Dal Corno d'Africa alt alla rassegnazione
venerdì 8 giugno 2018

Caro direttore,

forse siamo davvero, come ha titolato Avvenire, alla vigilia di una svolta nel Corno d’Africa: il Fronte democratico al potere in Etiopia apre alla totale applicazione dell’accordo di pace con l’Eritrea, firmato nel lontano 2000 e mai totalmente attuato. Torna la pace tra le due importanti nazioni dell’Africa orientale? C’è da sperarlo perché la regione è funestata da troppe crisi e da troppo tempo.

Se Addis Abeba e Asmara giungono a una nuova fase di mutua comprensione, molte conseguenze positive ne possono discendere. Innanzi tutto per la Somalia: una frammentazione vecchia di oltre 25 anni, incistata tra poteri clanici e locali, sempre a rischio violenza ma contemporaneamente connessa a traffici internazionali di ogni tipo. Quella zona, incluso il tratto di mare, è divenuto una delle più pericolose del pianeta. D’altronde anche la stessa Etiopia ha recentemente avuto a che fare con l’instabilità: le proteste e il malumore degli Oromo, la popolazione più numerosa del Paese, hanno messo in crisi la convivenza interna. E questo ha provocato dissesti anche in Ogaden, frontaliero della Somalia, con reciproca infausta influenza. Da anni Addis Abeba interviene militarmente a sostegno del governo di Mogadiscio, accusando Asmara di sostenere gli shabaab, ciò che quest’ultima ha sempre smentito. Chi conosce l’area sa che l’insorgenza jihadista ha radici lontane e più complesse della lite tra Fronti, ma se una situazione di stallo invecchia senza soluzioni, viene favorito ogni avventurismo…

In ogni caso tutte le crisi della regione sono state aggravate dal contenzioso tra i due Paesi 'cugini'. Pace tra etiopici ed eritrei significherebbe certamente dare più vigore alla dinamica negoziale in Somalia e probabilmente favorire una ripresa delle trattative tra regioni e con il governo centrale, per un assetto definitivo. Fino a oggi Asmara si è opposta a soluzioni che non prendessero in conto il suo interesse nazionale. Pace tra Addis Abeba e Amara potrebbe voler dire anche uno spiraglio in più per la fine delle violenze in Sud Sudan e una migliore relazione con il Sudan: assieme e non divise, le due nazioni potrebbero influire molto più di ora. Una stessa dinamica positiva potrebbe interessare la prospicente guerra dello Yemen, mediante la quale Asmara ha rotto un decennale isolamento.

I benefici di una pace definitiva tra Etiopia ed Eritrea potrebbero essere anche socio-economici. Malgrado tutto i due Paesi insistono sulla stessa area di mercato, hanno interessi commerciali intrecciati e assieme soffrono dei recenti cambiamenti climatici, come quelli provocati da el Niño. Tutto questo provoca un continuo movimento di popolazioni, che comprende anche il flusso di profughi sud-sudanesi, alla ricerca di aree coltivabili. Ciò che accade in Oromia non è estraneo a tale evoluzione. Entrambi i Paesi necessitano di vie di trasporto moderne e di mezzi per aprire le grandi zone interne che sono ancora del tutto isolate o quasi, come l’Oromia appunto, ma anche la Dancalia, l’Ogaden ecc. Fuori dalle capitali e di alcune città, la miseria è molto presente e l’economia totalmente informale. Occorre ripensare il modello agricolo, vista la permanenza di una forma di coltura di sussistenza e senza prospettive. La riapertura degli scambi tra i due Paesi favorirebbe una ripresa del commercio e una diminuzione generale della povertà.

Infine, questa pace sarebbe un potente messaggio di valore politico e simbolico: se termina l’antica guerra tra 'cugini nemici' vuol dire che ogni conflitto può essere bloccato. Come per la più vecchia guerra in Somalia, ci siamo tutti abituati al conflitto etiopico-eritreo, tanto da non ricordarne nemmeno bene le ragioni. La separazione tra i due Stati e la loro incomunicabilità, viene presa come un dato di fatto, solo in pochi si cimentano ancora nel tentare di farli parlare.

Questa pace rappresenterebbe una forte smentita a tale rassegnazione, la stessa con cui purtroppo si affrontano troppi problemi internazionali.

Già viceministro degli Esteri e della Cooperazione Internazionale

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