Cambiare l'errore. Cambiare passo

Il Gioco dell’Oca della Manovra finanziaria per il 2019 riparte dalla casella del "Via", ovvero dalla barriera del deficit massimo del 1,9%
December 6, 2018
Cambiare l'errore. Cambiare passo
Il Gioco dell’Oca della Manovra finanziaria per il 2019 riparte dalla casella del "Via", ovvero dalla barriera del deficit massimo del 1,9%. Ma a differenza di quanto accade in un gioco che tante volte abbiamo fatto da bambini si torna al "Via" senza ritirare nessun premio, pagando anzi il prezzo di una conflittualità sterile con l’Europa che ci è costata centinaia di punti di spread e una spesa per interessi sul debito pubblico più elevata sui titoli emessi nelle ultime aste. Miliardi in fumo.
In questo si realizza in sostanza quanto abbiamo sottolineato più volte sulle colonne di questo giornale (e che il ministro dell’Economia Tria, inascoltato, aveva previsto): proporre un deficit maggiore avrebbe generato dei costi (reali) che si sarebbero rimangiati i benefici (teorici) dell’operazione. Confermata anche la critica rivolta da molti di noi economisti alla previsione avventata di una crescita del Pil dell’1,5% nel 2019 (previsione "strumentale", confezionata per non far sembrare agli occhi della Commissione troppo temeraria la Manovra del "Governo del cambiamento" italiano).
senz'altro
nell'accompagnamento
Il problema dell’inserimento nel lavoro ha molte facce: ridurre la distanza tra domanda e offerta con il coordinamento tra scuola e mondo del lavoro, sviluppare competenze trasversali e soft skills (le abilità relazionali e comunicative) sempre più importanti nel mondo del lavoro di oggi, creare reti tra gli attori del territorio con una vera e propria alleanza per il lavoro, favorire il discernimento dei giovani nel percorso scolastico, reinserire gli esclusi e gli scartati. Pensare che tutto questo possa essere risolto da un unico dominante deus ex machina pubblico da ristrutturare in parte o in toto come i Centri dell’impiego e non, in ottica di economia civile, con una sinergia tra pubblico, privato sociale e for profit vuol dire autolimitare la capacità di un sistema ricco e articolato come il nostro di risolvere il problema.
Bisogna inoltre sempre ricordare che una parte essenziale del ritardo strutturale di crescita tra Italia e resto dell’Ue per il quale finiamo per essere sempre fanalino di coda dipende dai ritardi e dalle inefficienze del sistema Paese (burocrazia, tempi della giustizia civile, accesso delle piccole imprese alle fonti di finanziamento esterno, scarsa qualità ed efficienza della pubblica amministrazione che ci impedisce di realizzare investimenti per i quali abbiamo già avuto fondi europei). E che la cura di questi elementi (le famose riforme) è priorità assoluta che non richiede maggiore deficit e neppure porta a uno scontro con le istituzioni europee. Con un po’ più di umiltà e di realismo si scopre forse che una parte importante del progresso che cerchiamo in termini di crescita sostenibile e di creazione di lavoro non ha bisogno di bracci di ferro con i Paesi 'fratelli' e che il centro della battaglia non sta nei decimali del deficit.

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