Lista (inevasa) della spesa
Un morto, Luigi, 57 anni, e un ferito, Pasquale, suo figlio. Quasi certamente si è trattato di un regolamento di conti, insieme ai due il figlio di Pasquale, un bambino di 4 anni

Le vere vittime della camorra, come quelle di tutte le mafie, non si contano. Le statistiche prendono in considerazione solo i numeri dei morti e dei feriti nel corpo. Le ferite dell’animo restano fuori dal conteggio, eppure sono quelle che sanguinano di più, quelle che avranno le peggiori conseguenze nel corso della vita. Rimanere coinvolti in un agguato di camorra è lacerante per chiunque. Difficile anche da raccontare. Ti senti in trappola, prigioniero. Come paralizzato, non sai se è meglio scappare, correre a perdifiato, o rimanere immobile, aspettando che la follia omicida passi. Attimi interminabili, in cui il sangue affluisce al cervello alla velocità della luce, ti fa venire le vertigini, ti fa battere il cuore all’impazzata. Un solo pensiero avverti con chiarezza: il bambino, occorre mettere in salvo il bambino che stavi accompagnando a scuola.
Erano in due, a bordo di una moto, ieri mattina al rione San Giovanni. Giovani, agili, arroganti, sanguinari. Criminali. Avevano fretta di portare la missione a termine. L’effetto sorpresa è fondamentale. Il capo ha comandato di fare il lavoro in modo "pulito". Guai se mancheranno il bersaglio, guai se a cadere sotto i colpi sarà l’ennesima persona innocente. Le vittime innocenti creano confusione, richiamano sul territorio giornalisti e forze dell’ordine. La gente perbene, le scuole, le parrocchie, si mobilitano, scendono in strada, chiedono più controlli, più telecamere, più attenzioni. Se a morire, invece, è il bersaglio designato, lo sconcerto dura qualche giorno e poi tutto torna come prima. Stavolta, i killer non hanno sbagliato mira. Un morto, Luigi, 57 anni, e un ferito, Pasquale, suo figlio. Quasi certamente si è trattato di un regolamento di conti, la solita guerra tra bande. Liti per la spartizione del territorio. Insieme ai due però, c’era il figlio di Pasquale, un bambino di quattro anni appena. Stava andando a scuola, come i suoi coetanei. Felice di essere accompagnato dal babbo e dal nonno. Un bambino troppo piccolo per avere la forza di guardare negli occhi la ferocia umana. O, per meglio dire, disumana. Una ferocia che non si fa problema di sparare all’ingresso di una scuola, davanti al sagrato di una chiesa, tra mamme e scolaretti pazzi di terrore. Il nonno è morto, il babbo è ferito, lui, il bambino, è rimasto illeso, è scritto sulle carte. Purtroppo "illeso" non è.
quell'incontro
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