Cattolici e politica, un grande cantiere che non può fermarsi
L'intervento di Giorgia Meloni ha riacceso l’attenzione e il confronto sul rapporto tra il laicato cattolico e le istituzioni e, su un livello ancora più alto, tra i cattolici e la politica

La partecipazione e l’intervento di Giorgia Meloni al Meeting per l’amicizia fra i popoli, insieme all’accoglienza calorosa che le è stata riservata, ha suscitato un interesse che va oltre all’episodio in sé e alle specifiche posizioni espresse dalla premier. Più in generale, quanto accaduto mercoledì ha riacceso l’attenzione e il confronto sul rapporto tra il laicato cattolico e le istituzioni e, su un livello ancora più alto, tra i cattolici e la politica. Come tutti i passaggi significativi all’interno di una processo lento e complesso, è un’occasione con molte opportunità e alcuni rischi, che può consentire di fare un passo avanti nella sua lettura (e quindi del processo in sé) ma che anche diventare una sorta di inciampo, in cui si finisce per farsi del male, compromettendo parte di quanto pazientemente costruito a tutti i livelli.
Provando a inserire quando accaduto a Rimini in un contesto spazio-temporale più ampio, vale la pena di esprimere tre riflessioni. La prima è quasi banale: i cattolici, pur nella varietà delle loro forme e luoghi di espressione, rappresentano un interlocutore tuttora fondamentale e rilevante per la politica e per chi governa. E non solo per questioni numeriche: la cultura e i valori del cattolicesimo, con la loro propensione strutturale alla complessità, all’ascolto e in generale alle questioni di senso, possono aiutare la politica a respirare, a uscire dalla mera ricerca o gestione del consenso, a spingersi a sintesi e proposte che vadano ben oltre quegli slogan che finiscono per alimentare il disinteresse delle persone.
È un’eco, a tratti flebile ma sicuramente non spenta, di quell’unità dei diversi che avevano sperimentato le prime comunità cristiane raccontate dagli Atti degli Apostoli, quell’unità che spesso ritorna anche nelle parole di Leone XIV. Eccoci alla seconda considerazione, che ci riporta a un elemento strutturale: duemila anni dopo, anche in un Paese un po’ vecchio e a tratti stanco come l’Italia il pluralismo di storie personali, sensibilità e idee che ci sono tra i credenti non solo rappresenta un dato di fatto ma è anche riconosciuto come un elemento di ricchezza. Che pervade e quindi finisce per andare oltre la geografia mutevole e spesso frammentata dei tanti microcosmi che compongono la galassia dei cattolici. Vista l’aria che si respira, vista quella deriva verso il leaderismo o peggio ancora verso il pensiero unico che finisce per assomigliare anche troppo al pensiero debole, la capacità non solo di tollerare ma anche di alimentare un sano pluralismo è quasi un unicum e pertanto un patrimonio per il Paese.
Anche perché, e qui veniamo alla terza considerazione, è un pluralismo dinamico nel quale è maturato lo spazio per cercare, se non addirittura l’esigenza di trovare quotidianamente un denominatore comune, temi e valori su cui convergere e riconoscersi. È quanto stiamo assistendo, ormai da tempo, dentro al cattolicesimo italiano, di cui la Settimana sociale di Trieste dell’anno scorso ha offerto una chiara rappresentazione fattuale. Reduci da percorsi diversi, orgogliose di carismi differenti spesso complementari, le varie anime di questo mondo stanno da anni portando avanti uno sforzo di confronto e sintesi che è conseguenza di una situazione di minoranza di cui si è preso atto ma che sta al tempo stesso diventando motivo di una propositività nuova, per «elaborare una visione del bene comune in cui sapientemente possano intrecciarsi libertà individuali e aperture sociali, bene della libertà e bene dell’umanità condivisa», per usare alcune delle bellissime parole del presidente Sergio Mattarella proprio all’inaugurazione della Settimana sociale. Dietro c’è una visione della politica, c’è un amore per la politica, che possono spiegare il serbatoio di risorse e intelligenze che il mondo cattolico ancora è capace di offrire all’Italia e alle sue istituzioni, sia a livello locale che nazionale. Davanti, c’è un cammino faticoso ma stimolante, segnato da un confronto che non può non continuare e che, guardando oltre, rappresenta una risorsa per tutti, capace di superare scivoloni e ambizioni personali. Quantomai preziosa visto il momento e la difficoltà quotidiana a costruire dal basso come dall’alto.
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