Il Black Friday sta gradualmente spegnendo le città

Boom di acquisti online, mentre i negozi di quartiere chiudono a ritmo serrato. Tra desideri di prossimità e necessità economiche, il futuro urbano dipende dalle scelte di cittadini e istituzioni
November 25, 2025
Le vetrine di Parigi inneggiano al Black Friday
Le vetrine di Parigi inneggiano al Black Friday
In che strade vogliamo continuare a camminare? Quali panorami urbani ci piacerebbe ancora osservare? E con quali commercianti vogliamo in futuro fermarci a dialogare? Gli italiani, e non solo loro, sono “pazzi per il Black Friday”, dilatatosi in pochi anni in un lunghissimo ed estenuante “Black November”. Eppure, davanti alla desertificazione commerciale che avanza in città e piccoli borghi, gli stessi italiani continuano a desiderare più negozi di quartiere. Si dice che il boom degli acquisti on line, che venerdì prossimo avrà il suo culmine annuale, sia favorito dal prezzo ribassato, dall’offerta che proprio non si può rifiutare. Ed è certamente vero che la diminuzione del potere di acquisto e l’aumento di povertà e precarietà incida sulla caccia allo sconto. Ma se così è, abbiamo ancora davvero, come cittadini ma anche come consumatori, la possibilità di plasmare il futuro delle nostre città? Quale scelta ci resta, mentre si drenano i risparmi, quale opzione attiva abbiamo, mentre vediamo scomparire, insieme ai negozi, pezzi di città, facce, storie condivise? Quando sparirà anche l’ultima bottega, come già accaduto con l’Angelica a Ottone, sorta di “Amazon analogico” in Alta Valtrebbia con più di un secolo di vita, o come appena successo all’ultimo negozio di generi alimentari di Collescipoli, in Umbria, già candidato tra i borghi più belli d’Italia, avremo ancora voglia di passeggiare tra quei vicoli, di allestire decorazioni natalizie, di incontrare davvero qualcuno con cui bere un caffè in piazza? O finiremo solo con il ritrovarci in quei monumenti del nulla di estrema periferia, outlet e megacentri commerciali, ultimi baluardi prima della resa definitiva al commercio on line? E non si pensi che vada così solo nelle cosiddette aree interne. Gli ultimi dati di Confcommercio ci dicono che le attività commerciali vanno sparendo rapidamente anche in capoluoghi di provincia come Trento, Ancona, Trieste, Ravenna, Novara.
In questo scenario, le amministrazioni locali possono avere un ruolo, sostenendo le botteghe storiche con incentivi fiscali, promuovendo spazi condivisi, favorendo politiche urbanistiche che rendano i centri più vivibili e accessibili. Non è solo una questione economica: è la difesa di un tessuto sociale che rischia di dissolversi. Negli ultimi dodici anni la rete commerciale italiana ha subito una contrazione profonda: più di 140mila attività al dettaglio, tra negozi e ambulanti, hanno abbassato la saracinesca. E già oggi in tutta Italia sono circa 105mila i locali commerciali sfitti, un quarto dei quali inutilizzati da oltre un anno. Spariscono tradizioni, creatività, gentilezza. Cambia lo spazio urbano, si modifica il nostro modo di vivere la città. Il concomitante boom degli affitti brevi, e la capitolazione dei ceti meno abbienti costretti ad andare a vivere fuori città, ha già modificato, forse per sempre, l’aspetto delle località più turistiche, ormai una distesa di “mangiatoie a cielo aperto” che hanno sostituito altri esercizi di quartiere. Tutto si lega, mentre l’ultima réclame dell’ultima offerta dell’ultimo Black Friday ci spinge all’ennesimo acquisto online. E dunque, siamo sicuri di poter davvero esprimere il nostro “voto col portafoglio”, scegliendo di finanziare coi nostri acquisti consapevoli non solo le aziende più trasparenti e sostenibili ma anche il negozio di vicinato? Il giovane precario, il genitore che vede il proprio stipendio restare al palo, la donna costretta al part-time involontario, possono modificare il loro comportamento da consumatori? E quanto davvero possono farlo tutti gli altri? Nove italiani su dieci, evidenziano le indagini di questi giorni, sfrutteranno il Black Friday per poter risparmiare, mentre i soldi in tasca son sempre meno; allo stesso tempo, due italiani su tre dichiarano di volere più negozi di vicinato, in una contraddizione tra desideri e comportamenti d’acquisto in cui a finire stritolate sono le nostre certezze di sempre. Eppure, non tutto è già scritto. Se cittadini e istituzioni scelgono di investire nella prossimità, nella qualità e nella relazione, si può provare a non arrendersi all’idea che la convenienza immediata sia l’unico futuro possibile.

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