mercoledì 12 gennaio 2022
La nuova tragedia, dopo i 56 morti di venerdì notte, si è verificata a Mai Tsebri, nelle stesse ore in cui Biden chiamava il premier Abiy chiedendo di accelerare verso il cessate il fuoco
Uno dei bambini rimasti feriti nell’attacco aereo dei droni etiopi di sabato scorso  a Dedebit nel Tigrai

Uno dei bambini rimasti feriti nell’attacco aereo dei droni etiopi di sabato scorso a Dedebit nel Tigrai - Reuters

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È successo di nuovo. Dopo il bombardamento di venerdì notte in un campo rifugiati di Dedebit, che aveva provocato 56 morti, un altro raid aereo ha causato 17 vittime nel Tigrai, la regione etiopica «ribelle» al centro di un drammatico conflitto da ormai 14 mesi. Nelle stesse ore di lunedì in cui il premier etiopico (e Nobel per la pace) Abiy Ahmed discuteva con il presidente Usa Joe Biden «delle opportunità per portare avanti pace e riconciliazione» nella regione, i civili venivano quindi di nuovo presi di mira dall’aviazione nella zona di Mai Tsebri. Lo stesso Biden aveva appena fatto presente al leader etiopico la sua preoccupazione per le vittime civili e per le sofferenze causate dagli attacchi aerei, attacchi che non solo si sono dimostrati inefficaci nel fiaccare la resistenza del Fronte popolare di liberazione del Tigrai ma che finiscono anche per ripercuotersi tragicamente su una popolazione locale già allo stremo.

Secondo le forze tigrine, gli attacchi proseguono anche per mano dei militari eritrei. Di recente, i ribelli del Tigrai si sono ritirati dalle regioni vicine, mentre l’esercito del governo federale etiope ha annunciato che non avrebbe fatto ingresso nel Tigrai stesso. Il presidente eritreo Issaias Afewerki – che nel 2018 ha siglato uno storico accordo di pace con il premier etiope – lo scorso fine settimana ha riferito ai media statali che i suoi soldati avrebbero impedito qualunque attacco contro il proprio Paese e qualsiasi minaccia alla stabilità dell’Etiopia. Nell’ultimo anno si sono moltiplicate le testimonianze sulla presenza di truppe eritree in territorio etiope e dei loro attacchi sia contro i ribelli del Tigrai che contro i civili. Né l’Eritrea, né il governo etiope hanno mai risposto a queste accuse.

La Casa Bianca, da parte sua, rischia di muoversi con fin troppa cautela in uno scenario che sembra esserle sfuggito di mano. «Il presidente Biden – si legge in una nota di Washington dopo la telefonata tra Biden e il premier etiope – ha lodato il primo ministro Abiy per il recente rilascio di diversi prigionieri politici, e i due leader hanno discusso come accelerare il dialogo verso un cessate il fuoco negoziato, dell’urgenza di migliorare l’accesso umanitario attraverso l’Etiopia e della necessità di rispondere alle preoccupazioni sui diritti umani di tutti gli etiopi coinvolti, comprese le preoccupazioni per le detenzioni di etiopi in base allo stato d’emergenza». Nella nota, Biden evidenzia le sofferenze causate ai civili dai «recenti raid aerei», ma in quelle stesse ore i droni etiopi entravano ancora una volta in azione nel Tigrai.

«Profondamente addolorato» per il nuovo raid si è detto il segretario generale dell’Onu, António Guterres. Appena la scorsa settimana il premier Abiy aveva sottolineato la necessità di una «riconciliazione nazionale». Per la comunità internazionale la priorità resta l’accesso agli aiuti umanitari da parte dei civili. «L’Onu e i suoi partner umanitari – ha fatto sapere Stephane Dujarric, portavoce di Guterres – stanno lavorando con le autorità per mobilitare urgentemente l’assistenza di emergenza nell’area, nonostante le continue difficoltà dovute alla grave carenza di carburante, denaro e forniture nel Tigrai». La situazione nella regione resta, per ora, in una fase di drammatico stallo.
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