sabato 22 agosto 2020
«A 17 anni la morte di un mio compagno di classe in un incidente mi ha spinto a chiedermi se c’era un senso nella vita per come l’avevo vissuta». Cominciò un percorso con più di un colpo di scena
Francesca Bellucci (al centro) con la comunità delle Suore Apostoline

Francesca Bellucci (al centro) con la comunità delle Suore Apostoline

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Una cosa è certa: per trovare la nostra vocazione, qualunque essa sia, abbiamo bisogno di chi ci aiuta nell’impresa. Necessitiamo di figure che in campo economico e finanziario si chiamerebbero consulenti e che, come avviene nella gestione del proprio patrimonio, ci sappiano ascoltare dando le giuste indicazioni in base al nostro vissuto e alle nostre prospettive. Come Francesca Bellucci, che si era immaginata a lavorare in banca per aiutare le persone a usare bene i propri soldi, ma si ritrova ora novizia in una congregazione religiosa, le Suore Apostoline, che al centro della propria attività ha l’orientamento vocazionale: ovvero, usando un’immagine evangelica, l’accompagnamento delle persone nella “gestione” dei propri talenti.

Francesca ha 31 anni ed è originaria della provincia di Pisa: da Castel Gandolfo, dove si trova la comunità delle Apostoline in cui vive, racconta la sua storia, che inizia in una famiglia “semplice” con il papà impiegato di banca, la mamma casalinga, una sorella più piccola che vive a Londra da sette anni e un fratello più grande con figli. Dopo le scuole medie Francesca decide di iscriversi al liceo classico, con l’idea in seguito di fare Lettere e lavorare come bibliotecaria, ma capisce poi che quello che vuole fare veramente è aiutare le persone a fare scelte giuste per sé. Per cui dopo le superiori si iscrive a Economia: immagina di poter fare qualcosa di buono per gli altri lavorando in banca. Intanto ci sono anche le attività in parrocchia, la Messa la domenica, anche se dopo la Cresima la partecipazione si fa più saltuaria.

In fondo tutto sembrerebbe “normale” a prima vista, ma in realtà per la giovane pisana si stava preparando qualcosa di diverso: «A 17 anni – racconta – la morte di un mio compagno di classe in un incidente stradale mi ha spinto a pensare al senso della vita. Pensavo che su quella macchina avrei potuto esserci io e così ho cominciato a chiedermi: “Questa vita ha avuto senso per come l’ho vissuta finora?”. Una domanda che ha lavorato molto dentro di me». Intanto, su insistenza del parroco, comincia a tenere il catechismo ai ragazzi, anche se in realtà – rivela – la cosa la metteva un po’ a disagio: «Preparandomi bene riuscivo a parlare agli altri di Gesù, però sentivo di parlare di qualcuno che non faceva parte della mia vita. Mi sentivo incoerente e temevo che i ragazzi mi chiedessero chi era Gesù per me, perché non avrei saputo cosa rispondere». Il disagio interiore porta Francesca a evitare l’Eucaristia domenicale: «Ricordo che c’è stato un periodo in cui la domenica mattina facevo finta di dormire per non andare a Messa». Nel 2011, in ricerca di risposte a tutti i suoi dubbi interiori, Francesca decide di partecipare alla Gmg di Madrid: «In realtà – confessa – quell’esperienza mi ha lasciato più domande che risposte. Ricordo che con il mio gruppo ero a Valencia per i giorni nelle diocesi precedenti alla Gmg e ci proposero il Magnificat, con il canto di esaltazione di Maria in Dio. Mi ritrovai a pensare: “Io questa esultanza proprio non la sento”».

Eppure Francesca si era messa di buona lena per vivere “seriamente” la propria vita, dopo la tragica scomparsa del compagno di classe. Per alcuni anni durante le scuole superiori, ad esempio, aveva deciso di lavorare in un ristorante. Prima della Gmg, inoltre, aveva fatto il Servizio civile in ambulanza: «È stato un anno “forte” – ricorda Francesca –: ero presa tra università e soccorso, le mie giornate erano piene, fatte di incontri con persone dalle storie diverse: alcune non ce la facevano, altre le ho viste letteralmente tornare alla vita. Eppure molte volte la sera mi ritrovavo ugualmente a chiedermi: “Se mi togliessero l’ambulanza e l’università la mia vita avrebbe comunque senso?”. Una domanda che mi lasciava un’impressione di vuoto, pur avendo in realtà una vita piena e bella in quel periodo. Mi mancava qualcosa».

