mercoledì 15 gennaio 2014
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«L’ultimo a lasciare la nave quando affonda è il comandante. Oggi mio fratello Russel è a pieno titolo il comandante di questa grande nave, l’unico che non è mai sceso». Due anni sono passati dal naufragio della Costa Concordia e Kevin Rebello è ormai solo ad aspettare che la balena bianca spiaggiata sull’isola del Giglio restituisca il corpo di suo fratello, cameriere indiano di 32 anni, imbarcato da cinque, morto per aver ceduto il suo salvagente ed essere rimasto fino all’ultimo al suo posto. I testimoni lo ricordano sul ponte 4 impegnato a far salire i passeggeri sulle scialuppe, poi più nulla: nessuno sa dire quando l’acqua lo ha risucchiato in qualche corridoio, divenuto pozzo verticale nella nave rovesciata. Per molti mesi la figura smilza del giovane Kevin, seduto in chiesa o sugli scogli del Giglio a pregare davanti al relitto, aveva commosso gli abitanti dell’Isola e i soccorritori, mentre una ad una le altre salme venivano portate a terra e restituite ai loro cari giunti da tutto il mondo: «Anche io riporterò mio fratello Russel ai nostri genitori, che ogni giorno in India vanno a messa, come hanno fatto tutta la vita, e chiedono una tomba su cui piangere, il resto lo affidano all’Onnipotente», spiegava. Poi però se n’è dovuto andare anche lui, a mani vuote, per tornare al primo anniversario del naufragio, e poi di nuovo lo scorso settembre, quando la nave è stata raddrizzata.Allora mancavano all’appello solo Russel e Maria Grazia, il cameriere indiano e la turista siciliana uniti da un destino inverosimile. Intanto sulla riva anche le attese si intrecciavano in un nodo irreversibile di affetto e umanità: «Elio, marito di Maria Grazia, mi augurava che trovassero mio fratello, io pregavo per il ritorno di sua moglie». Lo scorso ottobre riemersero pochi resti umani e due scarpe da ginnastica apparentemente maschili, che fecero pensare a Russel: «Toccò a me, dopo l’esame del Dna, chiamare Elio e dargli la bella notizia che invece si trattava di sua moglie». Una notizia che purtroppo ci mise minuti a varcare l’oceano ed entrare nella casa di Mumbay dove papà Frank, 72 anni, e mamma Gladis, 66, hanno saputo dalla tivù. Anche il piccolo Rhys, 5 anni, aspetta ancora qualcosa di quel padre il cui volto ormai svanisce dai ricordi, ma il tempo consuma le speranze. In questo secondo e triste anniversario ci stringiamo a Kevin e ai suoi cari in un abbraccio simbolico», ha detto l’altro giorno il sindaco del Giglio, Sergio Ortelli. Senza dimenticare un passato che resterà indelebile, «ora è iniziato il conto alla rovescia per vedere finalmente la nave allontanarsi dalle acque dell’Isola ed essere traghettata al porto nel quale sarà smantellata», forse in Toscana o forse in Turchia, in Norvegia, persino in Cina. Andrà a morire lontano la Concordia, in qualche angolo di quel mondo che nel naufragio – della nave e dell’onore di Schettino – ha visto per mesi il naufragio dell’Italia intera. Ma c’è un volto migliore – ha ricordato Ortelli – ed è quello dei tecnici che hanno raddrizzato la nave, «un’operazione mai scritta nella storia della marineria, necessaria a riscattare l’Italia agli occhi del mondo». Mentre Schettino, il comandante in fuga, sostiene ancora di aver salvato quattromila naufraghi, Russel, il cameriere rimasto a bordo, è l’altro volto nobile di questa vicenda.«Lo scoglio divelto dalla nave oggi è tornato come lapide sul fondo del mare, ma un pezzetto mi è stato donato, insieme alla cima con cui mio fratello ha salvato molte vite», racconta Kevin, che ha consegnato entrambi al "Museo dei Sogni, della Memoria e della Coscienza" di Feltre (Belluno): pietra e corda oggi sono accanto agli oggetti di Gandhi e Mandela, di Schweitzer e Kennedy, dei grandi della Terra, tra i quali ha il suo posto Russel Rebello, uomo senza tomba, vero Comandante di una nave chiamata Concordia.
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