lunedì 19 luglio 2021
Il caso Milano, con un prete ai domiciliari, non intacca lo sforzo della Chiesa per prevenire e tutelare. Sono diventati 219 i Servizi diocesani per proteggere i piccoli
Minori e abusi, la rete raddoppia
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Il caso Milano, la terribile sensazione che nella Chiesa italiana, sul fronte abusi ai minori, tutto sia rimasto immutato. Coprire, nascondere, fingere che non sia successo nulla. Non è così. Anzi, è esattamente il contrario. Soprattutto negli ultimi due anni, con l’approvazione delle “Linee guida per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili” approvate dalla Cei il 24 maggio 2019, lo scenario è completamente mutato e racconta di un impegno davvero totale per creare una rete quanto più possibile efficace sul fronte della prevenzione e della formazione.

Non solo, come dimostra anche il comunicato diffuso venerdì dall’arcidiocesi di Milano, in cui si dava notizia dell’arresto di don Emanuele Tempesta e si offriva alla magistratura tutta la collaborazione possibile, la logica è ormai quella della trasparenza e di un impegno in campo aperto, senza reticenze o difese d’ufficio. Per rendersene conto basta dare uno sguardo ai numeri, che non sono mai opinioni. Il Servizio nazionale per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili – l’organismo voluto dai vescovi italiani – comprende oggi 16 Servizi regionali con 16 coordinatori e 16 vescovi incaricati. Sono poi stati istituiti 219 Servizi diocesani per la tutela dei minori (su 226 diocesi): un nuovo ufficio pastorale diocesano, con compiti molto specifici. In alcune diocesi sono sorti anche i centri di ascolto, con responsabili diversi dai referenti diocesani.

Certo, come tutte le realtà umane, anche queste rete costruita con dedizione e pazienza dall’arcivescovo di Ravenna-Cervia, Lorenzo Ghizzoni, che presiede il Servizio nazionale, e dagli altri esperti che ne fanno parte, non è perfetta. Va ancora estesa alle poche comunità che ne sono prive e, allo stesso tempo, vanno messi a punto meccanismi di tutela più efficaci. Poi – secondo le indicazioni del Papa – vanno migliorati i meccanismi di selezione dei candidati e di formazione dei seminaristi e dei sacerdoti.

«Possiamo dire di aver avviato un processo di sensibilizzazione e di responsabilizzazione che – osserva l’arcivescovo Ghizzoni –, pur rallentato dalle restrizioni dovute al Covid, trova concretezza in sussidi e programmi di informazione e formazione, con decine di incontri, di tutti gli operatori pastorali, chiamati a collaborare per assicurare un ambiente più sicuro e protetto per i minori e le persone più vulnerabili che frequentano le nostre strutture». Questo impegno, rivolto «presbiteri, consacrati, diaconi, catechisti, animatori, allenatori, volontari, genitori, richiederà diverse tappe e tempi che obbligatoriamente non saranno brevissimi.

Quando tutto questo meccanismo sarà perfettamente funzionante, ben oliato e costantemente funzionante, potrà evitare gli abusi? «Non possiamo pensare di cancellare il peccato dal mondo – sorride il presidente del Servizio tutela minori – ma certamente l’obiettivo è quello di una prevenzione quanto più tempestiva e capillare possibile degli abusi di potere, di coscienza e sessuali nelle nostre Chiese locali, negli Istituti di vita consacrata, nelle associazioni e nei movimenti. Immaginare però che tutti gli abusi verranno eliminati sarebbe puerile. Anche perché esistono situazioni umane che sfuggono alla selezione più attenta e al miglior programma di formazione».
Questo non vuol dire che la Chiesa italiana non continuerà nel suo impegno a tutela dei minori a rischio abusi e dei loro familiari. Anzi gli sforzi saranno raddoppiati. La nomina dei referenti diocesani – 56 donne e 47 uomini, in prevalenza professionisti preparati in campo giuridico, psicologico, medico-psichiatrico, assistenziale, educativo, e 123 presbiteri o religiosi – rappresenta un grande passo in avanti per estendere in maniera capillare su tutto il territorio, una rete ben strutturata per la protezione dei minori e per la sensibilizzazione sul tema.

Quale sarà il compito di questi esperti? «Innanzi tutto – riprende l’arcivescovo Ghizzoni – quello di far crescere la conoscenza delle drammatiche conseguenze degli abusi e poi proporre azioni per prevenirli, diffondere la cultura del rispetto dei minori e delle persone vulnerabili, del loro corpo e della loro anima». Per tutti questi referenti, e per i responsabili dei centri di ascolto, sono già iniziati da oltre un anno vari di formazione e di confronto a livello regionale o diocesano, soprattutto online. Altro momento importante sarà la Giornata nazionale di preghiera per le vittime e i sopravvissuti agli abusi, per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili che sarà celebrata il prossimo 18 novembre e che, tra gli altri obiettivi, «vuol diventare – conclude Ghizzoni – anche un’occasione per fare crescere la coscienza e la responsabilità del popolo di Dio nei confronti dei ragazzi e degli adolescenti affidati alla nostra custodia».

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