martedì 11 settembre 2018
La riforma punta a costringere i giganti dell’online a concordare con editori e produttori di contenuti il pagamento di una piccola royalty, magari forfettaria. Sul testo si è creato un duro scontro
Copyright, diritto di qualità. Ecco cosa cambia
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Raramente una proposta di direttiva suscita tanta emotività come quella che domani il Parlamento Europeo si accinge a votare per la seconda volta: la riforma della tutela del copyright in Internet. La normativa Ue in vigore è del 2001, quando la Rete era agli albori. Oggi si assiste a una sempre maggiore diffusione e condivisione online di articoli, video, immagini, senza che gli autori vedano un centesimo. Secondo la Commissione Europea, il 57% degli europei (dato 2016) accede gratuitamente ad articoli di stampa diffusi attraverso i social network, spesso colossi che fatturano miliardi di dollari. Un colpo durissimo a un settore già in ginocchio. La riforma punta a costringere i giganti dell’online a concordare con editori e produttori di contenuti il pagamento di una piccola royalty, magari forfettaria. Sul testo si è creata una durissima battaglia tra fronti contrapposti. Da un lato soprattutto i big digitali, da Facebook a Youtube, da Google a Microsoft, che mettono in guardia dalla «fine di Internet», ma anche organizzazioni e movimenti (come anche i Cinque Stelle) che fanno uso massiccio della Rete e temono «censure».

Dall'altra editori, giornali, artisti che lamentano l’uso dei loro contenuti senza vedere un soldo. In questi giorni la Fieg (la Federazione italiana editori di giornali), l’Associazione degli editori europei (Enpa), la Siae hanno lanciato un appello a votare sì. Il primo round è andato ai detrattori della normativa, con la bocciatura a sorpresa in aula del testo, il 5 luglio.

Mercoledì 12 settembre ci si riprova, ma non sarà facile, con oltre 270 emendamenti e spaccature all'interno di tutti i gruppi politici. Due gli articoli controversi. L’11, che prevede la «giusta remunerazione» per gli autori, includendo anche citazioni e «link», i rinvii ipertestuali ad articoli o video. I detrattori parlano di «linktax » che renderebbe impossibile per un utente Internet segnalare un articolo. La Commissione nega: l’utente non sarebbe coinvolto, i link sarebbero coperti dagli accordi tra piattaforme ed editori. Oltretutto il popolare tedesco Axel Voss, relatore del testo, ha presentato un emendamento che smussa ulteriormente la norma. Ancor più dure reazioni ha suscitato l’articolo 13, che chiede alle piattaforme online di provvedere a un filtro alla fonte per verificare lo stato del copyright di ogni contenuto caricato. Google, Facebook, Ebay e altri hanno gridato alla «censura online». Voss ha presentato un emendamento che sopprime in sostanza il filtro con qualche eccezione. Vedremo se basterà.

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