C'è un rendimento di felicità nel prendersi cura dei poveri

Gli studi sulla felicità insegnano che la gratuità è uno dei fattori chiave, e costruire una relazione e prendersi carico di una e una sola persona arricchirebbe in modo straordinario la vita
August 28, 2025
C'è un rendimento di felicità nel prendersi cura dei poveri
Chi si riconosce nel filone dell’Economia civile e del rinascimento economico si ostina a credere che gli economisti siano medici della società che studiano i meccanismi di funzionamento del sistema economico per curarne le patologie. La più classica che viene in mente e che è la ragione della carriera di molti è quella della povertà materiale. Nel nostro Paese lo scivolamento verso il basso della classe media e la stagnazione dei salari reali rende il problema grave ed urgente che riguarda il 9,7% della popolazione sotto la soglia Istat della povertà assoluta. In parallelo si diventa sempre più consapevoli dell’esistenza di una patologia ombra della depressione o povertà di senso del vivere, quasi complementare e di dimensioni analoghe a quella della povertà materiale. Come ricorda in un’efficace monografia il Nobel Angus Deaton, che racconta la drammatica epidemia di morti per disperazione negli Stati Uniti.
Studiando le determinanti della soddisfazione e ricchezza di senso di vita si capisce perché le due patologie sono in certo senso collegate. Da una parte c’è una quota di popolazione in Italia, e ancor più a livello globale, poco fortunata alla “lotteria della nascita” che ha opportunità molto inferiori a quelle dei più abbienti e che ha elevate probabilità di non migliorare le proprie condizioni viste le difficoltà di funzionamento dell’ascensore sociale. Dall’altra ci sono molte persone “sazie e disperate” che finiscono nella trappola della povertà di senso del vivere del loro benessere non sanno che farsene, e sono alla ricerca di un fine.
Lo studio dei filoni classici della letteratura economica sulle ricette per la soluzione della povertà materiale ci porta quasi in un percorso obbligato a lavorare su cose importantissime come riforme delle politiche redistributive e dell’imposizione progressiva. Le più rilevanti oggi sono quelle sui grandi patrimoni avanzate da Zuckman, Oxfam a livello internazionale e sostenute in una lettera da sette Nobel per l’economia. Ma mai come in questo momento su questo fronte sembriamo trovarci in un vicolo cieco e ci domandiamo perché, di fronte alle enormi possibilità offerte dall’esplosione della ricchezza del top 1% della popolazione, il restante 99% – che dovrebbe avere una maggioranza straripante in sede elettorale e parlamentare – non riesce a far approvare politiche redistributive a proprio favore. Assistiamo anzi oggi al paradosso di cittadini dei ceti meno abbienti affascinati da un supermiliardario americano populista che li ha convinti di poter far meglio degli avversari politici per migliorare le loro condizioni e sta invece promuovendo riduzioni di pressione fiscale di cui beneficeranno soprattutto i super ricchi.
Lavorando sulle misure contro la povertà in Italia (dal reddito di cittadinanza all’attuale reddito d’inclusione), è oggi consapevolezza diffusa che la loro qualità dipenda e dipenderà in futuro dal miglioramento dei tempi e delle relazioni in processi nei quali il rapporto con assistenti sociali o enti di Terzo settore del beneficiario è la chiave per poter conoscere i destinatari, creare con loro una relazione e costruire percorsi personalizzati di inclusione. Straordinari da questo punto di vista i risultati di un lavoro di Abhijit Banerjee (anche lui Nobel per l’Economia) di cui discuteremo alla prossima edizione del festival dell’Economia civile a Firenze che su decine di migliaia di persone, in sette Paesi del mondo, dimostrano come il successo delle terapie contro la trappola della povertà dipenda in modo essenziale da una relazione di accompagnamento che affianca il trasferimento monetario. Solo in questo modo è possibile affrontare con successo le diverse dimensioni del problema (economica, psicologica, sociale).
E questa è una strada importantissima che in un certo senso può fare da apripista a qualcosa che forse è più dirompente e rivoluzionario.
Oltre a tutto questo, infatti, c’è una soluzione in principio semplice, un uovo di Colombo che non riusciamo forse neanche a immaginare, prima che costruire e sperimentare. In Italia le persone sotto la soglia di povertà assoluta (variabile a seconda di dimensioni del nucleo familiare, area geografica e grandezza del comune di residenza) sono circa 5,7 milioni. Le persone con un buon tenore di vita e risorse di tempo e denaro per potersi prendersi cura di altri sono, sempre nel nostro Paese, partendo dai più abbienti e scendendo verso il basso in termini di reddito, sicuramente superiori a quel numero.
Nessuna persona con un buon tenore di vita potrebbe prendersi carico di tutti i mali del mondo senza restarne schiacciato. Ma prendersi cura di una ed una sola persona sarebbe una soluzione “win-win” (vincente per entrambi, ndr), perché oltre a migliorare le condizioni di vita del beneficiario aumenterebbe in modo decisivo la ricchezza di senso e la generatività della sua vita. La filosofa Jennifer Nedelsky ricorda sempre che quando incontriamo qualcuno dovremmo chiedere non solo che lavoro fa ma anche e soprattutto di chi si prende cura. Nessuno chiede a nessuno di risolvere da solo i problemi del mondo. Gli studi empirici sulla felicità ci insegnano però che la gratuità è uno dei fattori chiave della felicità e costruire una relazione e prendersi carico di una e una sola persona arricchirebbe in modo straordinario la vita. È questa la consapevolezza dei tanti italiani che scelgono la via dell’adozione, dell’affido o altre iniziative come quelli dei tutori volontari di minori non accompagnati. Esiste un potenziale straordinario di “rendimenti di felicità” non sfruttati da tantissime altre persone, che in qualche modo dovremmo poter iniziare a valorizzare. È interessante notare che le risposte di policy e le risposte che ciascuno di noi può dare al problema della povertà convergono in una medesima direzione, quella della relazione. Non illudetevi di salvare il mondo da soli ma, per il vostro stesso bene, scegliete una persona che ha bisogno di cui prendervi cura.

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