Tafida, il giudice con i genitori. La libertà di religione va rispettata
La famiglia si era rivolta anche al Consiglio islamico europeo che ha condannato l'interruzione delle cure, ma l'ospedale ha tentato di toglierle la rappresentanza legale della piccola
Un nuovo tassello, questa volta non di tipo medico ma religioso, si aggiunge al caso di Tafida Raqeeb, la bimba di 5 anni in stato di minima coscienza a cui il Royal London Hospital vuole sospendere i trattamenti vitali. Secondo la fondazione Barts, società pubblica che gestisce la struttura, i genitori della piccola non sono in grado di decidere, nel suo «migliore interesse», se continuare o sospendere le terapie che la mantengono in vita, in virtù del loro credo islamico.
La notizia arriva a pochi giorni dall’inizio del procedimento, in programma da lunedì al 13 settembre, che poterà i giudici dell’Alta Corte di Londra a esprimersi sulla controversa vicenda attraverso sentenza. Che dovrà concedere o meno anche il trasferimento della piccola all’ospedale Gaslini di Genova che si è offerto di assisterla.
In una imprevista udienza preliminare, ieri, la Barts ha chiesto di togliere ai genitori – mamma Shelima Begum, avvocato di 39 anni, e papà Mohammed Raqeeb, 45enne, consulente nel settore delle costruzioni – la rappresentanza legale della bambina perché musulmani. La mossa dell’ospedale è arrivata dopo aver ricevuto una fatwa, sentenza giuridico-religiosa di ispirazione islamica, dal Consiglio islamico europeo per ricordare che, per i musulmani come la famiglia Raqeeb, l’interruzione dei trattamenti vitali è «inammissibile» oltre che un «grave peccato».
Il giudice Alistair MacDonald ha però ribadito la «libertà di religione» e respinto la richiesta invitando, tuttavia, genitori e personale sanitario a «moderare i toni del confronto».
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