Turetta picchiato da un altro recluso. Il papà di Giulia: «Non sono felice»
Il giovane, condannato per aver ucciso l'ex fidanzata, è stato colpito con un pugno. Gino Cecchettin condanna l'episodio.

Un’insofferenza che monta fino a degenerare in ostilità, e infine sfocia in violenza. Filippo Turetta, condannato all’ergastolo in primo grado per l’uccisione dell’ex fidanzata Giulia Cecchettin, ha provato sulla sua pelle cosa significa fare i conti con certi “codici” tacitamente in vigore tra i reclusi, secondo cui alcuni delitti sono più riprovevoli di altri. Il giovane è stato aggredito nel carcere veronese di Montorio da un altro detenuto, di 55 anni, che lo avrebbe colpito con un pugno.
L’episodio sarebbe avvenuto nel mese di agosto, nella quarta sezione del carcere, dove Turetta era stato trasferito dopo un periodo trascorso nella sezione “protetta”, che ospita chi si macchia di reati contro donne e bambini, solitamente mal tollerati anche dai più incalliti criminali.
Quando l’ha saputo, Gino Cecchettin, padre della povera Giulia, assassinata l’11 novembre 2023 a Fossò, tra Venezia e Padova, ha scosso la testa e ha condannato il gesto senza riserve.
Non è ancora chiaro se ci sia anche qualche motivo particolare alla base dell’aggressione, ma quanto accaduto non è stato per nulla compreso dal papà della ragazza che, fin dai primi drammatici giorni seguiti al ritrovamento del cadavere e alla cattura di Turetta, si è sempre tenuto alla larga dai facili propositi di vendetta.
«Non penso che la violenza sia la risposta ed è il messaggio che vorrei dare: non mi fa sentire felice il fatto che Turetta sia stato aggredito, perché ancora una volta vuol dire che dobbiamo lavorare» ha sottolineato Cecchettin, a margine del festival Pordenonelegge, commentando l’aggressione. «Sono da condannare anche questi atti e noi ci muoviamo in senso opposto - ha aggiunto - e vorremmo far capire alle persone che i sentimenti che portano a questo sono sbagliati e da condannare».
Il responsabile dell'aggressione, secondo quanto trapelato, nonostante lui stesso stia scontando una condanna definitiva per omicidio e tentato omicidio, avrebbe espresso alcuni giorni prima un malcelato disappunto per la presenza di Turetta tra i detenuti della sua sezione. Un rancore evidentemente ribollito a lungo, che ha finito per esplodere.
Dopo l'episodio di violenza di cui si è reso protagonista, il 55enne è stato ristretto in cella di isolamento per 15 giorni. La vicenda ha poi preso una piega inaspettata e a sua volta drammatica. Dopo una settimana in isolamento il detenuto è stato infatti trasferito in una cella singola, che era però stata danneggiata da colui che l'aveva occupata in precedenza; a questo punto l’uomo ha chiesto di essere nuovamente spostato e contemporaneamente, per protesta, ha smesso di bere e mangiare, rifiutandosi anche di prendere i farmaci che gli sono stati prescritti.
Marco Birolini
© riproduzione riservata
© RIPRODUZIONE RISERVATA





