La vera arma in più dell'Europa si chiama eurobond

Il debito comune e un mercato unico dei capitali, ha detto il governatore Panetta, può migliorare la vita delle persone, offrendo credito e opportunità di crescita e innescando una spirale di fiducia
May 30, 2025
La vera arma in più dell'Europa si chiama eurobond
Per i giovani della generazione Erasmus, l’Europa unita è un dato di fatto. Per i meno giovani resta ancora un matrimonio più d’interessi che di sentimenti, di cui spesso è istintivo lamentarsi invece che compiacersi. In Italia ne abbiamo quotidiana riprova. Il problema è che mentre gli europei si lagnano, l’Europa invecchia e perde rilevanza. Basta guardare un paio dei dati sciorinati ieri dal governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta: dal 1990 a oggi il peso dell’Unione europea sulla manifattura globale si è dimezzato, passando dal 30 al 15%, mentre la somma di importazioni ed esportazioni è balzata dal 26 al 42% del Pil, a conferma di un continente aperto e competitivo all’estero ma anche incapace di trovare in casa tutto ciò che gli occorre. Di fronte a questi numeri non c’è mediazione che tenga sul fronte dei dazi, così come è evidente il rischio di finire schiacciati nel braccio di ferro tra Stati Uniti e Cina (da cui abbiamo peraltro un grado di dipendenza molto più elevato degli americani).
Elasticità e resilienza del sistema produttivo, oltre a fondamentali migliori degli Usa, finora hanno consentito all’Europa di galleggiare. Ma vista l’incertezza galoppante e le nubi che si profilano all’orizzonte, vivacchiando non può fare molta strada. E l’Italia ancora meno: basta pensare alla questione demografica, una vera e propria “bomba” che rischia di distruggere l’11% del Pil in 15 anni, o ai salari bassi che – oltre a minare la produttività – ci fanno perdere i giovani migliori e al contrario consentono solo l’ingresso di lavoratori stranieri poco o per nulla qualificati.
La deriva muscolare imposta dalla nuova amministrazione Trump impressiona e preoccupa, ma come tutti gli choc può portare con sé anche alcune opportunità. L’Europa ha il vantaggio di poterle trovare al suo interno, facendo leva su quel potenziale dovuto alle dimensioni che finora non è stato integralmente sfruttato per via delle barriere interne, mai del tutto cadute. Ieri in Banca d’Italia si è richiamata la necessità di una regolamentazione comune più efficace, veri e propri testi unici europei che possano agevolare l’integrazione di specifici ambiti (come quello bancario) o dell’euro digitale, risposta allo strapotere americano nei pagamenti digitali e nelle criptovalute.
E poi c’è il mercato unico dei capitali. Tra i lavori lasciati a metà del cantiere europeo è quello che può impattare di più sulla competitività delle istituzioni finanziarie, delle imprese ma anche sulle persone. Se ne parla spesso, ma con le parole sbagliate. O almeno troppo tecniche e troppo poco chiare, che scaldano poco il cuore e non lasciano intravedere la portata trasformativa di un progetto che ha tante facce e un oggetto-simbolo: l’eurobond, il titolo di debito europeo. Ieri Panetta ha dato un numero, una stima, che può aiutare a capire di cosa stiamo parlando e accendere l’interesse non solo degli addetti ai lavori: 150 miliardi all’anno di investimenti in più a disposizione per imprese e privati, liberati grazie all’abbassamento del costo del capitale ottenuto da un mercato finanziario più integrato e diversificato. Il Pnrr ha dimostrato che il debito comune si può fare e il mercato lo compra volentieri, perché rappresenta un’alternativa interessante ai titoli di Stato nazionali. In questi anni molto è cambiato: le distanze tra i rendimenti dei titoli dei diversi Paesi – il famigerato spread - si sono assottigliate, dunque per le imprese tedesche e francesi c’è molto più da guadagnare.
Al tempo stesso, i nuovi piani di spesa – per il riarmo e non solo – esigono fonti alternative di finanziamento. Ma non cadiamo nello stesso errore di sempre: con un contributo dell’1,5% sul Pil annuo europeo (altra stima di Banca d’Italia) il debito unico e un mercato unico dei capitali può migliorare la vita delle persone, di giovani e meno giovani, offrendo credito e opportunità di crescita e innescando una spirale di fiducia. L’arma in più dell’Europa c’è ed è a portata di mano. Oltre al fatto che costa molto meno e serve decisamente più di quelle vere.

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