In cerca d'un altro sguardo
sabato 6 agosto 2022

Ricordo come se fosse ora quei giorni dell’infanzia in paese, quando arrivava un cieco errante. Quel cieco errante mi rimane in fantasia come la sorpresa più singolare, l’apparizione più impremeditata, l’interprete più felice della quotidiana fanciullezza, delle ore più inutili e occulte, dei luoghi più vuoti e soli. Lui poteva lasciare il paese quando voleva: rimaneva sempre con me, tutto per me, nel mio intimo.
Giuseppe de Luca, Ricordi e testimonianze

Non è mai stato facile invecchiare. Non è facile guardare bene gli altri e il mondo quando passano veloci gli anni, la morte si avvicina e si affievolisce la capacità di «non sentire mai dolcezza alcuna che non sia di tutti» (David Maria Turoldo). Si finisce spesso per guardare male la bellezza giovane illudendosi che quella vita splendente fuori di noi possa sostituire la vita che si sta spegnendo dentro. Si desidera male perché si ha paura di morire, si guardano male i corpi vivi perché non si riesce a guardare negli occhi l’angelo della morte. La nostra civiltà ha moltiplicato gli sguardi cattivi dei vecchi sui giovani perché non sa più dire "sorella morte".
«Abitava a Babilonia un uomo chiamato Ioakìm, il quale aveva sposato una donna chiamata Susanna, figlia di Chelkia, di rara bellezza e timorata di Dio... Ioakìm era molto ricco e possedeva un giardino vicino a casa» (Daniele 13,1-4). La chiesa latina e ortodossa hanno inserito nella loro Bibbia anche il capitolo 13 di Daniele, scritto in greco, che contiene la bellissima storia di Susanna. Forse (lo pensava già Origene) la sua origine la possiamo rintracciare in un commento sapienziale (haggadah) del brano di Geremia (29,20-23) dove si parla di due ebrei che in Babilonia abusavano di donne.

Seguiamo nei suoi tratti essenziali la bellissima storia di Susanna, che ha accresciuto la bellezza della terra anche per le innumerevoli opere d’arte che ha ispirato: «In quell’anno erano stati eletti giudici del popolo due anziani… Questi frequentavano la casa di Ioakìm. Susanna era solita recarsi a passeggiare nel giardino. I due anziani furono presi da un’ardente passione per lei: persero il lume della ragione, distrassero i loro occhi così da non vedere più il Cielo e non ricordare i giusti giudizi» (13,5-9). I primi dettagli della storia sono, come in tutte le belle storie, essenziali: Susanna è sposata, madre (ha quattro bambini: v. 30), è timorata di Dio, è molto bella. I due giudici sono anziani. La prima svolta narrativa è generata da un uso sbagliato degli occhi, da una distrazione dello sguardo: non guardarono più verso il Cielo, abbassarono lo sguardo, guardarono male Susanna. Molti peccati sono legati allo sguardo. La loro radice biblica la troviamo nel primo sguardo sbagliato di Adamo ed Eva all’albero della conoscenza del bene e del male, poi in quello invidioso di Caino o in quello di Gezabele sul campo di Nabot, sguardi cattivi confluiti tutti negli ultimi due comandamenti del Decalogo sulla "roba" e sulla "donna" degli altri, che non vanno guardati e desiderati male (gli occhi sono la madre del desiderio). Ci sono anche desideri buoni sui beni degli altri e sulle persone, che si chiamano stima, emulazione, benevolenza - "e guardatolo, lo amò".

Mentre seguiamo gli sguardi malevoli su Susanna non dobbiamo dimenticare che i maschi giovani e vecchi sanno anche usare bene gli occhi. Lo facciamo da millenni tutti i giorni, quando guardiamo una persona bella e teniamo alti gli occhi, non li torciamo narcisisticamente verso di noi e ci nasce dentro un casto e gratuito "che bello!". Se non fossimo capaci anche di questi sguardi, le donne e le ragazze sarebbero circondate solo dagli occhi cattivi di Caino – in realtà lo sono spesso, ma non lo sono sempre –, e mancherebbero loro quegli occhi essenziali che sanno vedere la loro bellezza senza volerla divorare, che sono capaci di guardare un fiore nella sua bellezza libera senza coglierlo per farlo morire nel loro vaso di casa, sempre troppo piccolo. Susanna significa "giglio".

