Auguri al nostro Presidente e al popolo che sa interpretare
giovedì 23 luglio 2020

Caro direttore,

scrive Gustave Le Bon nella sua 'Psicologia della Folle' (1895): «Al momento attuale non è facile dire cosa potrà nascere un giorno da quest’epoca piuttosto caotica. Su quali idee saranno fondate le società che succederanno alla nostra? Ancora lo ignoriamo, e tuttavia possiamo prevedere che queste società dovranno fare i conti con una potenza nuova, la più recente sovrana dell’età moderna: la potenza delle folle...». E più avanti: «Se la folla è capace di commettere ogni sorta di crimini... è pure capace di atti di sacrificio e di disinteresse molto più elevati di quelli che son di solito compiuti dall’individuo isolato». Le Bon, come ben comprese Schumpeter, ha «il merito di aver aperto i nostri occhi su una realtà che tutti conoscevamo e che nessuno desiderava ammettere». Citare questo testo per riflettere sul ruolo del nostro Presidente della Repubblica, prima durante e dopo il Covid, potrebbe apparire una bizzarria. Invece ci permette di capire meglio come Sergio Mattarella sia riuscito a rivolgersi a tutta la Nazione stabilendo con essa un rapporto di fiducia e riuscendo, al tempo stesso, ad avere, lui per primo, fede nelle capacità di resilienza e di pazienza degli italiani, quindi entrare in sintonia con una «folla» capace di «atti di sacrificio e di disinteresse», termini che potremmo oggi tradurre con impegno, abnegazione, rispetto delle regole.

Anche quest’anno vorrei fare gli auguri per il suo compleanno al nostro Capo dello Stato. Nessuno degli undici presidenti che lo hanno preceduto, si era mai trovato di fronte a una prova così terribile: una nazione intera travolta da un’emergenza inedita e spaventosa, con rischi giganteschi di reazioni (alla Le Bon) di una popolazione confusa, spaventata, a volte disperata.

Questa tragedia si è innescata in un processo di disintermediazione politica già avanzato, a causa del progressivo scomparire del ruolo dei corpi intermedi e della crisi dei partiti tradizionali. Già prima del Covid questo stato di cose e soprattutto queste 'mancanze' avevano fatto sì che la figura del Capo dello Stato divenisse sempre di più essenziale punto di riferimento. Il più amato dagli italiani! Egli, dopo la spallata del Covid-19, è più che popolare. Ed è pienamente credibile: perché è riconosciuto come competente e ben calato nel suo ruolo, perché incarna un ideale di rappresentanza e perché, in qualche modo – curiosamente, visto lo stile e la sobrietà e riservatezza del personaggio – è riuscito a stabilire una corrente di credibilità affettiva con la gente. E qui ci aiuta san Tommaso d’Aquino, perché esiste una cosa che accade nella vita degli uomini chiamati ad alti incarichi che si chiama 'grazia di stato'. Ovvero, come recita il Catechismo, «uno speciale dono divino, un aiuto dall’alto, che accompagna l’esercizio delle responsabilità della vita pubblica, che lo Spirito concede per renderci capaci di cooperare alla salvezza degli altri». Un evento che è plasticamente e solennemente avvenuto il 25 apile quando il Presidente ha salito da solo i gradini dell’Altare della Patria. Ma che è accaduto anche, su un piano diverso, con la sua trasformazione in un’icona pop: prima con la storia del barbiere, che lo ha reso non solo 'uno noi', ma divertente e protagonista di innumerevoli 'meme', poi proprio il 25 aprile, quando è stato raffigurato come un supereroe delle fanzine, come un protagonista di romanzi di fantascienza: in alcune immagini con un mantello alla Superman, in altre con una scia di fiamme dalle quali usciva vittorioso e indenne. Vittorioso, perché ha vinto: paura, sconforto, dolore delle morti, mancanza di libertà e debito di speranza. E indenne, perché ha rappresentato un Paese responsabile e proiettato verso la vittoria contro le avversità e verso la ripartenza.

Già, a Sergio Mattarella tocca il compito più importante: interpretare, anche fisicamente, la nostra rinascita. La rinascita di un popolo che il premier Conte, a Bruxelles, ha chiamato a sano «orgoglio di Nazione» e che non potrà mai più essere tacciato in massa, come «folla», di pavidità, di mancanza di rispetto delle regole, di sciatteria, di scarso impegno e poca serietà.

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