mercoledì 30 settembre 2020
Al meeting sulla libertà religiosa organizzato dall'Ambasciata Usa presso la Santa Sede, Gallagher ai giornalisti: "A così alti livelli di ufficialità si negozia l’agenda in privato"
Il segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati, arcivescovo Paul Richard Gallagher, stamani al simposio sulla libertà religiosa organizzato a Roma dall'Ambasciata Usa presso la Santa Sede

Il segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati, arcivescovo Paul Richard Gallagher, stamani al simposio sulla libertà religiosa organizzato a Roma dall'Ambasciata Usa presso la Santa Sede - Reuters

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Per il segretario di stato statunitense Mike Pompeo i primi contatti con la diplomazia vaticana nella sua permanenza romana non sono andati nel migliore dei modi. Un anno fa, proprio di questi tempi, il "ministro degli esteri" del presidente Donald Trump arrivò a Roma, partecipò ad un Convegno sulla dignità umana promosso dalla sua ambasciata ed ospitato in Vaticano dove venne ricevuto da Papa Francesco e dai vertici della Segreteria di Stato. Quest’anno le cose sono andate diversamente. Il Simposio promosso dall’ambasciatrice Usa Callista Gingrich sulla libertà religiosa non si è tenuto nel Palazzo apostolico, ma in un albergo. E soprattutto niente udienza papale.

A fare la differenza questa volta sono stati due fattori. La «sorpresa» vaticana per un articolo firmato dallo stesso Pompeo su First Things in cui si chiedeva al Vaticano di non rinnovare l’Accordo parziale sulle nomine episcopali siglato due anni fa in scadenza ad ottobre, affermando che altrimenti la Santa Sede «metterebbe in pericolo la sua autorità morale». E il fatto che in America siamo in piena campagna elettorale e la Santa Sede non vuole che una visita in Vaticano, e al Papa, possa essere in qualche modo strumentalizzata in chiave politica.

Oggi al Simposio promosso dall’Ambasciata Usa presso la Santa Sede Pompeo ha tenuto la sua relazione ribadendo nella sostanza quanto scritto sulla rivista. «Da nessuna parte al mondo la libertà di religione è così in pericolo come in Cina», ha detto. Aggiungendo: «Chiedo a ogni leader di fede di trovare il coraggio di ergersi contro la persecuzione religiosa contro le proprie comunità e quelle di altre fedi».

Presenti al Simposio anche il cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin e il "ministro degli esteri" vaticano, l’arcivescovo Paul R. Gallagher, Segretario per i rapporti con gli Stati. Entrambi, parlando con i giornalisti a margine dell’evento, hanno riposto per le rime alle affermazioni del capo della diplomazia Usa.

«Sì, e questa è proprio una delle ragioni per cui il Papa non incontrerà il segretario di Stato americano Mike Pompeo». Così Gallagher ha risposto all’Ansa alla domanda se la stessa mossa di organizzare unilateralmente il simposio non significhi una strumentalizzazione del Papa mentre il presidente Trump è alle battute finali della campagna elettorale.

Da parte sua il cardinale Parolin, alla domanda se temesse un uso politico dell’iniziativa, con linguaggio più sfumato ma sostanzialmente simile, ha dichiarato: «È stata data questa interpretazione, cioè quella per cui questa uscita sarebbe finalizzata soprattutto alla politica interna americana. Io non ne ho le prove ma è un pensiero che si può fare».

E alla domanda se Pompeo aveva chiesto di vedere il Papa, Parolin ha risposto: «Lo aveva chiesto, ma il Papa aveva già detto chiaramente che non si ricevono personalità politiche nell’imminenza delle elezioni, non c’entrano niente le successive dichiarazioni che sono state fatte. D’altra parte il Segretario di Stato incontra il suo omologo e il Segretario dei rapporti con gli Stati, e ha modo di manifestare ai vertici della Santa Sede il suo pensiero e la sua posizione».

Al cardinale Parolin poi è stato chiesto poi se c’era irritazione da parte della Santa Sede per l’articolo di Pompeo su First Things. «Irritazione non direi - ha riposto il porporato -, sorpresa sì per questa uscita che non ci aspettavamo anche se conosciamo bene da molto tempo la posizione di Trump e del segretario Pompeo in particolare».

«E sorpresa - ha aggiunto - anche perché era già in previsione una visita a Roma in cui Pompeo avrebbe incontrato dei vertici della Santa Sede, e ci sembrava quella la sede più opportuna e più adatta per parlare di queste cose e lo faremo: ci incontreremo domani, giovedì, e ci sarà modo di confrontarci su queste tematiche».

A chi gli ha fatto osservare che First Things è una rivista notoriamente critica del pontificato di Francesco, Parolin ha replicato: «E’ significativo anche il luogo dove si pubblicano gli articoli. Sappiamo che l’interpretazione viene non solo dal testo ma anche dal contesto. E quindi il contesto dice già qualche cosa circa le intenzioni di chi ha scritto questo articolo e lì l’ha pubblicato».

Il più stretto collaboratore del Papa infine ha ribadito che la decisione di dialogare con Pechino fino ad arrivare ad un Accordo sulla nomina dei vescovi deriva da «una riflessione pensata, presa dopo tanti anni di cammino fatto in questa direzione». «Sappiamo - ha aggiunto -che esistono resistenze, critiche, opposizioni. Ne prendiamo atto e ne teniamo conto perché la materia è delicatissima, ma crediamo che questo sia il cammino anche se altri non lo condividono».


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