«Mentre aspettavano l’occasione favorevole, Susanna entrò, come al solito, con due sole ancelle, nel giardino per fare il bagno, poiché faceva molto caldo. Non c’era nessun altro al di fuori dei due anziani, nascosti a spiarla» (15-16). Il lettore biblico qui corre subito al II libro di Samuele (cap. 11), e incrocia lo sguardo sbagliato di Davide per Betsabea, forse lo sguardo maligno più famoso della Bibbia, un potente che prima usò male gli occhi e poi fu catturato dal proprio sguardo. E poi arriviamo nel letto del principe Amnom, rivediamo i suoi occhi perversi e lo stupro di sua sorella Tamar (2 Samuele, 13). Ma rivive, a parte invertite, anche la lealtà di Giuseppe con la moglie di Potifar (Gen 39) - la Bibbia, diversamente da noi, non ama le ideologie, e quindi ci sorprende mostrandoci, tra tanti occhi sbagliati di maschi, anche gli occhi cattivi di una donna. «Appena partite le ancelle, i due anziani uscirono dal nascondiglio, corsero da lei e le dissero: "Ecco, le porte del giardino sono chiuse, nessuno ci vede e noi bruciamo di passione per te; acconsenti e concediti a noi. In caso contrario ti accuseremo; diremo che un giovane era con te e perciò hai fatto uscire le ancelle"» (19-21). Eccoci alla seconda svolta narrativa. Il testo ci rivela la natura perversa dei due uomini. Ricattano Susanna, cercano di incastrarla usando la loro reputazione di maschi, di anziani e soprattutto di giudici. La logica perversa non sa gestire il rifiuto e trae un piacere vicario nell’eliminazione dell’oggetto del desiderio: sfumata la possibilità del piacere fisico, godono nel distruggere la vittima.

Molte persone, molte donne, si trovano ogni giorno dentro queste tenaglie ricattatrici. «Susanna, piangendo, esclamò: "Sono in difficoltà da ogni parte. Se cedo, è la morte per me; se rifiuto, non potrò scampare dalle vostre mani"» (22). Molte Susanne non vedono più via d’uscita, si disperano fino a desiderare di uscire dalla vita non potendo uscire dal giardino. Qui il libro di Daniele ci dice quale è l’unica azione saggia in tali situazioni: uscire dal ricatto, far esplodere la bolla creata dai ricattatori, gridare ad alta voce. E così fece Susanna: «"Meglio però per me cadere innocente nelle vostre mani che peccare davanti al Signore!". Susanna gridò a gran voce. Anche i due anziani gridarono contro di lei e uno di loro corse alle porte del giardino e le aprì" (23-25). La crisi diventa pubblica. Ci troviamo dentro un processo per adulterio. Davanti all’assemblea i due anziani raccontano la loro versione bugiarda, e Susanna risponde: «"Dio eterno, che conosci i segreti, tu lo sai che hanno deposto il falso contro di me! Io muoio innocente"» (42-43). Un altro giuramento di innocenza, un’altra Giobbe. E, ancora una volta, un’altra giustizia più alta che fa irruzione: «E il Signore ascoltò la sua voce» (44). Da quel cielo, dal quale i due uomini avevano distolto lo sguardo, arriva un aiuto di ultima istanza. Il cielo della Bibbia non è vuoto perché ogni tanto si apre per stendere una mano alle vittime - le preghiere sono vere perché Dio è vero, e Dio è vero perché le preghiere delle vittime sono, qualche volta, ascoltate.

