martedì 23 gennaio 2024
Non solo sviluppatori, ma anche esperti del suono e degli effetti visivi. Mentre il gaming viene applicato alla formazione, alla selezione del personale e ai colloqui di lavoro
Uno sviluppatore di un videogioco

Uno sviluppatore di un videogioco - Archivio

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Secondo un'analisi condotta da Bain & Company dal titolo Italian Gaming market: solid foundation and compelling value creation opportunities, il settore presenta una tendenza positiva per i prossimi anni, con tassi di crescita superiori al 10%. Questo trend è prevalentemente guidato dall'espansione dell'on line e dall'aumento di giocatori digitali e multicanali. «Stiamo assistendo a un cambio di paradigma nell'interazione delle nuove generazioni con la tecnologia e l'intrattenimento. I videogiochi hanno dimostrato di essere un settore in costante evoluzione e adattamento, aprendo le porte a nuove opportunità professionali, soprattutto nel campo tecnologico e digitale», spiega Alberto Sala, Head of Technology Division di Robert Walters Italia. Proprio in base a uno studio condotto dalla società di consulenza, ricerca e selezione del personale, emerge che in Italia vi sono oltre 20mila professionisti operanti nel settore del gaming. La maggioranza di essi (circa il 75%) è rappresentata da figure maschili, e i loro profili risultano essere scarsi sul mercato del lavoro, rendendoli pertanto una risorsa di difficile attrazione per le aziende.

La maggior parte delle opportunità lavorative nel settore sono rivolte a figure come i game developer, gli ingegneri del software e gli artisti degli effetti visivi. A queste posizioni si aggiunge un crescente interesse per ruoli come artisti 3D, game designer e artisti concettuali. Cosa ricercano questi professionisti? Apprezzano particolarmente le aziende che offrono un pacchetto di compensation & benefit accattivante (65%), il sostegno aziendale per garantire un equilibrio tra vita personale e professionale (64%), la flessibilità lavorativa (51%) e la presenza di colleghi motivati e ispiratori (39%), tra altri aspetti. «Da parte delle aziende, queste richiedono profili con competenze tecniche e creative incentrate sull'innovazione. Avere una stretta collaborazione tra le esigenze dell'industria e il piano formativo offerto dalle università e dalle scuole di business è essenziale per sfruttare al massimo il potenziale di crescita di questo settore. Come esperti nella selezione di talenti specializzati, abbiamo visto il potere che ha la passione per i videogiochi nel promuovere la carriera professionale: coloro che dimostrano dedizione e abilità uniche possono trovare un terreno fertile per la crescita professionale in questa industria in costante espansione. L'incremento della popolarità dei giochi per dispositivi mobile, l'adozione della tecnologia 5G e gli investimenti, sia a livello nazionale che internazionale, fungono da motori chiave per questa crescita continua. Questo fenomeno non solo stimola l'economia e l'occupazione, ma arricchisce anche il panorama dell'intrattenimento per milioni di persone», conclude Sala.

ll settore dei videogiochi si presenta, dunque, come una forza trainante dell'innovazione e dell'occupazione, con una prospettiva di crescita significativa nel contesto italiano e internazionale. L'impegno delle aziende nell'offrire un ambiente di lavoro attraente, in grado di rispondere alle aspettative dei talenti del settore, diventa sempre più essenziale. In questo scenario in continua evoluzione, il contributo dei videogiochi non solo si traduce in successo economico e occupazionale, ma arricchisce anche la vita di milioni di appassionati, consolidando il settore come uno dei pilastri culturali e economici del futuro.

Il gaming aiuta a trovare lavoro

In Italia, il gaming fornisce alla Generazione Z soft skill utili per entrare nel mondo del lavoro e nel percorso di carriera. È quanto emerge da uno studio commissionato da YouTube a Censuswide, sul ruolo del gaming nello sviluppo delle competenze professionali delle nuove generazioni. Non più solo gioco da ragazzi, il gaming è una risorsa preziosa ancora sottovalutata. L’indagine evidenzia che il 69% dei recruiter italiani sarebbe favorevolmente colpito se si menzionasse la passione per il gaming nel proprio cv o durante il colloquio di lavoro. Non solo, secondo il 52% degli stessi il gaming renderebbe più facile trovare un’occupazione. E ben il 64% si è dichiarato più propenso ad assumere un appassionato di gaming, capace di parlare delle competenze sviluppate attraverso lo stesso. Secondo l’indagine di Censuswide, il 64% dei recruiter intervistati afferma di aver lavorato con gamers e ritiene che riescano spesso a trasferire le competenze apprese nel gaming sul posto di lavoro.

