I lavoratori sudcoreani tornano a casa. Trump ha cercato di trattenerli
di Luca Miele
Per il presidente sudcoreano Lee la vicenda potrebbe avere un "impatto significativo" sugli investimenti diretti negli Usa. Il tycoon torna a corteggiare l'indiano Modi

Tutto risolto? Il ritorno a casa dei 300 lavoratori sudcoreani dopo la “detenzione di massa senza precedenti” sancirà il ritorno al sereno nelle relazioni tra Usa e Corea del Sud? In realtà, nonostante il “lieto fine”, con il rientro in corso dei cittadini asiatici, l'intricata vicenda lascerà non poche “rughe”. Lo testimonia le parole del presidente sudcoreano Lee Jae-myung: il recente raid dell'immigrazione statunitense in un cantiere edile in Georgia potrebbe avere un "impatto significativo" sugli investimenti diretti delle aziende coreane negli Stati Uniti.
"Per installare attrezzature in una fabbrica servono tecnici qualificati. Gli Stati Uniti non hanno personale qualificato, eppure i visti per chi arriva per questo scopo non sono consentiti", ha dichiarato Lee. Che ha insistito: "Se ciò non verrà consentito, le nostre aziende dovranno affrontare ogni genere di difficoltà e svantaggi nell'apertura di fabbriche negli Stati Uniti, e inevitabilmente si chiederanno se procedere o meno. Ciò potrebbe avere un impatto significativo sui loro investimenti diretti negli Stati Uniti".
I 316 cittadini coreani hanno lasciato il centro di detenzione a Folkston, in Georgia, una settimana dopo il loro arresto avvenuto durante un raid in un cantiere di produzione di batterie per veicoli elettrici gestito da una joint venture tra Hyundai Motor Group e LG Energy Solution nella contea di Bryan, vicino a Savannah. Insieme a 14 stranieri, i coreani viaggeranno in autobus per circa 4 ore e mezza per raggiungere l'aeroporto internazionale Hartsfield-Jackson di Atlanta, dove saliranno a bordo di un aereo charter della Korean Air per tornare a casa tramite "partenza volontaria" anziché tramite espulsione.

Sulla risoluzione della vicenda, peraltro, è pesato un (bizzarro) tentativo di Donald Trump di rimandare il rientro dei lavoratori. Secondo un funzionario di Washington, il presidente Usa avrebbe “chiesto che i lavoratori sudcoreani arrestati, tutti professionisti qualificati, potessero rimanere negli Stati Uniti per continuare a lavorare e formare il personale americano". Una richiesta che restituisce l’atteggiamento ondivago, imprevedibile, spesso ambiguo nel modo con cui l’Amministrazione Usa negozia anche con gli alleati. Un zigzagare tra obiettivi e proclami diversi, tra minacce e retromarce, che finisce per irritare anche i partner “fedeli” agli Usa. E che contiene una sorta di avvertimento: come scrive la Cnn, “le aziende di tutto il mondo stanno imparando una lezione: qualsiasi accordo stipulato con il governo del presidente Donald Trump è accompagnato da un gigantesco asterisco. Perché si potrebbe credere di stipulare un accordo in linea con il programma di Trump per la ricostruzione del settore manifatturiero americano, ma anche centinaia di miliardi di dollari impegnati in quel progetto potrebbero non essere sufficienti”. Il principio guida di Trump? “Se si vuole fare affari in America, la più grande economia mondiale con il maggior numero di consumatori attenti ai consumi, bisogna trasferire le proprie attività qui e creare posti di lavoro per i lavoratori americani”.
Non è un caso allora che lo stesso Trump abbia manifestato l’intenzione di riaprire i negoziati commerciali con l’India. Con un netto cambiamento di tono, il tycoon ha detto che intende incontrare il premier indiano Narendra Modi “nelle prossime settimane” e si è detto fiducioso sulla possibilità di trovare un accordo commerciale. I rapporti bilaterali, che già sotto la prima presidenza Trump erano migliorati, si sono guastati nelle ultime settimane a causa dei dazi sulle importazioni dall'India che Washington ha raddoppiato, portandoli al 50%. "Sono certo che non ci saranno difficoltà per trovare un'intesa soddisfacente per le nostre due grandi Nazioni nelle settimane a venire", ha affermato il presidente americano. La scorsa settimana lo stesso Trump aveva fatto sapere di aver respinto un'offerta dell'India per azzerare i dazi sulle merci Usa sostenendo che era tardiva perché New Delhi si sarebbe dovuta muovere già da molti anni. Allo stesso tempo, il tycoon starebbe premendo perché l'Unione Europea imponga dazi del 100% su India e Cina, i maggiori acquirenti del petrolio di Mosca.
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