Ed eccoci alla terza svolta: «Mentre Susanna era condotta a morte, il Signore suscitò il santo spirito di un giovanetto, chiamato Daniele, il quale si mise a gridare: "Io sono innocente del sangue di lei!"» (45-46). Torna Daniele, ed è un giovanetto. Questi interviene lungo la strada che dal tribunale porta al luogo dell’esecuzione, e chiede di riaprire il processo: «Il popolo tornò subito indietro e… Daniele esclamò: "Separateli bene l’uno dall’altro e io li giudicherò"» (50-51). Daniele interroga separatamente i due testimoni, e disse al primo: «"O uomo invecchiato nel male!… se tu hai visto costei, di’: sotto quale albero tu li hai visti stare insieme?". Rispose: "Sotto un lentisco"» (52-54). Uomo invecchiato nel male… Quindi Daniele fece la stessa domanda al secondo uomo: «La bellezza ti ha sedotto, la passione ti ha pervertito il cuore!… Dimmi dunque, sotto quale albero li hai sorpresi insieme?». Rispose: «Sotto un leccio» (56-58). La bugia è scoperta: «Allora tutta l’assemblea proruppe in grida di gioia e benedisse Dio, che salva coloro che sperano in lui» (62).
Così si conclude la storia di Susanna, la moglie di Joakìm. Ma così non si concludono le storie di molte Susanne che non trovano un Daniele lungo la strada tra il tribunale e il patibolo. Troppe Susanne non arrivano neanche nelle aule, perché vengono uccise prima, perché cedono ai ricatti, perché non possono gridare per il troppo dolore. Ma finché l’ultima Bibbia non sarà cancellata dalla faccia della terra queste donne-vittime potranno usare le parole di Susanna per alzare il loro grido. Anche se non lo sanno, la Bibbia grida ogni giorno per loro e con loro. Insieme alle molte donne-vittime della Bibbia che non hanno avuto il lieto fine di Susanna: Agar, Dina, le due Tamar, la moglie di Ezechiele, la moglie di Geroboamo, le dieci concubine recluse di Assalonne, tutte sorelle di Nabot e di Osea.

La versione della storia di Susanna della traduzione greca dei LXX, che non è quella seguita dalle bibbie cattoliche canoniche che si basano su quella più recente di Teodozione (I-II sec. d.c.), ha un finale diverso, ed è davvero un peccato che non lo si trovi nelle nostre Bibbie: «Per questo i giovani sono i diletti di Giacobbe per la loro semplicità. Noi dobbiamo custodirci i giovani perché sono figli capaci: i giovani saranno religiosi e in loro ci sarà per sempre uno spirito di scienza e di intelligenza» (63). Con queste parole si concludeva, in alcuni antichi codici (Vaticano), l’Antico Testamento: si attendeva il Messia con questa benedizione sui giovani: «Ci è stato dato un figlio» (Is 9,5). La Bibbia ha una grande stima per gli anziani, perché sa che alcune dimensioni della sapienza si apprendono con gli anni, con l’amore e con il dolore. Ma, anche qui, la stessa Bibbia si auto-sovverte e dona una critica a due anziani e parole meravigliose sui giovani. Sono lodati per la loro "semplicità", haplotes nel greco antico, e nella Bibbia, è una parola molto bella, rimanda al non avere secondi fini, alla sincerità del cuore. È quindi un sinonimo di gratuità.

I ragazzi, le giovani e i giovani sono bellissimi per molte cose, soprattutto per questa gratuità, che non nasce dalla virtù ma dalla loro grazia naturale. Sono semplici e sinceri senza volerlo - quando iniziamo a volerlo, la giovinezza è terminata. La Bibbia non ci dice che i giovani sono soltanto sinceri: hanno capacità, sono portatori di uno spirito di scienza e di intelligenza. Senza le capacità e intelligenza diverse dei giovani restiamo intrappolati dentro le nostri crisi. A noi custodirli. E custodendoli, custodiranno noi e il pianeta.

l.bruni@lumsa.it

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