domenica 5 aprile 2020
L'Ad di Enel: «Il sistema ha reagito» e l’azienda «sta funzionando bene». Confermati obiettivi e investimenti. L'economia? Rinnoviamo in chiave ecologica l'infrastruttura dell'energia
Francesco Starace, alla guida di Enel dal 2014

Francesco Starace, alla guida di Enel dal 2014 - Enel

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«Ormai sono alla terza settimana di lavoro da casa, ci si abitua. Ci sentiremo strani quando torneremo in ufficio», afferma Francesco Starace, l’ingegnere nucleare dal 2014 alla guida di Enel. L’azienda che rappresenta il 38% dell’energia elettrica venduta in Italia, si è dovuta organizzare rapidamente per evitare che il lockdown mettesse a rischio le forniture. «Abbiamo capito dall’inizio che non sarebbe stata una crisi di 15 giorni, in Italia come in Spagna, Russia, Sudamerica e in tutti i mercati dove operiamo. Avevamo un po’ di esperienza di smart working ma si è trattato di entrare in un’altra dimensione. Siamo partiti spostando sul lavoro da casa tutti coloro che potevano svolgere le attività da remoto, prima in Italia, Europa e Stati Uniti, poi in Sudamerica. Adesso abbiamo più di 37mila persone che lavorano in smart working. Il resto della popolazione Enel, quella operativa su reti e centrali, si occupa di fare funzionare il sistema senza problemi e sono stati organizzati per limitare al minimo le occasioni di contagio. Altri ancora sono a casa in standby, pronti ad attivarsi in caso di necessità».

Un’azienda delle dimensioni di Enel può davvero funzionare gestita "a distanza"?

Sì, per noi è un’esperienza importante. Il sistema regge, ci scambiamo dieci volte il volume di dati rispetto a prima. Abbiamo costruito un sistema di reporting in tempo reale dei parametri operativi fondamentali: consumo di energia, numero di clienti, protezione delle centrali, guasti sulla rete. Questi indicatori ci dicono che Enel sta funzionando bene, in tutti i Paesi in cui lavoriamo il sistema elettrico ha reagito a un cambiamento pazzesco nel modo di funzionare. Non ci sono solo il calo dei consumi business, scesi tra il 20 e il 30%, e l’aumento della domanda domestica. C’è anche il cambiamento del profilo della domanda di elettricità nelle 24 ore, del tutto diverso da quello dei periodi normali: questo richiede alla rete e alle centrali di lavorare in ma- niera differente. Dobbiamo fare in modo che tutto funzioni.

Nonostante siamo diretti verso una recessione globale avete confermato i target così come la distribuzione del dividendo. Enel è immune dalla crisi?

Le utility elettriche sono tradizionalmente anticicliche, sentono solo in parte l’andamento del ciclo economico. Poi è chiaro, nel momento in cui l’economia crolla soffrono tutti, ma c’è sempre bisogno di energia elettrica, non si arriva al momento in cui nessuno accende più la luce… In questa situazione ci siamo concentrati sull’essenziale, mantenere il servizio, tagliando tutto il superfluo. Le faccio un esempio: nelle ultime quattro settimane abbiamo dovuto azzerare viaggi e convention e questo è un incredibile risparmio. Alcuni investimenti, come il cambio dei contatori, sono rinviati. In questo modo salvaguardiamo i risultati a breve termine. Non abbiamo motivo di suonare campanelli di allarme, sarebbe stato facile usare la "scusa'"del coronavirus se avessimo avuto qualche problema nei nostri conti.

In molti, tra politica, sindacato, associazioni dei consumatori, chiedono una moratoria nazionale anche sulle bollette. Che cosa servirebbe ai fornitori di elettricità per rendere sostenibile un’ipotesi di questo tipo?

Una decisione su questo tema spetta all’Autorità per l’energia, è già stato fatto in situazioni drammatiche come nei territori colpiti da terremoti e inondazioni. L’Arera ha anche un fondo dedicato a questo. Di fatto noi abbiamo sospeso i tagli della corrente ai morosi. C’è inoltre spazio per intervenire con intelligenza su situazioni problematiche, come quelle di negozi o ristoranti chiusi a cui arrivano bollette dove i consumi sono nulli ma ci sono gli oneri di sistema. Credo che il governo e l’Arera ci stiano lavorando.

Il crollo delle quotazioni del petrolio sta spingendo molte compagnie che lavorano sugli idrocarburi a tagliare gli investimenti. Questo può portare maggiori risorse allo sviluppo delle fonti rinnovabili?

Noi abbiamo imboccato questa strada da tempo e siccome questa scelta si è rivelata corretta, perché le rinnovabili sono sempre più competitive, acceleriamo lungo il nostro percorso. Per molti governi ed economie il rilancio passerà proprio dal rinnovo in chiave ecologica dell’infrastruttura dell’energia. In Europa abbiamo il Green Deal che è una grande opportunità, e non perché il petrolio costa poco.

Prima della pandemia gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite erano diventati la priorità per molte grandi aziende. Enel, in questo, aveva anticipato i tempi. La crisi sanitaria ed economica rischia di cambiare l’agenda?

Non penso: con il Covid-19 emerge in modo molto forte come siamo tutti legati, tutti interdipendenti. Quello che succede in un Paese ha ripercussioni sugli altri come nel caso di questa pandemia mondiale, non c’è lezione migliore di sostenibilità planetaria. Sento dire che la globalizzazione è finita ma non sono d’accordo. Penso anche che il mondo finanziario cavalcherà con ancora più determinazione la sostenibilità a crisi finita, perché ha bisogno di trovare un appoggio solido.

Quali altre lezioni possiamo trarre da quanto sta accadendo?

Tutti quanti, più o meno consciamente, stiamo facendo un corso intensivo di digitalizzazione e stiamo imparando un molte cose sul nostro lavoro e sulle possibilità di essere più efficienti grazie alla tecnologia. Stiamo facendo un salto in avanti di 2 o 3 anni come rapporto con il digitale. Personalmente ho scoperto anche che il digitale aiuta ad ascoltare di più, ad avere più attenzione. Negli incontri personali a volte prevale chi è più estroverso, chi parla più forte, il digitale mitiga questi aspetti e consente a tutti di farsi sentire. Dovremo mantenere questo valore dell’ascolto anche quando saremo tornati alla normalità.

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