Nello specifico: pensiero strategico (afferma il 42% dei recruiter), problem solving (39%) e attitudine a mantenere la calma sotto pressione (36%) sono doti più probabili tra chi vanta il gaming come hobby; problem solving (secondo il 41% dei recruiter), una buona capacità comunicativa (39%), capacità di adattamento (34%) e di mantenere la calma anche sotto pressione (34%) sono tra le competenze più utili quando si tratta di rendere qualcuno un buon candidato per il loro primo lavoro. Doti intrinseche in chi si dedica al gaming, secondo gli esperti, poiché in grado di muoversi in circostanze in continuo cambiamento e a rapportarsi in modo efficace con gli altri membri del team di gioco. Tuttavia, il 90% dei giovani intervistati (18-26 anni) considera il gioco un hobby (90%), il 49% afferma di giocare regolarmente, il 40% di giocare occasionalmente. E il 40% di essi menzionerebbe questa passione nel cv, in quanto occasione di parlare delle competenze acquisite. A tal proposito, i giovani intervistati sostengono che chi gioca ha fatto proprie doti come pensiero strategico (43%), problem solving (37%) e capacità di mantenere la calma sotto pressione (33%), mentre il 57% concorda sul fatto che fruire di contenuti legati al gaming su YouTube li aiuta a migliorare competenze come il pensiero strategico, la risoluzione dei problemi e il mantenimento della calma sotto pressione. Giochi di strategia, giochi di simulazione aziendale e videogiochi strategici in tempo reale emergono tra i cinque principali generi di giochi che aiutano a sviluppare competenze utili in ambito lavorativo. Nonostante questo, solo il 32% dei giovani intervistati ritiene che recruiter e datori di lavoro percepiscano il gaming favorevolmente e solo quattro intervistati su dieci menzionerebbe i propri hobby nel proprio curriculum vitae, con l’opportunità di parlare delle skill acquisite. Solo il 22% degli intervistati della Gen Z (età 18-26 anni) ritiene che il gaming offra loro maggiori possibilità di sviluppare competenze utili sul posto di lavoro.


La formazione nell'industria dei videogiochi

A dare un'indicazione del valore dell'industria dei videogiochi sono i dati di Iidea, l’associazione di categoria, secondo cui il mercato globale ha un valore di 184 miliardi di dollari (2022), che diventeranno 211,2 nel 2025. Sono oltre 14 milioni, invece, gli utenti attivi, i professionisti sono aumentati del 50% e cresce l'export nei mercati extra-europei. È consapevole di questa evoluzione in atto Sae Institute, accademia per la formazione nei creative media, presente da oltre 25 anni a Milano e con altri 29 campus in Europa, che ogni anno forma numerosi studenti nei corsi in Game Design e Game Art, oltre che Music Business, Produzione Audio e Produzione Cinetelevisiva e Nuovi Media. Il corso in Game Design, ha una durata di tre anni e richiede per l’accesso un diploma di scuola secondaria superiore o equivalente. Gli studenti che frequenteranno tale corso avranno la possibilità, una volta terminato, di intraprendere carriere professionali nei ruoli di Game Designer, System designer (Gameplay designer), Level designer, UI designer, Narrative Designer e di diventare quindi parte integrante del processo di ideazione, creazione e sviluppo di un videogioco. Il corso di Game Art, sempre della durata di tre anni, spazia tra diverse aree disciplinari, dal modelling in 2D e 3D al visual design, passando per l’apprendimento del motore grafico Unreal Engine, la cui ultima versione è stata rilasciata nell’aprile 2022. Gli studenti che intraprenderanno questo percorso avranno l’occasione di entrare in contatto con aziende e professionisti del settore e potranno, terminati gli studi, diventare Unity 3D Expert, Unreal Engine Expert, Technical and Illumination Artist, ma anche 2D/3D Artist, Modeler e Texturer. Entrambi i corsi hanno il primo anno in comune, cosa che permette di acquisire una conoscenza di base di tutte le componenti di un videogioco e avvicina gli studenti e le studentesse di al mondo del lavoro.

«Quando si parla di videogame - commenta Claudia Molinari, creative producer e co-fondatrice assieme a Matteo Pozzi del pluripremiato game design studio We Are Muesli, nonché entrambi docenti Sae - si tende sempre a pensare a chi i giochi li gioca e non a chi li progetta e produce, e in generale a chi contribuisce alla loro creazione. Eppure le professioni dietro a questo mondo sono svariate, dalle più note come game designer (semplificando, chi progetta le “regole del gioco”), game artist (chi ne cura la grafica) o game developer (chi lo sviluppa tecnicamente), a quelle via via più specializzate come level designer, puzzle designer, character designer, producer, tech artist o addirittura a quelle a cui nell’immaginario collettivo non si pensa nemmeno: chi si occupa del voice over o della colonna sonora di un videogame, ma anche del visual design o della sceneggiatura, che nei videogame è più complessa che in altri ambiti perché spesso necessita sia di un game writer che di un narrative designer e così via. Bisogna incominciare a comprendere quanto lavoro questa industria crea e può creare in Italia, anche grazie alle realtà di formazione che accompagnano i più giovani alla sua scoperta». Per scoprire tutti i corsi di Sae Institute Milano: https://www.sae.edu/ita/.

