sabato 25 febbraio 2023
L’arrivo a Bologna dalla Repubblica Centrafricana dove ha subito l’amputazione di un piede. Nelle sue parole nessun risentimento ma gratitudine per chi lo ha soccorso dopo l’incidente
È in Italia padre Norberto Pozzi il missionario ferito da una mina
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È appena arrivato in Italia, ma il pensiero corre immediatamente a Bozoum, in Centrafrica. «Lì tutti mi conoscono benissimo. Avendo visto quello che mi era successo, sapevo che non avrebbero esitato a soccorrermi. La gente è molto solidale». Sono le prime parole di padre Norberto Pozzi, 71 anni, missionario carmelitano di origini lecchesi, che lo scorso 10 febbraio è saltato con la sua auto su una mina in Repubblica Centrafricana. Ieri è atterrato finalmente in Italia, passando per Amsterdam, dopo un lungo viaggio di sedici ore, l’ultimo di una serie di trasferimenti a cui era appesa la sua vita. È stato immediatamente trasferito all’Istituto ortopedico Rizzoli di Bologna, dove stanno valutando la sua situazione. Che resta molto delicata.

«Ci vorrà un po’ di tempo, ma adesso che sono in Italia sto bene!», dice il religioso che risponde dal suo letto di ospedale con una straordinaria forza di spirito. Padre Norberto, infatti, ha già subìto una prima amputazione del piede sinistro a Kampala, in Uganda, dopo essere sopravvissuto per miracolo alla terribile esplosione che ha investito la sua auto mentre si recava in una comunità cristiana nei pressi di Bozoum, nel nord-ovest del Centrafrica, dove risiede da molti anni.

«Dell’esplosione non ricordo nulla – ci racconta –, ma subito dopo, mentre mi caricavano sulla moto, sono rinvenuto per pochi istanti e ho visto la macchina distrutta e il piede disintegrato che sanguinava… Poi ho di nuovo perso i sensi».

Padre Norberto conosce benissimo quei luoghi e quelle strade. Il Centrafrica è la sua casa da moltissimi anni, da quando cioè, nel 1980, vi era arrivato una prima volta da geometra. E proprio lì, in quel Paese considerato tra i più poveri e tormentati dell’Africa, era maturata la vocazione che lo ha portato a farsi carmelitano. Nel 1995 è tornato in Centrafrica da sacerdote e da allora ha sempre accompagnato le piccole comunità cristiane che gli sono state affidate, portando avanti, nel contempo, anche un grande lavoro sul fronte dell’educazione. Ed era proprio per andare a riparare la scuola di un villaggio che quella mattina del 10 febbraio era partito con la sua auto insieme ad alcune altre persone, che fortunatamente sono rimaste ferite in modo lieve.

«Sino a un anno fa nella nostra zona non c’erano problemi di ribelli o di mine – spiega padre Norberto –. Recentemente, però, la situazione è un po’ peggiorata. Anche perché non c’è nessuno che si impegni veramente a fronteggiare i ribelli, che fanno quello che vogliono. E a pagarne le conseguenze è soprattutto la popolazione civile. Un mio operaio mi aveva avvertito che più avanti, verso la montagna, avevano iniziato a mettere le mine. E, infatti, avevamo intenzione di fermarci al primo villaggio, distante un paio di chilometri, per chiedere informazioni più precise».

A quel villaggio, però, il missionario non è mai arrivato. La mina, che si trovava sul lato sinistro della strada, è esplosa proprio sotto il posto di guida. Le condizioni di padre Norberto sono apparse subito molto critiche. A salvarlo è stato un motociclista, che nell’udire l’esplosione si è precipitato sul posto; lo ha quindi estratto dall’auto, caricato sulla sua moto insieme a un’altra persona e trasportato per 22 chilometri, lungo piste dissestate, sino a Bozoum. Qui padre Norberto ha ricevuto le prime cure e una trasfusione di sangue, prima di essere trasferito con un elicottero delle Nazioni Unite a Bangui.

Anche nella capitale centrafricana, tuttavia, le strutture sanitarie non erano in grado di gestire una simile emergenza. Nuovo trasferimento, dunque, a Kampala, in Uganda, dove è stato subito evidente che, oltre alle molte fratture, la situazione della gamba sinistra - e specialmente del piede - era gravemente compromessa. È stata, quindi, eseguita un’amputazione il più possibile conservativa. «I primi giorni sono stati bui – rievoca il missionario –; poi, una volta arrivato a Kampala, a volte stavo bene, a volte sentivo una grande stanchezza e non riuscivo a mangiare. Ieri però mi è tornato l’appetito!», dice con voce rassicurata e racconta della sua prima cena italiana in ospedale. Sa già che dovrà subire una seconda amputazione qui in Italia per permettere successivamente l’utilizzo della protesi. Il primario e i medici del Rizzoli, struttura ospedaliera e di ricerca altamente specializzata nel campo dell'ortopedia e traumatologia, stanno valutando in queste ore.

«Tutto il personale dell’ospedale è intervenuto tempestivamente con grande professionalità e umanità – ci dice il confratello padre Aurelio Gazzera, che è accorso a Bologna, dove è arrivato anche Claudio Pozzi, il fratello medico di padre Norberto –. Hanno valutato e apprezzato le cure che gli sono state prestate sinora, tenendo conto delle condizioni spesso molto precarie in cui sono avvenuti i soccorsi. Probabilmente dovranno intervenire di nuovo e procedere a un’ulteriore amputazione della gamba sinistra. Ma si sono detti abbastanza ottimisti e noi lo siamo con loro».

Anche padre Norberto sembra affrontare questa prova con grande forza e spirito positivo: «Ci vorrà un po’ di tempo per guarire bene – conferma il missionario –, ma sono fiducioso». Il suo pensiero è già proiettato oltre: alla sua terra natia, Lecco, e a quella che è diventata la sua casa, il Centrafrica.

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