Gaza, via libera dell'Onu al piano Trump

Il Consiglio di sicurezza ha approvato la risoluzione Usa. Astenute Russia e Cina
November 17, 2025
Fumata bianca al Palazzo di Vetro su Gaza: con l'astensione di Mosca e Pechino e 13 voti a favore, è passata al primo colpo al Consiglio di Sicurezza dell'Onu la risoluzione Usa che approva il piano di pace di Donald Trump per la Striscia e autorizza una forza internazionale di stabilizzazione per l'enclave palestinese che dovrà anche disarmare Hamas.
L'ambasciatore americano all'Onu. Mike Waltz, ha definito «storica» la risoluzione Usa adottata dall'organismo delle Nazioni Unite. «Sotto la presidenza di Donald Trump gli Stati Uniti continueranno a portare risultati con i nostri partner», ha sottolineato, salutando «l'opportunità di porre fine a decenni di spargimento di sangue e rendere realtà una pace duratura».
Dalla sua approvazione dipendeva l'avvio della fase due del piano, quella più difficile, dopo la tregua, lo scambio dei prigionieri e il parziale ritiro dell'Idf dalla Striscia. Sul voto pesava l'incognita del possibile veto della Cina e della Russia, Paese quest'ultimo che nei giorni scorsi aveva presentato una bozza alternativa che non menzionava la smilitarizzazione di Gaza, si opponeva alla permanenza di Israele oltre la linea gialla, non citava il Board of Peace per l'amministrazione transitoria dell' enclave (presieduto dallo stesso Trump) e affidava al segretario generale dell'Onu il compito di valutare le «opzioni per il dispiegamento della Forza internazionale di stabilizzazione» (togliendole così a Washington). Una linea condivisa anche dalla Cina e dall'Algeria. Ma a premere per il rapido passaggio della risoluzione americana, oltre ai paesi arabo-musulmani più importanti (Qatar, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, Indonesia, Pakistan, Giordania e Turchia), si era aggiunta anche l'Autorità Palestinese, rafforzando le possibilità di una approvazione. Per Mosca e Pechino sarebbe infatti stato difficile opporsi ad un testo sostenuto dalla Palestina e dall'intera regione, oltre che da numerosi Paesi europei. Come volevano le previsioni dell'ultima ora, la risoluzione ha ottenuto la maggioranza dei voti (almeno 9 su 15), con l'astensione di Russia e Cina. Per facilitare il voto di Mosca e Pechino, la bozza di risoluzione era stata rinegoziata. Il testo afferma che gli Stati membri del Consiglio di Sicurezza possono partecipare al cosiddetto Board of Peace (in carica sino al 31 dicembre 2027) e che «le condizioni potrebbero finalmente essere mature per un percorso credibile verso l'autodeterminazione e la statualità palestinese», una volta che l'Autorità Palestinese avrà attuato un programma di riforme e la ricostruzione di Gaza sarà avanzata. Per la forza internazionale di stabilizzazione, formata da Paesi prevalentemente musulmani, resta confermato il compito di garantire un processo di smilitarizzazione di Gaza, incluso il disarmo e la distruzione delle infrastrutture militari di Hamas.
Comprensibile quindi che le critiche più forti fossero arrivate da Hamas e Israele. Un gruppo ombrello di fazioni palestinesi guidate da Hamas aveva pubblicato domenica una dichiarazione contro la risoluzione, definendola un passo pericoloso verso l'imposizione di una tutela straniera sul territorio e sostenendo che la proposta serve gli interessi israeliani. Respinta inoltre qualsiasi clausola relativa al disarmo di Gaza o che leda «il diritto del popolo palestinese alla resistenza». Dal canto suo il premier Benyamin Netanyahu, otto pressione dai ministri di destra del suo governo, aveva ribadito che Israele resta contrario a uno Stato palestinese e aveva promesso di smilitarizzare Gaza «con le buone o con le cattive».
Nel frattempo Israele deve fare i conti con le proteste contro l'evacuazione dell'avamposto illegale di Tzur Misgavi, in Cisgiordania: diversi agenti della polizia israeliana sono rimasti feriti in violenti scontri con i coloni, decine dei quali hanno cercato di barricarsi sul posto «attaccando le forze di sicurezza con il lancio di pietre e barre di ferro, e incendiando pneumatici e veicoli». Altri scontri nel villaggio di Jaba'a, vicino a Betlemme, con incendi a veicoli e abitazioni.

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