse di chi le paga è una missione sacrosanta che mette assieme efficienza ed equità dell’azione pubblica. Il vecchio motto 'pagare meno pagare tutti' un tempo slogan di Prodi, rilanciato più volte sulle colonne di questo giornale, è stato fatto proprio dal premier Conte. Il problema delle scelte di politica economica è la loro 'sostenibilità politica': la tenuta del consenso per i governi non è assicurata nemmeno quando scelte e provvedimenti vanno nella direzione del bene comune.

Che la lotta ai più di 100 miliardi di evasione sia tecnicamente realizzabile in diversi modi (limiti all’uso del contante, diffusione della fattura elettronica, contrasto fiscale) è un dato di fatto. E su questo punto il governo intende procedere. Si apre dunque un’importante finestra di opportunità ma resta il problema della sostenibilità politica. Interventi drastici di limitazione all’uso del contante incontrano fortissime resistenze. La via scelta dal governo segue una recente suggestione dell’ufficio studi Confindustria e fa leva su un approccio più soft, diremmo di 'spinta gentile' condito da incentivi fiscali. Chi usa la carta di credito (e dunque realizza una transazione tracciabile) paga meno Iva di chi usa il contante. In parallelo si propone di annullare o limitare significativamente i margini sulle transazioni realizzate con i Pos soprattutto per piccole cifre. Le levate di scudi che contestano le difficoltà per le persone più semplici di usare le carte o il bancomat non hanno senso. È soltanto questione di abitudine perché se ci pensiamo bene l’uso di una carta che in molti casi si sfiora solo sul Pos è molto più semplice che contare banconote e spicci che gonfiano un portafoglio. In Kenya la stragrande maggioranza della popolazione, nei quartieri ricchi come negli slum, non ha conto corrente in banca ma le transazioni si svolgono quasi tutte con carte prepagate grazie al sistema Mpesa. L’importanza della spinta gentile fiscale sta proprio qui. Se incentiviamo l’uso della carta di credito modifichiamo gradualmente le abitudini facendo capire a tutti i cittadini che l’uso delle carte è più semplice oltre che economicamente conveniente. Il problema di fondo che resta e su cui il governo dovrà scegliere è quello di limitarsi al 'bonus' (incentivo fiscale per uso delle carte), limitando così il beneficio delle maggiori entrate fiscali per la riduzione dell’evasione, o di compensarlo con il 'malus' di un aumento dell’Iva (almeno su alcune transazioni) per realizzare la manovra a saldo zero. L’introduzione del 'malus' genererebbe però quei mal di pancia che ridurrebbero la sostenibilità politica dell’operazione.

Cambiare le abitudini, rendere i benefici tangibili, fare attenzione alla progressività degli interventi sono alcuni accorgimenti per rendere l’intervento sostenibile. Se ad esempio la tassa sulle merendine si associasse non ad un generico aumento dei fondi per il finanziamento dell’istruzione ma in una carta a disposizione per ciascun cittadino da usare per ridurre le spese di formazione in qualunque fase della vita (cicli scolastici per i ragazzi, formazione permanente per gli adulti) il beneficio sarebbe tangibile e l’intervento politicamente più sostenibile.

Tassare scelte e comportamenti dannosi per sé e per gli altri e premiare comportamenti virtuosi realizza progresso sociale e civile ma incontra l’ostacolo della sostenibilità politica e sociale. Non sempre esiste una consapevolezza diffusa sulla nocività del comportamento dannoso (come ad esempio nel caso del fumo e dell’azzardo) e dunque bisogna lavorare di fino dal punto di vista culturale e della costruzione dei provvedimenti da adottare per far sì che il progresso sociale e civile si riveli anche socialmente e politicamente sostenibile.

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