lunedì 20 gennaio 2025
Il giuramento (al chiuso) avverrà tra i big della Silicon Valley che si sono accreditati nelle ultime settimane come i grandi alleati del tycoon. Il peso non cancellato dei fatti di Capitol Hill
Tutto pronto a Washington per l'Inauguration Day

Tutto pronto a Washington per l'Inauguration Day - Ansa

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Sarà il momento della riscossa o il simbolo più amaro della sconfitta. Quando Donald Trump presterà giuramento dalla “rotunda” del Campidoglio Usa, sarà impossibile non rivedere la sala con i vetri rotti che quattro anni fa fu occupata con la forza da un gruppo di rivoltosi che volevano impedire la formalizzazione della vittoria di Joe Biden. Il motivo è il freddo, ma la decisione di tenere il momento più solenne dell’inaugurazione del 47esimo presidente americano sotto la cupola del Congresso è stata accolta con entusiasmo dai sostenitori di Trump, che si aspettano che il nuovo capo della Casa Bianca condoni le condanne dei “patrioti” del 6 gennaio 2021.
La scelta di svolgere il programma al chiuso (come fece Ronald Reagan nel 1985) consente al tycoon un contatto più ravvicinato con i suoi fan, che ha invitato allo stadio Capital One, stasera per un comizio e poi domani per il dopo-cerimonia. Il festeggiato si è detto certo di riunire «la più grande folla della storia americana», come disse quattro anni fa quando andarono a vederlo circa 300mila persone (contro le 800mila della prima inaugurazione di Barack Obama). Memore delle polemiche di allora, le autorità dei parchi nazionali di Washington non rilasceranno una stima ufficiale.
Altre cose saranno diverse rispetto al 2017, quando Trump era un outsider snobbato dal mondo del business che stentava a farsi accettare nel Gotha della capitale Usa. Insieme a lui sul palco domani ci sarà infatti l’uomo più ricco della Terra, Elon Musk, insieme ad altri tre miliardari high-tech: Jeff Bezos di Amazon, Tim Cook di Apple, e Mark Zuckerberg di Facebook e Meta.
E poche ore dopo il tycoon tornerà alla Casa Bianca sapendo di avere un fermo controllo su un partito repubblicano che detiene la maggioranza a entrambe le camere del Congresso. Molti degli oppositori più accesi di Trump all’interno del partito, inoltre, come l’ex deputata Liz Cheney, non sono più in carica. E altri ex rivali nel movimento conservatore, come il senatore Marco Rubio, sono stati cooptati all’interno della sua Amministrazione.
Forse anche per questo un maggiore ottimismo permeerà le note del secondo discorso inaugurale di Trump, che, secondo indiscrezioni, eviterà riferimenti alla «carneficina americana» di otto anni fa e si concentrerà sui temi di “luce” e “unità”, accompagnati da una preghiera dedicata a “un’America, una luce”. «La luce significa speranza, significa un nuovo inizio, significa un percorso in avanti – ha detto un membro dello staff del presidente entrante – È davvero qualcosa che è stato un tema per l’inaugurazione… ma anche un principio guida per il nostro team negli ultimi due mesi».
I sorrisi e le mani tese non dovrebbero durare molto, però. Come dimostra l’espressione corrucciata e di sfida che Trump ha scelto per la sua foto ufficiale per i prossimi quattro anni, il nuovo presidente con ogni probabilità continuerà a privilegiare i toni cupi e le minacce. In campagna elettorale aveva promesso, tra il serio e il faceto, di essere un «dittatore» a partire dal primo giorno nello Studio ovale, per dimostrare a tutto il mondo, come ha ribadito la sua addetta stampa, Karoline Leavitt che «l’America è tornata».
E per tenere la parola, il repubblicano firmerà già domani sera una serie di ordini esecutivi che conterranno fra l’altro un giro di vite sull’immigrazione e nuove tariffe sulle importazioni. Le promesse espulsioni di massa di stranieri senza documenti – che secondo un recente sondaggio sono sostenute dal 55% degli americani – dovrebbero cominciare da martedì quando, secondo il Wall Street Journal, Trump ordinerà un raid a Chicago con 200 agenti che durerà una settimana e servirà per inviare un messaggio alle “città santuario”, i Comuni democratici che proteggono gli immigrati non aiutando le autorità federali nelle deportazioni. Già dall’inizio dell’anno, in previsione di arresti di massa, le chiese di Chicago di molte confessioni hanno smesso di ospitare servizi religiosi in spagnolo per non esporre i fedeli a retate nei luoghi di culto.

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