sabato 24 ottobre 2020
Addio all’utilizzo dello smart working per sette aziende su dieci. Il 17,8% del campione intende assumere
Alcuni risultati dell'indagine

Alcuni risultati dell'indagine - Confimi

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Il recupero del fatturato perso a causa del Covid-19 non è per tutti dietro l’angolo e di certo non avverrà con l’arrivo della prossima primavera, ovvero a un anno esatto dal blocco. È quanto emerge dall’indagine di Confimi Industria, confederazione del manifatturiero italiano, condotta nei giorni scorsi ai propri associati. Tempi di recupero più lenti quindi rispetto alle previsioni dell’Istat per oltre sei industriali su dieci. E se il 13% degli stessi dichiara di aver già recuperato il fatturato perso nelle settimane di blocco, c’è un 21% del campione che si sente ottimista e, guardando all’andamento del secondo semestre dell’anno, crede di chiudere il 2020 senza particolari scostamenti rispetto all’anno precedente. Ottimismo che cresce di dieci punti percentuali per gli imprenditori del Sud: fatturato in linea quindi per oltre il 30% delle imprese del Mezzogiorno.

Il Centro Studi di Confimi Industria è tornato infatti a interrogare il suo campione – circa 1.000 aziende – appartenenti per lo più ai settori della metalmeccanica, dell’alimentare, del settore edile e dei servizi, con in media fino a 30 addetti e un fatturato annuo che nella maggior parte dei casi si attesta sui 10 milioni di euro.

Tra i quesiti dell’indagine non potevano mancare quelli sull’occupazione, a partire dall’utilizzo di ammortizzatori sociali e lavoro da casa.

Quasi il 40% (39,8%) degli industriali ha ancora in attivo gli ammortizzatori sociali coinvolgendo poco più del 35% (35,6) del personale in forza. Percentuali che crescono nelle regioni del sud Italia: Cigo e Cigs sono attivati da oltre il 50% delle pmi e arrivano a coinvolgere il 48% dei dipendenti.

Addio all’utilizzo dello smart working per sette aziende su dieci. E se dalle precedenti indagini era già emerso che un buon 15% non aveva optato per il lavoro agile, oggi solo il 17% degli industriali ha ancora personale che lavora da remoto e, di questi, solo il 25% prevede che lo smart working possa in un prossimo futuro diventare una reale modalità di lavoro. Complice anche il settore di appartenenza, gli imprenditori di Confimi Industria prevedono smart working per i soli reparti di amministrazione e marketing.

In decisa controtendenza le previsioni sull’eventuale riduzione dell’organico una volta superato il blocco dei licenziamenti in vigore fino al 31 dicembre: il 72,7% degli industriali infatti manterrà invariato il proprio livello occupazionale.

Riduzione, e fino a un massimo di cinque unità, per il 9,5% delle imprese rispondenti, mentre il 17,8 del campione ha dichiarato di avere in previsione perfino nuove assunzioni. Percentuale che cresce e arriva al 21% per il settore della meccanica.

Non ci sono invece buone nuove sul versante del credito: un imprenditore su due ha usufruito delle misure per il credito e più dell’8% sta ancora aspettando di accedervi. L’interesse degli imprenditori del manifatturiero si è concentrata per lo più nelle richieste dei 30mila euro (nel 45% dei casi) e in quelle da 800mila (42%), mentre solo il 13% delle imprese ha fatto richiesta per il credito di importo superiore.

Capitolo a parte quello degli investimenti strutturali. Nonostante gli innumerevoli progetti presentati dal governo e dai ministeri per valorizzare i fondi del Recovery Fund, gli imprenditori di Confimi Industria hanno espresso preferenze nette, decretando un loro podio tra i progetti stilati dal Ministero dello Sviluppo Economico: intervenire sul credito di imposta per una produttività sostenibile (che ha trovato il favore di quasi il 40% degli imprenditori intervistati), un piano di incentivazione per la ripresa e la resilienza del settore dei servizi avanzati e le industrie innovative, (29,5%) e un progetto di specializzazione intelligente del sistema Paese e del made in Italy (29,3).

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