domenica 12 marzo 2023
I nuovi dati Istat e quelli di Ashley Madison: crescono separazioni e divorzi. Questioni private? No, anche pesanti costi sociali
L'infedeltà tra marito e moglie è una ferita per tutta la società
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Primi in Europa per infedeltà coniugale. Il dato arriva da una fonte come Ashley Madison, che si autoproclama «piattaforma leader internazionale per chi è alla ricerca di love affaire extraconiugali». Insomma una sorta di megasito per le scappatele che nei giorni scorsi ha pubblicato il suo report annuale 2022 e ha annunciato di aver raggiunto il traguardo degli 80 milioni di “utenti attivi” nel mondo. Il record in Europa, davvero poco confortante, spetterebbe all’Italia con oltre 750mila iscritti e un incremento nel 2022 del 55 per cento, di cui il 65 per cento donne. Quelli di Ashley Madison gongolano: «Si tratta della prova evidente che la non-monogamia si stia trasformando in un desiderio sempre più condiviso».

Sintesi sociologica che si può comprendere, ma certo non condividere, solo alla luce del fatto che per la società in questione al primo posto non c’è l’etica coniugale ma un profitto senza etica per cui più tradimenti non significano sofferenze, problemi, disagi, fallimenti, costi per le famiglie e per la società, ma soltanto maggiori guadagni. E, in questa prospettiva vanno anche letti i dati riportati sopra. In una logica di business, annunciare aumenti record diventa promozione dei propri affari.

D’altra parte che separazioni e divorzi siano in aumento lo certifica anche l’Istat nel report diffuso martedì scorso. Nel 2021, le separazioni sono state complessivamente 97.913 (+22,5% rispetto all’anno precedente), tornando esattamente ai livelli pre-pandemici. Nello stesso anno i divorzi sono stati 83.192, il 24,8% in più rispetto al 2020. Ora, visto che ci si separa e si divorzia in due, significa che nel 2021 oltre 180 mila persone sono state costrette a ufficializzare la fine della loro esperienza coniugale. Non esistono statistiche attendibili sulle ragioni che spingono una coppia a dirsi addio, ma gli avvocati matrimonialisti che maneggiano la questione con altissima frequenza - e a loro volta ne traggono fonte di guadagni cospicui - ritengono che almeno la metà delle separazioni tragga origine, oltre che da una gamma amplissima di incomprensioni di varia natura, anche dalla presenza di un’altra/o nel rapporto di coppia, cioè da un tradimento. Anzi, quasi sempre le incomprensioni superano il limite della conflittualità fisiologica, quando l’equilibrio della reciprocità si spezza per la presenza di una terza persona che alimenta e sollecita, anche implicitamente, le tensioni nella coppia. Ma questa “terza” - o “terzo” - non arriva per caso ma acquista rilevanza giorno dopo giorno, fino a diventare tanto ingombrante da pretendere attenzioni e visibilità prioritarie, perché lui o lei decidono a un certo punto di aprire una breccia nella loro promessa di fedeltà.

Ma quando la coppia scoppia, al di là di quanto affermano le piattaforme che promuovono i tradimenti, non è mai una buona notizia. Se ci fosse la possibilità di farlo, sarebbe interessante misurare la sofferenza per quello che finisce in rapporto alla gioia di ciò che si va a cominciare. In ogni caso si tratta “quasi sempre” di una gioia asimmetrica. L’uno/a la sperimenta ai danni dell’altro/ a. “Sempre” quando ci sono figli. Un coppia che finisce porta con sé una somma di sofferenze personali e familiari, oltre che di costi sociali che dovrebbero far riflettere. Esistono ricerche importanti che documentano come i figli di separati e divorziati manifestino non solo fragilità psicologiche superiori, ma anche una tendenza a sviluppare patologie organiche frutto dello stress originato dalla difficoltà di gestire e sopportare situazioni tutt’altro che agevoli. Disagi che si ripercuotono anche sulla sanità pubblica, con costi che ricadono sulle spalle di tutti. Ma è solo un esempio. In questa gigantesca macchina in cui il rapporto tra tradimenti, fallimenti di coppia, problemi e costi sociali è ormai assodato, le derive sono tantissime. Abbiamo più volte approfondito il fatto che tra le “nuove povertà” ci siano ormai ai primi posti i padri separati. Ma non si può neppure dimenticare la tragedia dei femminicidi, sempre e comunque legati a una conflittualità esasperata e da una sub-cultura del maschilismo in cui l’elemento infedeltà assume proporzioni diverse ma sempre e comunque allarmanti. Un dato che dovrebbe mettere in forse l’atteggiamento di diffusa indifferenza sociale e istituzionale verso i fallimenti di coppia e ci dovrebbe portare a dire che una separazione o un divorzio in più pesano comunque sul corpo sociale in modo difficilmente valutabile ma sempre e comunque grave.

In questa prospettiva il fatto l’85,5% delle separazioni e il 70,9 per cento di divorzi sia avvenuto consensualmente incide solo marginalmente sulla sostanza della questione. La scelta consensuale fa risparmiare, riduce i tempi, limita la conflittualità rispetto al percorso giudiziale, ma non risolve il problema. Papa Francesco in Amoris laetitia sollecita maggiori sforzi per una “pastorale del vincolo”. Stare insieme è scelta personale , ma anche valore sociale. Non stanchiamoci di ripeterlo.

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