mercoledì 7 novembre 2012
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​Gentile direttore,
è stato detto che chi controlla il passato controlla il futuro. Ogni tanto qualche voce, prevalentemente da sinistra, invita a «non fare di ogni erba un fascio». Sempre da quella parte si chiede il rispetto per una tradizione, per una storia. Si tratta di chi rivendica da tempo, con più o meno forza, una presunta diversità anche morale rispetto alle altre forze politiche. Gli stessi pongono a fondamento della nostra democrazia la Resistenza, anche quella parte che si è eroicamente battuta per portare l’Italia nel Patto di Varsavia; fanno finta di ignorare di essere stati per decenni alleati, con parziali e tardivi ripensamenti, di un blocco politico-militare nemico (piani di invasione della pianura padana), di essere stati finanziati per decenni da un Paese nemico (ché tale era l’Urss), e accusando gli avversari politici per gli aiuti ottenuti da un Paese amico (perché tale erano e sono gli Usa). L’elenco dei comportamenti poco rispettabili è molto lungo. Ne ricordo solo un altro da un raro documento su Alcide De Gasperi (gli interventi culturali riguardano prevalentemente il fascismo, il nazismo e le malefatte degli altri). Le maggiori e necessarie riforme dei governi De Gasperi furono aspramente avversate (in Parlamento e fuori). In compenso, i partiti protagonisti di quel miracolo democratico ed economico sono stati eliminati da una alleanza mediatico-giudiziaria in pochi anni, meglio, mesi. Solo sfiorati i "migliori". Occorre approfondire anche Tangentopoli... Anni fa, quando la destra è stata sdoganata, la sinistra subì malvolentieri, precisando però che quelli erano stati dalla parte sbagliata. Anche la sinistra è stata dalla parte sbagliata, più a lungo e con maggiore forza distruttiva. Ma non viene adeguatamente ricordato. Concordo direttore: la storia non si fa così ma questo è lo spazio concesso. Concordo anche che non è proprio il momento per rivangare il passato perché è necessario essere sereni e costruttivi e, per chiedere sacrifici, non si può prescindere dai post-comunisti anzi, sono loro a chiederli e ancor più li chiederanno quando, un po’ ammaccati e cambiati, avranno forse definitivamente coronato la lunga marcia verso il governo del Paese. Alcune settimane fa Galli della Loggia rimproverava ai cattolici di limitare la propria presenza ai "valori non negoziabili". Non è poco, è un’antropologia però... io ci metterei anche il rispetto, questo sì, per la storia e per la verità quando emergono dalla complessità. Drammatico doverle amputare per sperare nella governabilità. Do atto che Avvenire è diverso e si impegna. Grazie e auguri di buon lavoro,
Giuseppe Pachera, Verona
Tante idee e tanti concetti importanti nella sua lettera, caro signor Pachera. In buona parte condivisibili, gli altri comunque stimolanti. Mi limito a tre annotazioni, che – ne sono convinto – non la sorprenderanno e forse troverà complementari al suo ragionamento. La prima: sono d’accordo anch’io sulla opportunità di una rilettura critica degli anni (e dei metodi) della "scoperta" di Tangentopoli, purché sia chiaro che le molte buone (e anche ottime) cose fatte dalla Dc assieme ai partiti (come si diceva una volta) di democrazia laica e socialista non assolvono dagli errori commessi, dalle storture e – chiamiamo le cose con il loro nome – dai veri e propri ladrocini che portarono alla crisi della Prima Repubblica. La seconda: continuo a pensare che i più bravi e capaci nel cavalcare le onde di un certo qual dilagante risentimento populista non saranno neanche stavolta coloro che si ritengono (e che lei definisce ironicamente) i "migliori". La storia (anche recente) insegna, proprio come la saggezza popolare, che chi scuote l’albero non sempre raccoglie i frutti. Temo per di più che sia ormai seriamente in questione la stessa stabilità dell’albero. Che è quello preziosissimo della nostra democrazia e che va assolutamente preservato e rinvigorito: con vigorose potature dei rami morti, con la rimozione di escrescenze e orpelli che l’hanno piegato in modo persino insopportabile, con innesti sensati e con buon humus e acqua pulita. Niente follie di laboratorio e modifiche genetiche, per favore. Ed eccomi alla terza e ultima annotazione: considerare, anche con le migliori intenzioni, "limitativi" i cosiddetti "valori non negoziabili" (vita, famiglia, libertà di educare, di pensare, di credere) significa aver smarrito il senso della fondante e naturale universalità dei princìpi primari. E questo è il grande problema di questo tempo globalizzato e apparentemente super-informato e iper-consapevole. Se la vita dell’uomo e della donna in ogni fase e condizione dell’esistenza e se la loro relazione fondamentale e, appunto, naturalmente aperta alla vita non hanno concretamente il primo posto, maturano le condizioni di un "default" di civiltà. Come si fa a tacere e a non impegnarsi per cambiare le cose? Bisogna far tesoro del passato e partecipare al presente per governare il futuro. Grazie di cuore per l’alto concetto che ha del nostro lavoro.
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