Dopo la Gmg, durante l’inverno, per caso un giorno Francesca trova in una chiesa di Pisa la rivista Se vuoi, curata dalle Suore Apostoline: «L’ho presa, l’ho portata a casa. L’ho letta e l’ho messa tra le mie cose in camera». Poi, poco dopo, avviene una cosa che segna profondamente il suo cammino: «Ho partecipato a un incontro per giovani in una chiesa di Firenze, invitata da un seminarista assieme a un gruppo di amici. La chiesa era strapiena e l’unico posto libero era in prima fila. Il sacerdote che teneva l’incontro ci offrì una riflessione sul rapporto tra l’uomo e Dio, paragonandolo al rapporto tra due innamorati. A Dio che ti dice “ti amo”, spiegò quel prete, puoi solo rispondere sì o no, non puoi dire “ok no, però rimaniamo amici”, perché poi le cose si complicano e uno dei due, quello innamorato veramente, soffre». Francesca si era portata il registratore, e nei mesi successivi ascolta quelle parole più e più volte, ripensando a ciò che ha provato dopo la catechesi nella chiesa di Firenze, quando hanno esposto il Santissimo: «Avevo già partecipato a diverse adorazioni eucaristiche ma solo imitando quello che facevano gli altri. Quella sera, invece, mi sono sentita guardata e amata. In quel momento il vuoto che avevo provato fin lì non c’era più». La sensazione di aver trovato il senso della vita cambia le cose, anche se Francesca continua a fare quello che faceva prima. Ma c’è ancora un “però”: «Sentivo di dover dare una risposta al Dio che mi aveva detto di amarmi – racconta –, dovevo dirgli sì o no. Come sapevo di dover rispondere a un ragazzo che in quel momento diceva di amarmi, ma al quale sapevo già di non poter dire di sì. Non capivo allora, però, in che modo potevo dare la mia risposta al Signore».

Arriva la primavera 2012, quando, facendo le pulizie, salta fuori la rivista delle Apostoline trovata tempo prima in chiesa. In quelle pagine Francesca trova la proposta di un campo vocazionale a Castel Gandolfo: «Decisi di partecipare perché avevo capito che era un’occasione per fermarmi e fare il punto sulla mia vita. C’erano tante domande che non avevo condiviso con nessuno, e avevo bisogno di qualcuno con cui confrontarmi». Quando arriva, Francesca viene accolta da una suora che le chiede se ha domande. «Dove sono le chiavi del cancello per uscire?» è la risposta della giovane, che sente la necessità di avere una via di fuga. In realtà delle chiavi poi non ha mai avuto bisogno: «Mi sono sentita a casa – dice –, tant’è che in seguito ci sono tornata più volte. Nel frattempo ho cercato una guida e l’ho trovata in un sacerdote». Francesca ha aggiunto un nuovo tassello alla sua ricerca, perché ha una chiara sensazione: quella di essere arrivata in un posto in cui fermarsi e di aver trovato quello che le mancava.

A quello di Castel Gandolfo seguono altri incontri vocazionali, e in un’occasione Francesca si trova sola perché l’evento è saltato: «Quella volta una suora mi disse se volevo fare una passeggiata al lago o preferivo vedere la casa – racconta – e io le dissi: “Fatemi vedere cosa fate qui”». Così dall’estate 2014 il rapporto si fa più intenso, Francesca conosce sempre di più la missione delle Apostoline, ovvero l’Istituto Regina degli Apostoli per le vocazioni, fondato nel 1959 da don Giacomo Alberione, padre della grande famiglia Paolina. Quel lavoro intenso a favore delle vocazioni, in aiuto anche di chi ha perso la strada o deve capire quale direzione prendere, affascina Francesca, che dopo la laurea in Economia, conseguita nel dicembre 2014, decide di iniziare i “tempi di esperienza”, fino ad arrivare al postulato nel 2016 e, il 26 gennaio 2019, inizia il noviziato. «Mi sono ritrovata in tutto nella missione delle Apostoline – riflette Francesca –, anche perché avevo iniziato a capire che la mia vita non poteva essere per una sola persona ma che dev’essere per tutte le persone che incontro. Mi sentivo chiamata a dare il mio tempo per loro, soprattutto ai giovani: mi trovavo spesso ad ascoltare ragazzi che non sapevano che fare della loro vita e capivo di dover loro prima di tutto il mio ascolto». Questa affinità vocazionale con il carisma della Apostoline ha permesso a Francesca di “sentirsi a casa”. Una scelta nella quale è stata accompagnata dalla famiglia, anche se per mamma e papà non è stato facile il distacco: «I miei genitori mi hanno vista cambiare nel tempo, e forse la mamma aveva intuito prima di me quello a cui ero chiamata», ricorda Francesca, che ora guarda all’ormai vicina professione semplice tra le Apostoline. È proprio vero: per trovare la nostra vocazione abbiamo sempre bisogno di qualcuno che si faccia nostro compagno di strada.

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