sabato 24 febbraio 2024
I continui appelli per il popolo ucraino, la missione del cardinale Zuppi, l’invio di aiuti, le iniziative di preghiera: così il Pontefice porta avanti la sua “mediazione spirituale”
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Fin dal primo momento papa Francesco è sceso in campo per cercare di fermare la guerra iniziata con l’invasione russa in Ucraina. Con parole, preghiere e gesti. In prima persona e attraverso i suoi collaboratori. Della segreteria di Stato, di altri dicasteri della Santa Sede, delle nunziature interessate. Nominando anche un suo inviato speciale nella persona del cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, che in questa veste è andato a Kiev e a Mosca, a Washington e a Pechino.

Francesco entra subito in azione. Era la mattina del 25 febbraio 2022 quando si è recato nella sede dell’ambasciata della Federazione russa presso la Santa Sede per manifestare la sua preoccupazione per lo scoppio della guerra. Un gesto senza precedenti da parte di un Pontefice. Qualche giorno dopo, è il 16 marzo, il vescovo di Roma ha un colloquio telematico con il patriarca di Mosca e di tutta la Russia, Kirill, insieme per «fermare il fuoco» della guerra, motivati «dalla volontà di indicare, come pastori del loro popolo, una strada per la pace». Nel corso dei mesi poi Francesco ha diversi colloqui telefonici con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che riceve in udienza nel maggio 2023. Con Vladimir Putin questo non sarà possibile. Come non sarà possibile realizzare il sogno di visitare Mosca e Kiev.

Oltre e forse più che nell’azione, Francesco confida nella preghiera. Da subito prega e invita a pregare per la pace e per la «martoriata» Ucraina. Lo fa in ogni occasione. Sempre in occasione degli Angelus domenicali o alle udienze del mercoledì. Non solo. Convoca più volte delle Giornate di preghiera. Lo fa già 26 gennaio 2022, quando la guerra non è iniziata ma sembra ormai imminente. Quindi il 2 marzo successivo. È il Mercoledì delle ceneri e Francesco chiede ai fedeli di «sentirsi tutti fratelli» per «implorare da Dio la fine della guerra». La stessa supplica il Pontefice la rivolge il 25 marzo 2022 alla Madre di Dio, presiedendo nella Basilica di San Pietro la celebrazione della penitenza, con l’atto di consacrazione al Cuore immacolato di Maria. Un’altra Giornata di penitenza, digiuno e preghiera viene convocata il 17 ottobre 2023, con Francesco che continua ad implorare l’aiuto della Vergine invocata come Madre di misericordia e Regina della pace.

La preghiera e l’azione di Papa Francesco si inseriscono nel solco dei suoi predecessori, che nel corso dell’ultimo secolo si sono spesi senza risparmio per la causa della pace. E come loro ha dovuto affrontare anche critiche e incomprensioni. Benedetto XV fu ostracizzato da tutte le parti in causa per la denuncia dell’«inutile strage» del primo conflitto mondiale. Pio XII, nonostante tutti i suoi tentativi per evitare la seconda guerra mondiale, è stato messo sul banco degli accusati per i suoi silenzi. Anche Giovanni Paolo II non fu ben visto dalle potenze occidentali quando si oppose alle due guerre del Golfo, paventandone profeticamente le ricadute negative. A Francesco non sono mancate critiche, anche da parte ecclesiale, per una sua mancata denuncia esplicita delle responsabilità russe. E questo nonostante il suo continuo riferirsi alla «martoriata Ucraina» e senza tener conto che la Santa Sede storicamente è molto attenta a usare un linguaggio che le permetta di mantenere aperti tutti i canali utili a raggiungere la pace o almeno la cessazione di un conflitto.

La Santa Sede, appunto. Francesco ha da subito messo a disposizione tutto il suo “governo” per alleviare le sofferenze del popolo ucraino e per cercare di iniziare un percorso di pace. Così due cardinali, l’elemosiniere di Sua Santità Konrad Krajewski, e il prefetto del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale Michael Czerny, sono stati inviati dal Papa in Ucraina come suoi rappresentanti per portare solidarietà e aiuti ai profughi e alle vittime della guerra. E mentre il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin coordina gli sforzi della diplomazia pontificia, l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, “ministro degli esteri” vaticano, si reca in Ucraina nel maggio 2023 e visita Vorzel, Irpin e Bucha dove prega davanti alla fossa comune nei pressi della chiesa ortodossa di Sant’Andrea.

Gli sforzi del Pontefice per la fine del conflitto culminano con la missione di pace del cardinale Zuppi, che nel 2023 effettua quattro viaggio in qualità di inviato speciale del Papa. A inizio giugno in Ucraina – dove incontra Zelensky -, a fine giugno in Russia, a luglio negli Stati Uniti – dove viene ricevuto alla Casa Bianca dal presidente Joe Biden – e a settembre in Cina. Il filo rosso di questa missione è quello di papa Francesco in questi due anni: la speranza di riuscire a unire gli sforzi per favorire il dialogo e trovare percorsi che portino alla pace.

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