Angela Guidi Cingolani e quelle "Madri Costituenti"

Ottant'anni fa, per la prima volta una donna prese la parola in aula. Oggi manca una voce con lo stesso stile fermo, alto, rispettoso e pieno di senso morale che traspare da quel limpido discorso
September 30, 2025
Angela Guidi Cingolani e quelle "Madri Costituenti"
-- | Angela Guidi Cingolani
Angela Guidi Cingolani, democristiana, una delle 21 Madri Costituenti, prende la parola in Parlamento. «Colleghi Consultori, nel vostro applauso ravviso un saluto per la donna che per la prima volta parla in quest’aula. Non un applauso, dunque, per la mia persona, ma per me quale rappresentante delle donne italiane che ora, per la prima volta, partecipano alla vita politica del Paese...».
Quest’anno si è aperto una sorta di speciale triduo: 2025 ottantesimo della Liberazione, il prossimo 2026 quello del primo voto delle donne e nel 2027 quello dell’approvazione della Costituzione. «Credo che l’ottantesimo di quel discorso meriti di essere ricordato meglio e più delle ricorrenze di qualche partito perché in Cingolani, in quel luogo e in quel “tempio della democrazia,” con il contributo determinante delle donne, incominciò la ricostruzione materiale e morale del Paese. Suggerendo di leggere il verbale dell’Assemblea plenaria nella seduta di lunedì 1° ottobre 1945, trascrivo brani del medesimo verbale stenografico, e quindi anche con le parti tra parentesi, per suscitare curiosità e forse qualche emozione. Infatti Cingolani continuava: «Non si tema, per questo nostro intervento, quasi un ritorno a un rinnovato matriarcato, seppur mai è esistito! Abbiamo troppo fiuto politico per aspirare a ciò; comunque peggio di quel nel passato hanno saputo fare gli uomini noi certo non riusciremo mal a fare! (vivi applausi – si ride)».
L’intenso lavoro delle 21 costituenti, connotato da vero protagonismo in alcune materie riversate negli articoli della Costituzione, ha guidato molte riforme a favore della pari dignità delle donne, ma attraverso un lungo cammino e non poche contraddizioni in battaglie che, ovviamente, il pluralismo culturale e politico ha consegnato alla storia della nostra democrazia. Basti ricordare che nonostante l’articolo 3 imponga che non possa esserci nessuna differenza, nemmeno di sesso, fra tutti i cittadini, sono ancora molte le diseguaglianze che affliggono metà della popolazione. L’accesso alla magistratura è stato riconosciuto nel 1963, la legge per le lavoratrici madri n.1204 è del 1971, la riforma sanitaria con l’affermazione della tutela della salute come diritto fondamentale è del 1978, firmata dalla prima donna ministro (e staffetta partigiana), Tina Anselmi. E così via: ci si può dedicare a spulciare normative e anni di difficili applicazioni della Costituzione. Non ancora tutta e del tutto attuata.
«Noi, dunque, vogliamo essere forza viva di ricostruzione morale, e materiale – aggiungeva quel primo giorno di ottobre Anna Guidi Cingolani – e possiamo farlo perché siamo, tutte, lavoratrici: sappiamo tutte l’oscuro sacrificio, lieto sacrificio, del lavoro per la famiglia...». Con grande determinazione dunque non ha temuto toni forti, una rivendicazione del coraggio manifestato dalle italiane, vere patriote: «Il fascismo ha tentato di abbrutirci con la cosiddetta politica demografica considerandoci unicamente come fattrici di servi e di sgherri, sicché un nauseante sentore di stalla avrebbe dovuto dominare la vita familiare italiana. La nostra lotta contro la tirannide tramontata nel fango e nel sangue ha avuto un movente eminentemente morale, per la stessa dignità di donne noi siamo contro la tirannide di ieri come contro qualunque possibile ritorno a una tirannide di domani (…) Ѐl’istinto che ci rende capaci di far incontrare il buon senso col senso comune, che ci fa essere tutrici della pace. Anzitutto pace serena delle coscienze, la pace religiosa, dono di quella libertà che primo e solo Cristo ha portato al mondo. Questa triplice finalità della pace l’Italia di domani la raggiungerà: e noi donne, pur consapevoli della misura precisa delle nostre possibilità, possiamo affermare che la nostra Patria arriverà a collaborare con tutti i popoli del mondo per un superiore incivilimento cristiano, se noi sapremo essere l’anima, la poesia, la sorgente della vita nuova del risorto popolo italiano», (applausi).
Ho voluto dare spazio nella riflessione al testo originale, come da resoconto stenografico, per rendere consapevoli tutti, donne e uomini, di quanto prezioso sia il cammino avviato con il dibattito, prima, e poi con la nostra bellissima Carta costituzionale, che chiede la medesima forza morale e spirituale di quelle 21 intemerate nostre rappresentanti (9 democristiane, 9 comuniste, 2 socialiste, una della lista Uomo Qualunque), non certo “sesso debole”: occorre infatti che diamo continuità al percorso di attuazione e applicazione di diritti e doveri che rispettano ed esaltano la pari dignità di ogni cittadino, e prima ancora di ogni persona. Ci serve ancora il “genio femminile”.
Nella cosiddetta Prima Repubblica le donne parlamentari, poche decine fra democristiane, comuniste e socialiste, hanno portato a termine leggi di attuazione costituzionale, coese e convinte: la riforma del Diritto di Famiglia, la legge sui consultori, l’abrogazione del delitto d’onore, la legge contro la violenza sessuale... Anche nei dibattiti contrapposti non venne mai meno il dialogo. Le donne elettrici sono la maggioranza, le parlamentari oggi sono diverse decine e Giorgia Meloni è presidente del Consiglio. Ma ci manca una loro voce nella partecipazione democratica e civile con lo stesso stile fermo, alto, rispettoso e insieme pieno di senso morale della vita collettiva che traspare dal limpido discorso di Cingolani.

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