Il marketing della politica

Fateci caso, da anni per ogni nuova campagna elettorale si è soliti dire che quella in corso è la peggiore degli ultimi anni. Io credo di sapere quando è cominciato questo tormentone, ve lo dico alla fine, e di sicuro non fa eccezione l’attuale agone politico, più vicino alle dinamiche dei like che alla nobiltà del confronto su idee e programmi. Neanche l’emergenza ambientale è riuscita a far breccia nelle promesse di chi si candida a rappresentare il nostro Paese al Parlamento Europeo, anzi. C’è chi bullizza Greta Thunberg invitandola a tornare a scuola, rivolgendosi direttamente a lei in lingua inglese, dall’alto dei suoi manifesti di sei metri per tre, e chi imbraccia un fucile puntato direttamente sulla faccia del potenziale elettore per ricordare che sparare agli animali è un diritto della nostra specie da portare all’attenzione della Comunità Europea. Ma il colpo di classe del fuciliere nostrano è tutto pubblicitario visto che porta lo stesso cognome di una nota azienda di munizioni del lecchese, riuscendo quindi a promuovere se stesso e l’impresa di famiglia all’interno dello stesso poster.
C’è del genio anche a sinistra, con l’invito a ignorare il generale-scrittore, incuranti di una delle più elementari regole della programmazione neuro-linguistica, una di quelle cose che conoscono anche i sassi e che sono venute a noia anche a chi scrive i “lo sapevi che” della Settimana Enigmistica. Se dici di non pensare a un elefante, otterrai l’effetto diametralmente opposto, non serve conoscere i manuali di PNL, basterebbe leggere il best-seller di George Lakoff intitolato proprio a quel povero elefante che vorrebbe tanto essere ignorato e che invece viene continuamente preso come modello cognitivo per spiegare come funziona il nostro cervello. Peraltro il celebre saggio recentemente ripubblicato con una bellissima prefazione di Carofiglio, porta in dote un sottotitolo che solo questo avrebbe dovuto far riflettere sull’ingenuità dell’invito a ignorare gli provoca scientemente la scena mediatica: “Come riprendersi il discorso politico. Le tecniche per battere la destra e reinventare la sinistra, a partire dalle parole che usiamo ogni giorno”.
Ecco, le parole, in politica, come nella comunicazione, sono tutto quello che abbiamo. Più dei meme, delle foto al tavolo da biliardo, dei blabla che fanno il verso ai format tv o degli slogan parossistici di chi si candida al Parlamento Europeo promettendo “meno Europa”. Sulle parole dovrebbe basarsi la pubblicità civile, che se non è civile quella politica, per quale motivo dovrebbe esserlo quella del mercato? Forse perché da qualche anno le due cose sono perfettamente sovrapposte, come viene scritto nelle 192 pagine di “Chi mi ama mi voti”, appena pubblicato da Guerini Editori. Uno dei due autori è un esperto di marketing, l’altro di politica, appunto. Leggetelo, vale la pena, anche solo per scoprire quando, e perché, abbiamo cominciato a vedere le peggiori campagne elettorali degli ultimi anni.
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