Il colloquio diventa una sfida

Cambiare le regole del gioco (nel vero senso della parola) del mondo del recruiting portando la gamification, ovvero l'utilizzo di elementi derivati dai giochi e delle tecniche di game design in contesti non ludici, per trovare, selezionare e assumere talenti in ambiti altamente specializzati del digital e tech. È questa la filosofia alla base della tecnica di selezione che i "cacciatori di teste" di Oliver James (www.oliverjames.it), società di recruiting che ha sviluppato un approccio alla ricerca del personale con al centro persone e dati, stanno sperimentando con successo dall’inizio del 2022. Una soluzione efficace che permette di ridurre i tempi di selezione (che diminuiscono in media di oltre il 30%), migliorare l’attrattività del brand dell’azienda (mediamente del +20%) e, al recruiter, di valutare più facilmente come i candidati siano in grado di muoversi all’interno del potenziale ruolo di atterraggio in azienda attraverso il gioco, in modo da capire molto più velocemente da un lato le loro hard skill, dall’altro anche il comportamento che poi il lavoratore potrà avere anche all’interno dell’azienda che lo assumerà, nonché l’allineamento culturale ai valori dell’azienda.

«Ovviamente per ogni singola selezione viene creato un contesto di gioco preciso, attraverso l’utilizzo di domande scritte sotto forma di questionario ma anche giochi logici ed enigmi iper-tecnici e su tematiche altamente specialistiche, da risolvere in pieno stile gaming, singolarmente ma anche in gruppo – sottolinea Edoardo Caselle, responsabile progetti speciali di Oliver James –. Vengono studiate e messe in pratica situazioni di gioco specifiche che possano mettere in risalto le hard skill, ovvero le qualità tecniche dei candidati per lo specifico ruolo che poi andranno a ricoprire in azienda. Per esempio per selezionare un It developer verrà creato un gaming sulle competenze di coding o sulla conoscenza dei framework principali o sulla review di specifiche stringhe di codice; così come per un esperto Seo testeremo con domande e sfide le competenze di analisi web, link building e ottimizzazioni web e Serp. A oggi applichiamo questa tipologia sperimentale di approccio al colloquio nel 25% dei casi, ma considerato i riscontri positivi che stiamo avendo, pensiamo di adottarlo in gran parte dei nostri progetti specialistici».

Al netto dei rompicapo più o meno difficili da risolvere, gli esperti di talent acquisition hanno visto come anche alcune semplici risposte date a domande, a volte, banali, come – “Per una serata con gli amici dove preferiresti andare a divertirti?” oppure “Durante le feste natalizie, se dovessi essere invitato a cena, cosa porteresti per fare bella figura?” o ancora “Se potessi lavorare in smartworking ovunque nel mondo, dove vorresti andare?” - riuscivano a far emergere un quadro valutativo del candidato molto più preciso e a far emergere più facilmente anche le loro soft skill, in quello che gli esperti di Oliver James definiscono “assessment culturale”. «Abbiamo iniziato a utilizzare questa tipologia di selezione con una nostra azienda partner come primo esperimento per poi espanderla in altri contesti di recruiting. È stata una soluzione che ha portato grandi soddisfazioni, da un lato per i candidati che hanno trovato particolarmente stimolante non doversi sottoporre al classico colloquio e dall’altro per le aziende che proprio grazie all’applicazione ludica al processo di selezione hanno potuto scovare il talento che si adattasse maggiormente al ruolo che stavano cercando – dichiara Pietro Novelli, Country Manager Italia di Oliver James –. Dalle nostre rilevazioni abbiamo potuto constatare come tutto il processo di selezione abbia beneficiato dell’introduzione della gamification. In particolare la valutazione delle attitudini dei candidati è risultata essere molto più precisa e accurata da parte dei recruiter mettendo in risalto nei talenti le capacità di problem solving. Tutto questo si è tradotto in una scrematura iniziale dei candidati che si è velocizzata del 30%, riducendo poi il monte ore dei valutatori dell’azienda cliente, che si traduce rapidamente in un beneficio economico».




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