Più robot, più responsabilità

Fondamentali le scelte umane nell'elaborazione degli algoritmi. Vanno ripensate le forme di tutela dei lavoratori a partire dalle trasformazioni del loro ruolo
October 4, 2017
Più robot, più responsabilità
L’Instrumentum Laboris della 48ma Settimana Sociale dedica una sezione (nn. 59-68) alle prospettive del lavoro in un futuro dominato dalla tecnologia. Si tratta di una riflessione importante, poiché l’automazione e interconnessione degli strumenti digitali sta provocando trasformazioni crescenti e pervasive non solo nel mondo della produzione, ma anche nella stessa vita quotidiana. Si parla ormai, in proposito, di 'quarta rivoluzione industriale'. È un passaggio pieno d’incognite, che chiede di essere governato. Anche perché, come sottolinea lo stesso Instrumentum Laboris, i costi che esso comporta rischiano di pagarli le categorie più deboli. Bisogna dunque aver ben chiare le sfide che ci attendono, anche per evitare sia di essere soggetti solo passivi di questi cambiamenti, sia di rapportarci a essi, in maniera velleitaria, semplicemente credendo di rigettarli. A questo scopo, sulla linea di alcune esplicite indicazioni dell’Instrumentum Laboris,
nell'azione
Partiamo con una riflessione sulla 'qualità' delle procedure eseguite dagli algoritmi e sulla possibilità di controllare il loro comportamento. Il concetto di 'algoritmo' è la base fondamentale per il funzionamento dei computer, per la comunicazione in rete, per il movimento dei robot e il controllo dei sistemi di automazione industriale, per l’analisi dei dati da cui estrarre conoscenze o prendere decisioni. L’algoritmo è un procedimento concettuale 'implementato', cioè realizzato sulla macchina mediante programmi o applicazioni. Il problema della correttezza del funzionamento della macchina coinvolge pertanto due aspetti: la corrispondenza tra l’algoritmo e la funzionalità da eseguire, per un verso, e quella tra la descrizione astratta del procedimento e la sua traduzione in un programma operativo, per altro verso. In entrambi i casi, lo vedremo, è in gioco una specifica responsabilità che coinvolge gli esseri umani.
Il primo è l’aspetto più importante, e corrisponde alla capacità di ragionamento, all'attitudine a risolvere problemi, alla competenza nel definire esattamente lo scopo da raggiungere e le funzioni da realizzare da parte della macchina. La 'programmazione', cioè la traduzione dell’algoritmo in programma è invece una attività tecnica. Essa – e questo è un aspetto molto importante da segnalare – può essere in parte automatizzata, mentre la definizione degli algoritmi è sempre un’attività umana. Per questo possiamo affermare che una formazione adeguata dovrebbe far maturare le capacità di astrazione, di analisi critica e di ragionamento, oltre alla conoscenza delle tecniche per codificare gli algoritmi in programmi. Per essere tradotte in 'buoni' programmi, infatti, le procedure devono essere descritte in forma algoritmica. In molti casi il problema non riguarda solo i tecnici informatici: si pensi ad esempio a certe norme di legge, che pur prevedendo di essere applicate con procedure informatizzate, le definiscono in modo intricato e burocratico, rendendo difficoltoso tradurle in algoritmi corretti ed efficienti.
I
all'attenzione
all'esterno
all'autonomia
Da tutto ciò deriva una serie di conseguenze di carattere etico. Infatti, anche attivando i processi messi in opera dalle macchine, non per questo l’essere umano è sgravato dalle sue responsabilità. Ciò vale anche nel caso delle trasformazioni del lavoro, delle sue modalità e delle sue forme, a cui l’uso di tali tecnologie ci sta conducendo. Abbiamo visto che la definizione degli algoritmi, secondo cui un programma fa funzionare la macchina, è qualcosa che può essere compiuto solo da un essere umano. Allo stesso modo l’essere umano è chiamato alla verifica della correttezza di tali programmi, sia ex ante, sia in corso d’opera. Abbiamo segnalato inoltre i limiti nell’autonomia di una macchina.
C’
dev'essere
nell'implicito
Emerge qui la questione del controllo, a cui fanno riferimento anche i nn. 64 e 65 dell’Instrumentum Laboris. Una volta stabilito il ruolo degli esseri umani e delle macchine nei nuovi processi lavorativi, una volta preso atto della possibilità di governare tali processi, è necessario mettere in opera una serie di verifiche concrete, sia su di un piano giuridico che su di un piano etico, sia da un punto di vista individuale che in una dimensione sociale. Tali verifiche devono consentire, come scrive l’Instrumentum Laboris, di «valutare l’adeguatezza delle intelligenze artificiali destinate a coesistere e cooperare con il lavoratore umano».
A questo scopo può certamente essere utile anche la scelta tecnica di elaborare algoritmi di verifica indipendenti, come viene suggerito (n. 64). Ma soprattutto dovranno essere ripensate le forme di tutela dei diritti del lavoratore, a partire dalle trasformazioni della sua figura e del suo ruolo (n. 63). Anche su questo versante, che non può essere affrontato solo con forme di contrattazione sindacale, il riferimento all’etica può giocare un ruolo decisivo. Anche riguardo a quest’esigenza, oggi particolarmente sentita, l’Instrumentum Laboris offre riflessioni significative.

*professore ordinario di Filosofia morale all’Università di Pisa
**Docente di Sistemi Informativi all’ Università di Pisa e membro del Consiglio direttivo di WECA

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