Ricominciare da hablamos
venerdì 20 ottobre 2017

Non sembri irriverente ma la crisi Madrid-Barcellona somiglia ogni giorno di più a un teatrino dei pupi, con Agramante-Puigdemont che agita lo spadone contro Rolando-Rajoy mentre i due si lanciano le più terribili e minacciose fanfaronate. Tutt’intorno, il resto del pianeta prosegue a farsi gli affari suoi, indifferente alle dispute spagnole. L’Europa latita dopo aver mandato a dire che di «questioni interne» si tratta. La Cina celebra i propri dirigenti e, soprattutto, festeggia una crescita che sfiora il 7%. Gli Usa si occupano, sconsigliandola, di una pretesa indipendentista, ma è quella del Kurdistan. Il petrolio resta sopra quota 52 dollari a barile, complice la ridotta estrazione dai pozzi contesi dell’Iraq del Nord, facendo tirare sospiri di sollievo a Russia e Arabia Saudita. La Catalogna, chi era costei?

La vera questione che angoscia i leader catalani come i ministri del Governo centrale spagnolo oggi si riassume in una domanda: come usciamo da questo pasticcio? Dopo aver convocato un referendum finto, averlo stroncato con manganelli veri, aver dichiarato una indipendenza “ma però vediamo”, aver contro dichiarato “non abbiamo capito bene, ma ve la facciamo pagare” , insomma dopo essere scesi un passetto alla volta sempre più in basso portando la tensione sempre più in alto, Puigdemont e Rajoy sono riusciti a superarsi. Il primo dicendo che proclamerà l’indipendenza se l’altro sospenderà lo statuto di autonomia della Catalogna, l’altro dicendo che sospenderà lo statuto di autonomia della Catalogna poiché Puigdemont vuole proclamare l’indipendenza. Indifferenti alle constatazioni che la realtà impone. Nessuno correrà al soccorso della Catalogna, nessuno (e meno di tutti l’Unione Europea) la vedrà come un nuovo Kosovo e metterà in moto le procedure internazionali per aiutarla. Allo stesso modo, nessuno capirà un eventuale ricorso alla forza da parte di Rajoy o sarà disposto a perdonare a Madrid un ulteriore graffio alla credibilità della giovane democrazia spagnola o anche solo a quella del buon senso.

Così, cercando un trucco per salvare la faccia, Agramante e Rolando procedono al rallentatore. Puigdemont ha inventato l’indipendenza a scoppio ritardato. Rajoy ha minacciato di revocare l’autonomia catalana in base all’ormai famoso articolo 155 della Costituzione, ma prima aveva altri impegni, il Governo si riunirà solo domani, la procedura richiederà almeno un paio di settimane e nel frattempo, chissà, qualcosa potrebbe pure succedere.

Per esempio qualcuno potrebbe accorgersi del fatto che le grandi aziende, volano della fortuna economica della Catalogna, non si fidano dei capi autonomisti che hanno disastrato il bilancio della Regione e si stanno organizzando per cambiare aria. Hanno trasferito la sede legale altrove, tra gli altri, colossi bancari come Caixabank (terzo istituto di Spagna) e Banco Sabadell, multinazionali dei servizi come Gas Natural Fenosa e Sociedad General de Aguas de Barcelona, una compagnia di telecomunicazioni come Eurona Wireless Telecom, persino gli spumanti Cavas Freixenet. Un salasso per la Catalogna e pure per il resto di Spagna, visto che il Governo di Madrid, per incentivare l’esodo, si appresta a varare leggi convenienti a chi si vuole spostare, con un chiaro danno per l’erario pubblico.

Tatticismi e trucchetti che, in ogni caso, esasperano gli animi. Gli indipendentisti domani riportano in piazza la gente, la loro unica vera risorsa. Ma ognuna di queste manifestazioni, come quelle analoghe dei cosiddetti “unionisti”, approfondisce i dissidi e allarga la distanza tra cittadini di uno stesso Paese.

È forte il rischio che un fanatico o un provocatore possano rovinare il carattere fin qui pacifico delle proteste, facendo deragliare in modo definitivo la crisi. Per non parlare di speculazioni di altra origine, in un Paese che, come i recenti attentati di Barcellona dimostrano, non è certo impermeabile agli atti violenti e che in queste settimane è indebolito dalla rivalità tra la Guardia Civil comandata da Madrid e i Mossos de Esquadra che simpatizzano per l’indipendenza della Catalogna.

Non si doveva arrivare a questo punto, lo si è detto mille volte. Ma qui siamo. E la speranza che resta è tutta nella compostezza degli spagnoli su entrambi i lati della barricata, finora esemplare. Hablamos, parliamoci, è stato lo slogan di un giorno. Peccato, perché lì si dovrà comunque andare.

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