L’orrore del Sudan: i disperati di el-Fasher rinchiusi da un muro
La fame e il terrore da 500 giorni affliggono i civili in ostaggio dei miliziani delle Rsf. Che giovedì hanno fatto strage in un mercato affollato. E adesso vogliono impedire le fughe con la barriera

La strategia dell’assedio che taglia fuori i civili dal resto del Paese e li rende ostaggio delle armi e delle bombe, sta annientando da oltre un anno el-Fasher, capitale del Darfur settentrionale, in Sudan. La popolazione di 260mila civili, compresi 130mila bambini, è nella trappola delle Rapid Support Forces, i paramilitari che combattono contro l’esercito regolare. Oltre alla fame e al terrore, che da 500 giorni tiene in scacco i civili, le Rsf usano le bombe. Giovedì scorso la milizia guidata da Mohamed Dagalo ha colpito pesantemente un mercato e una zona densamente popolata della città, uccidendo 24 persone e ferendone 55, tra cui cinque donne e diversi bambini, secondo la testimonianza del Sudan Doctors Network.
Una strage che conferma ancora una volta l’inferno cui è sottoposta la popolazione assediata, a rischio carestia. La zona è epicentro di «sofferenza, malnutrizione e malattia soprattutto per i bambini», avverte l’Unicef. «Gli attacchi al mercato centrale e all’area residenziale sono stati deliberati e atroci», ha raccontato il dottor Mohamed Faisal Hassan del network dei medici. I paramilitari non risparmiano neanche feriti ed ammalati, anzi.
Alcuni giorni fa avevano colpito uno dei più grandi ospedali di el-Fasher compiendo un massacro di pazienti e personale sanitario. Dall’11 agosto ad oggi, le Nazioni Unite hanno documentato la morte di almeno 125 persone, letteralmente passate per le armi con esecuzioni sommarie o stroncate dalla fame. «Il segretario generale Onu è allarmato per i gravi rischi di serie violazioni del diritto internazionale umanitario e di abusi che includono quelli «etnicamente motivati», ha dichiarato il portavoce Onu, Stéphane Dujarric. L’obiettivo finale sarebbe quello di dividere il Sudan e creare un doppio governo, che faccia da contraltare a quello di Khartum.
A conferma dell’intenzione mirata dei paramilitari di non cedere territorio, una ricerca dell’Università di Yale costruita tramite immagini satellitari, mostra molto chiaramente che i paramilitari stanno costruendo un vero e proprio muro lungo 31 chilometri , attorno alla città. La barriera cresce di giorno in giorno.
Si tratta di una sorta di piattaforma di sabbia (bern) e terra che divide completamente el-Fasher dal resto del territorio, con l’intento di trattenere al suo interno i civili e occupare definitivamente la zona.
La “linea gialla” di questo muro, rivelano i ricercatori di Yale, è stata costruita tra il 3 e il 19 agosto, mentre la “zona rossa”, ben visibile dalle immagini satellitari, è composta di 9 chilometri di muro recentissimo, costruito tra il 13 e il 27 agosto. Un semicerchio di 22 chilometriaccerchia la zona da ovest a nord. Un’aberrazione della guerra, mutuata peraltro da strategie militari medievali, che ha lo scopo di non lasciar entrare forze di liberazione e aiuti umanitari, e non consente a chi è dentro di lasciare la città.
«Alcuni civili cercano di scappare ma nel momento in cui lo fanno purtroppo vengono colpiti e uccisi dalle Rsf», conferma il dottor Hassan. I paramilitari negano l’accusa di mirare a donne, uomini, bambini e che soprattutto questi attacchi costituiscano il crimine di pulizia etnica. Ma i fatti vanno proprio in questa direzione. Il Darfur, sebbene sia la regione più massacrata, non è la sola in sofferenza: tutto il Sudan è nella morsa della crisi umanitaria. Tra sfollati, rifugiati e feriti, circa 30 milioni di persone sono in difficoltà, e più di 7 milioni sono fuggite nei Paesi limitrofi, tra cui Ciad e Sud Sudan. La guerra tra i due generali rivali, al-Burhan e Dagalo, è iniziata il 15 aprile 2023 e va avanti a fasi alterne senza che si raggiunga un’intesa o un cessate il fuoco definitivo.
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