Il buon senso comune ci deve invitare al rispetto dei luoghi

Ciò che è virtuale è sempre facile, colorato, e basta un clic per uscirne; mentre la realtà, talvolta, si fa pagare cara. Dovremmo ricordarlo, in ogni nostra «avventura» quotidiana
August 26, 2018
Il buon senso comune ci deve invitare al rispetto dei luoghi
Regole di sopravvivenza, dalle chiese alle montagne Forse è perché è stata un’estate davvero molto calda. Forse è per questo che le cronache hanno registrato a più riprese notizie come quella dei turisti accaldati a bagno nei canali di Venezia, sgridati da un irato gondoliere. O di altri che si rinfrescavano, seminudi, nelle fontane sotto l’Altare della Patria a Roma. L’ultima è di ieri, un ragazzo spagnolo di 12 anni non ha retto, nella calura della Capitale, al fascino dell’acqua della fontana di piazza Navona, e, aizzato dai fratelli, ci è entrato. I genitori si erano distratti ma sono arrivati prima di loro i vigili, con una multa da 450 euro. Un’estate bollente, con la colonnina di mercurio ben sopra i 30 gradi sembra per qualcuno il segnale di una 'libera uscita', e l’afa del pomeriggio l’occasione per una seppure modesta trasgressione. Uomini a torso nudo – cosa che non dona a tutti – in giro per Milano come fossero a Rimini, signore che stringono in scialli trasparenti la scollatura della canottiera da spiaggia, nell’entrare nelle chiese monumentali di Firenze e di Roma.
Come se l’estate spingesse a una sregolatezza, a una infrazione di regole normalmente ovvie. E non, purtroppo, di regole puramente di buon gusto, ma anche di buon senso. Sulle vette delle Alpi su cui si sbarca con una funivia è sempre più facile incrociare ragazzi con le scarpe da tennis ai piedi, e nelle giornate di sole una maglietta appena, e niente zaino, quindi niente KW da pioggia, né golf, né borraccia. Tornano a valle per sentieri esposti vestiti come per un pic nic al parco, scivolando sulla ghiaia con le suole lisce; e ti domandi se gli hanno insegnato almeno a non ripararsi in mezzo al bosco, se scoppia un temporale. Li guardi e pensi a quando i tuoi ti ripetevano che in montagna si va con scarpe buone, maglione, giacca da pioggia, acqua e cioccolata, utile nel caso di calo degli zuccheri. Era una sapienza modesta, ma tramandata da generazioni. Un ricordare che la montagna è un orizzonte ben diverso dal nostro abituale, quindi un entrarci coscienti e preparati.
La stessa smemoratezza sembra avere parte anche in vere tragedie: quanti incidenti in alta montagna in questi mesi, e quanti morti. Tanto da far pensare a un allargamento della platea di chi crede di sapere affrontare una parete, come fosse cosa per tutti; come non esistesse più alcuna regola nel fare, nell’andare, nell’inoltrarsi in un quel mondo altro e aspro dei 3.000 metri sul livello del mare. E chi si avventura nella gola di un torrente noto per le sue piene quando le previsioni meteo annunciano rovesci, con le infradito ai piedi e dei bambini per mano? Non c’era nessun divieto, senti dire poi; d’accordo, ma anche sulle scogliere non ci sono cartelli che vietano di buttarsi di sotto, si conta normalmente sul senso comune delle persone.
Il senso comune, quell’insieme tacito di regole ereditate e condivise per cui si sa che non ci si tuffa nelle fontane, e non si gira nudi o quasi. Il senso comune per cui non si va a fare un’escursione se non sapendo quello che si fa: per rispetto di te stesso, e di quelli che dovranno venirti a cercare, se ti metti nei guai. Ma questo senso comune – sarà davvero questa caldissima estate? – pare non essere più così totalmente condiviso. Si allarga una sregolatezza un po’ sguaiata, un po’ anarchica: si fa quel che si vuole, quel che viene in mente. Niente da chiedere, e men che meno da imparare.
Domina l’istintività del desiderio individuale. Fai quello che ti va: e ancora menomale se si tratta di un bagno nel Canal Grande, e non di rafting in un torrente. Quasi come se tutto quello che vedi sul web o in tv fosse accessibile, e a portata di mano: basta allungarla. Affascinanti, sullo schermo di un pc, certi sport estremi; e come scendono da quei torrenti, le canoe dei campioni. Ma la realtà, è tutt’altra cosa dal virtuale: la corrente travolge, le cime sono gelide e impervie, e sui sentieri, davvero, ci vogliono buone scarpe. In fondo si tratta, come anche nelle piazze o nelle chiese, semplicemente di ricordare chi si è e dove si va, e a cosa fare. Dentro a un rispetto degli altri, dei luoghi e dei mondi in cui ci si avventura. Sapendo che ciò che è virtuale è sempre facile, colorato, e basta un clic per uscirne; mentre la realtà, talvolta, si fa pagare cara.

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