Tutti o quasi contro Bayrou: la Francia è di nuovo in piena crisi di governo

Dopo meno di nove mesi alla guida dell’esecutivo, il centrista ha ottenuto in Parlamento 194 voti a favore e ben 364 contrari. Domani presenterà le dimissioni a Macron
September 7, 2025
Tutti o quasi contro Bayrou: la Francia è di nuovo in piena crisi di governo
. | Bayrou dopo il voto di sfiducia
Tutti o quasi contro quei due, il premier François Bayrou e il presidente Emmanuel Macron, non lontani dalla popolarità zero in una Francia incandescente. Anzi, dopo la fatale sfiducia parlamentare piombata ieri sera sul primo, ora un Eliseo più isolato che mai, di fronte alla nuova crisi di governo. Schiacciante il verdetto nell’emiciclo: 364 voti contro, 194 a favore, 15 astenuti. Così vanno le cose in un Paese che rischia di perdere ogni briglia e compostezza, come si è visto bene ieri, dopo un pomeriggio tumultuoso all’Assemblea Nazionale a tratti simile a un crudele tiro al bersaglio.
Dimissioni obbligate già domani mattina dunque per il centrista Bayrou, 74 anni, veterano della politica il cui tracollo appariva ineluttabile. Ben peggio il predecessore neogollista Michel Barnier: appena 3 mesi in sella. Ma la chiusura brutale del sipario, dopo un voto chiesto dallo stesso Bayrou, ha dato risalto a una scena politica simile a un “toro scatenato” meccanico da fiera. «Avete il potere di rovesciare il governo, ma non avete il potere di cancellare la realtà», si è sfogato il leader del Movimento democratico (Modem), inscenando un canto del cigno zeppo di moniti foschi sul dopo, soprattutto riguardo al debito pubblico che non guarda in faccia a nessuno, crescendo di 5mila euro al secondo. L’aveva già ricordato in piena estate, presentandosi come l’uomo capace, con tagli da circa 44 miliardi nella prossima finanziaria, di avviare il contenimento della falla gigante sulla carena nazionale. Già, quella spesa pubblica un tempo vanto del “welfare state” alla francese, ma divenuta ora il pomo della discordia assoluto. Sul piano morale, da Bayrou, pure anatemi verso tutta la classe politica: «Abbiamo rotto il contratto di fiducia fra le generazioni».
Il riferimento riguarda le spalle delle future generazioni, gravate da uno «schiacciante cumulo di 3.415 miliardi di euro di debiti», in un Paese «in pericolo di vita». Tanto che il cantiere in vista assomiglia a quello di una «magnifica cattedrale da ricostruire per un popolo che la merita», ha lanciato il leader credente, alludendo alla rinascita della Cattedrale Notre-Dame di Parigi. Ovvero, l’evento più fulgido dell’ultimo anno in Francia. Tanta eloquenza, nella bocca di Bayrou, ex professore di lettere. Ma con l’amarezza di giungere al capolinea. A seguire, agli attacchi delle opposizioni d’ultradestra e di sinistra, si è persino sommato il parziale voltafaccia neogollista. Laurent Wauquiez, fra gli aspiranti all’Eliseo nel centrodestra, se l’è presa con «l’assistenzialismo» che aggrava il rosso in bilancio. Appena dei colpi di fioretto, comunque, rispetto alle sciabolate dei lepenisti, che pretendono ora elezioni anticipate, e della gauche radicale, decisa a impugnare oggi una “mozione di destituzione” di Macron i cui effetti dovrebbero restare puramente simbolici. Ma in ogni caso, è già in testa-coda l’intera Quinta Repubblica, disegnata da Charles de Gaulle per dare maggioranze forti dietro a un capo dell’Eliseo inscalfibile.
Secondo i sondaggi, se si votasse in fretta, il Raggruppamento nazionale di Marine Le Pen e Jordan Bardella s’imporrebbe largamente al primo turno. Ma come già alle ultime legislative dell’anno scorso, i ballottaggi potrebbero finire per premiare la sinistra in termini di seggi, se dovesse prevalere di nuovo fra gli elettori lo spauracchio dell’«estrema destra al potere». In ogni caso, ora, gli ultimi fidati di Macron gli sconsiglieranno più che mai eventuali scioglimenti del Parlamento, dopo quello disastroso di un anno fa. L’ex premier macroniano Gabriel Attal suggerisce la nomina di un “negoziatore” super partes per un inizio di uscita dal marasma. Per Macron, fra le tante incognite del nuovo rompicapo, pure il rischio di piazze sempre più fuori controllo, dati i toni vendicativi del movimento “Blocchiamo tutto”, le cui proteste scatteranno da domani. In vista, pure i contraccolpi finanziari della crisi, potenzialmente devastanti, sul mercato dei debiti sovrani. Un vero cocktail esplosivo da disinnescare in fretta.
Intanto, condannata pesantemente in primo grado per lo scandalo degli assistenti fittizi all’Europarlamento, l’ultranazionalista Le Pen ha appreso ieri che l’appello, fissato per l’inizio del 2026, giungerà in tempo utile per un eventuale ritorno in carreggiata nella prossima corsa per l’Eliseo. Ma l’incertezza abbonda pure su quel fronte, tanto da riaccendere le speranze presidenziali di molti altri aspiranti, persino fra gli outsider.

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