Russia e Bielorussia riabilitate per le Paralimpiadi. E può servire

Revocata la sospensione parziale dalle competizioni mondiali di para-sport imposta con l’invasione russa dell'Ucraina del 2022. La scelta del Comitato solleva un polverone
September 26, 2025
Russia e Bielorussia riabilitate per le Paralimpiadi. E può servire
Ansa | La delegazione russa alle Olimpiadi invernali di Sochi
La Russia sta davvero intensificando i bombardamenti sull’Ucraina e le “provocazioni” verso i Paesi confinanti, arrivando apertamente a minacciare di scatenare la guerra contro la Nato? Lo sport paralimpico è sport per davvero o è solo figlio di un dio minore? A legare a doppio filo le due questioni ci ha pensato il Comitato Paralimpico Internazionale (Ipc), riunito in questi giorni in assemblea a Seul, in Corea del Sud. In questa sede, i delegati provenienti da tutto il mondo hanno deciso, a grande maggioranza, di revocare la sospensione di Russia e Bielorussia da tutte le competizioni, spalancando così le porte delle Paralimpiadi di Milano-Cortina 2026 agli atleti di Mosca e Minsk. Che potranno partecipare alle gare con bandiera e inno nazionale, per la prima volta dal febbraio 2022, quando la Federazione Russa ha attaccato l’Ucraina. Era stata proprio l’Ipc, per prima, ad escludere i due Paesi dalle Paralimpiadi di Pechino 2022, cominciate il 3 marzo, una decina di giorni dopo l’inizio dell’invasione. E adesso, la stessa Ipc ha deciso di revocare la misura in vista dei Giochi paralimpici di Milano-Cortina, in programma tra il 6 e il 15 marzo del prossimo anno. A decidere chi potrà partecipare alle gare saranno però le singole federazioni internazionali, diverse delle quali al momento escludono gli atleti di Mosca e Minsk. Il messaggio comunque è partito e ha già provocato la reazione dell’Ucraina, che ha parlato apertamente di «tradimento dello spirito olimpico». Esortando i «partner europei che ospiteranno i Giochi Paralimpici invernali a non permettere che la bandiera di un Paese criminale sventoli su uno spazio libero e democratico mentre l'aggressione è ancora in corso».
A questo punto è necessario tornare alle domande iniziali, perché non si capisce che cosa ha provocato la clamorosa decisione del Comitato paralimpico internazionale, in un momento, tra l’altro, di rinnovata e accresciuta tensione tra Russia, Unione Europea e Nato. Bombardamenti, sconfinamenti e hackeraggio dei sistemi di controllo degli aeroporti non sembrano davvero i migliori presupposti per avviare un dialogo che possa passare anche da una distensione dei rapporti a partire proprio dallo sport. E quindi, perché è stato deciso di allentare le sanzioni, che comprendono anche il divieto di bandiera e inno, come è avvenuto a Parigi 2024, sia per le Olimpiadi che per le Paralimpiadi? E perché questa concessione vale soltanto per le Paralimpiadi?
Qui veniamo al secondo corno del problema. Un aspetto che potrebbe apparire secondario, rispetto alla follia della “guerra mondiale” tornata più che mai attuale, ma così non è. Perché con questa decisione si rischia di tornare indietro di decenni sul terreno delle pari opportunità nello sport e della promozione dell’attività sportiva tra la popolazione, senza distinzioni. Visto che, non più tardi di una settimana fa, il Comitato Olimpico Internazionale (Cio) aveva, invece, deciso di autorizzare, sotto bandiera neutrale e in rigorose condizioni, la presenza di atleti russi e bielorussi ai Giochi Olimpici di Milano-Cortina, come, appunto, a Parigi 2024. Che cosa è cambiato in questi pochi giorni? Sul fronte della guerra nulla, a parte l’intensificarsi dei bombardamenti e delle minacce russe all’Occidente. E allora, perché? E perché partire proprio dai paralimpici, per vedere l’effetto che fa?
Due le possibili risposte: una più ottimistica, l’altra più problematica. La prima è che le paralimpiadi rappresentano il terreno migliore per sperimentare passi di pace, dato il loro alto valore, l’uguaglianza e l’inclusione che promuovono. L’altra, forse un po’ malevola, è che non volendo escludere Israele dai Giochi e dalle altre competizioni sportive internazionali, occorresse non lasciare solo Russia e Bielorussia fuori dalla porta. Ma che sia valida l’una o l’altra delle ipotesi, ciò che conta davvero è che sia data possibilità a tutti i popoli, molto prima che ai loro governi, di trovare un campo comune per esprimersi nello sport, uno terreno neutro e accogliente in cui la sana competizione sia una cooperazione e non un conflitto. Nell’autentico spirito olimpico.

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