L'incubo della carestia a Gaza è visibile persino dallo spazio
L’Indice mondiale della fame (Ipc) l'ha messo nero su bianco: nella Striscia l'insicurezza alimentare ha raggiunto il livello più grave. Media israeliani: Netanyahu pronto a occupare l'enclave

Una macchia scura sull’altopiano dorato. Occorre fissare con attenzione l’immagine per notare che i puntini corrispondono ad altrettanti esseri umani. Addossati, quasi sovrapposti l’uno sull’altro, è impossibile contarli. La nuvola corvina che formano si snoda per una lunghezza di due chilometri tra Rafah e Khan Yunis. All’interno, si notano rettangolini bianchi. Si tratta – spiega Planet Labs che ha scattato la foto satellitare sabato, duecento metri a nord dal corridoio Morag – di quindici camion carichi di aiuti. La disperazione di Gaza ai tempi della carestia è visibile anche dallo spazio. Bbc Verify l’ha confrontata con video e immagini del terreno e ha confermato che i “puntini” sono donne, soprattutto, uomini, bambini, anziani affamati. Si lanciano sui convogli per cercare di accaparrarsi qualcosa. Accade da oltre due mesi. Esattamente dal 21 maggio quando, dopo 78 giorni di blocco totale, Israele ha concesso alle Nazioni Uniti di riprendere l’invio di soccorsi attraverso i valichi di Kerem Shalom e Zikim.
Ora, però, Gaza è al punto di rottura, è in atto una svolta «allarmante e letale». L’indice mondiale della fame (Ipc) – il riferimento internazionale al riguardo – l’ha sintetizzato in otto lettere: carestia. Una parola che risveglia incubi antichi legati a catastrofi naturali dalle quali gli uomini premoderni non avevano mezzi per difendersi. Le carestie contemporanee è risultato delle azioni o, nel migliore dei casi, delle omissioni umane. Nel caso della Striscia, come spiegano gli esperti di Ipc, a portare la gran parte dell’enclave al livello 5 – quello massimo di insicurezza alimentare – sono «protrarsi del conflitto, gli sfollamenti di massa, le forti restrizioni all’assistenza umanitaria». Restrizioni all’entrata e – soprattutto – alla circolazione interna che richiede una serie di autorizzazioni da parte dell’esercito di Tel Aviv. Misure necessarie per evitare i furti da parte di Hamas, sostiene il governo di Benjamin Netanyahu che imputa al gruppo armato la responsabilità della carestia. A sostegno di tale tesi, ieri, i militari hanno diffuso il video di un saccheggio da parte di uomini armati. Le ruberie sistematiche dei miliziani però, come recenti inchieste hanno rivelato, non non sono provate.
Di fronte alle crescita della pressione internazionale, da domenica, i militari hanno creato una sorta di “corridoi sicuri” per favorire la distribuzione e imposto pause umanitarie a Mawasi, Deir a-Balah e Gaza City. Nel mentre, gli israeliani hanno lanciato 52 tonnellate di pacchi dal cielo. Questo non ha impedito, comunque, che 19 civili fossero uccisi all’alba mentre cercavano di raggiungere i centri di distribuzione della controversa Gaza Humanitarian Foundation (Ghf), secondo il ministero della Sanità controllato da Hamas. Altre 43 persone sono rimaste vittime dei raid per un totale che – sempre secondo le autorità locali – ha oltrepassato la drammatica soglia di 60mila morti. Le misure implementate da Israele, in ogni casi, ha detto il Programma alimentare mondiale (Pam-Wfp), «sono insufficienti» rispetto ai volumi necessari di cui è stata richiesta la possibilità di consegna.
«Quanto temevamo si è avverato», ha affermato il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, che ha parlato di «tragedia epica di enormi proporzioni». E ha esortato la comunità internazionale a «inondare Gaza di cibo». Francia e Germania hanno annunciato nei prossimi giorni un ponte aereo per la Striscia. Metodo, però, che lascia perplesse le Agenzie Onu e le organizzazioni umanitarie perché rischioso – i lanci possono colpire i civili affamati –, dispendioso e non consente l’invio di quantità sufficienti. Donald Trump, che ha ammesso il dramma della fame, ha detto di essere «al lavoro con Netanyahu per risolverlo». Il premier, in effetti, secondo fonti interne, dovrebbe annunciare, al termine del gabinetto di sicurezza previsto nella tarda serata di martedì, l’incremento dell’assistenza. Al contempo, però, per evitare la rottura con l’ultra-destra da cui dipende il governo – in particolare con il ministro delle Finanze, Bezalel Smotrich, il quale, non a caso, non si è opposto alla proposta –, dovrebbe presentare un piano formale di annessione della Striscia. Un programma in due tempi che avrebbe già incassato il sostegno del segretario di StatoUsa, Marco Rubio, e dello stesso Trump. Prima, come descritto da Haaretz, Netanyahu offrirebbe un ultimatum ad Hamas: una manciata di giorni per accettare il cessate il fuoco e liberare gli ostaggi. In caso di rifiuto, procederebbe con l’occupazione stabile, a partire dalle zone cuscinetto, alle parti più vicine alle città israeliane di Askelon e Sderot.
Indiscrezioni in linea con una improvvisa riunione convocata da Netanyahu sugli ostaggi che potrebbe anticipare l’aut aut al gruppo armato. Nonché con le recenti dichiarazioni di numerosi esponenti dell’esecutivo. Ultimo il ministro della Difesa Israel Katz il quale, nel centro di reclutamento di Tal Hashomer, ha profilato l’ipotesi che l’esercito si incarichi della sicurezza della Striscia nel dopoguerra, «sul modello della Cisgiordania». Poco prima, Smotrich aveva definito «realistico il ritorno degli insediamenti nell’enclave». Per queste affermazioni e «per avere incitato spesso alla violenza dei coloni», il titolare delle Finanze Bezalel Smotrich e il ministro della Sicurezza, Itamar Ben-Gvir, sono stati dichiarati «persone non grate» dai Paesi Bassi. Il provvedimento ha fatto infuriare il governo di Tel Aviv che ha convocato l’ambasciatore per una reprimenda formale.
© RIPRODUZIONE RISERVATA






