lunedì 4 dicembre 2023
Il generale raggiunto dalla notifica del procedimento interno per il discusso libro "Il mondo al contrario". Ieri il nuovo incarico come Capo di Stato maggiore delle forze terrestri
Dopo la nomina arriva l'inchiesta dell'esercito. Lui si mette in licenza

Ansa

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Il generale Roberto Vannacci non è più fonte di imbarazzo per Palazzo Chigi, non abbastanza, comunque, da impedirne la nomina a capo di Stato Maggiore delle forze operative terrestri (avvenuta ieri), una delle cariche più prestigiose nell'Esercito. Scontate le polemiche da parte dell'opposizione, destinate a crescere di intensità dopo la notifica di questa mattina dell'avvio di un'inchiesta interna nei confronti del militare, partita proprio a seguito della pubblicazione del suo best seller "Il mondo al contrario". Lui però, dopo aver ringraziato per il ruolo assegnatogli (che ha promesso di ricoprire «con la passione di sempre»), non ha commentato la notizia, ma ha deciso di prendersi un mese di licenza per motivi familiari.

Il nuovo incarico ha generato molte perplessità, specie dopo le critiche della prima ora del ministro della Difesa, Guido Crosetto, al volume dell'alto ufficiale (aveva parlato di «farneticazioni»). Eppure lo stesso Crosetto ha difeso la nomina, negando sia stata una promozione o addirittura un riconoscimento per quanto scritto nel libro, come ipotizzato da alcuni esponenti dell'opposizione e in particolare dal presidente grillino, Giuseppe Conte: «In merito alle pretestuose polemiche che alcuni stanno provando a sollevare - ha spiegato il ministro - sentendosi esperti di questioni militari, mi preme sottolineare che il generale Roberto Vannacci non è stato né promosso né retrocesso. Lo Stato Maggiore dell'Esercito italiano ha deciso di affidargli uno dei ruoli che gli competevano per grado, esperienza e diritto, in attesa che siano esperiti gli accertamenti previsti». Insomma, ha tagliato corto il titolare della Difesa, «le garanzie costituzionali a tutela della persone valgono anche per i militari e nessuno può emettere giudizi sommari, sostituendosi alle norme e alle procedure previste a tutela di uno Stato di diritto».

Tra i motivi dell'inchiesta a carico del generale ci sarebbero le controverse opinioni contenute nel testo (come quelle sui gay «non normali» per esempio), che potrebbero generare un'identificazione con l'istituzione rappresentata e quindi venire meno al principio di terzietà. L'indagine formale fa seguito a quella sommaria aperta ad agosto. La commissione apposita ne valuterà gli atti prodotti e trasmetterà un rapporto finale all'autorità che ha ordinato l'inchiesta e una scheda informativa dettagliata al ministro della Difesa. Solo dopo si potranno valutare eventuali provvedimenti disciplinari. Nel frattempo sono diversi i "colleghi generali" che hanno scelto di difendere Vannacci e questa mattina lo hanno fatto anche Leonardo Tricarico, ex capo di Stato Maggiore dell'Aeronautica, Giorgio Battisti, primo comandante del contingente italiano della missione Isaf in Afghanistan e Marco Bertolini, già comandante del Coi.

Ma non cessano neanche gli attacchi delle associazioni lgbt che continuano a chiedere «l'espulsione» del generale dalle Forze armate. Il generale non è tornato sull'argomento, ma in un'intervista La Stampa, oggi ha parlato di femminicidio e del caso di Giulia Cecchettin: «Perché chiamare l'omicidio di una donna in modo diverso? Quindi l'assassinio di un tabacchino lo chiameremo commercianticidio? C'è in qualsiasi omicidio una matrice precisa. Si parla da anni di femminicidi, eppure le donne continuano a venire uccise. Mi sembra più importante evidenziare che siamo tutti uguali davanti alla violenza. Il paradosso - ha continuato - è pensare che la responsabilità di quella che chiamiamo cultura patriarcale sia di uomini forti e prevaricatori: è il contrario. Sono gli uomini deboli a fare del male alle donne. Noi educhiamo uomini deboli, non uomini forti. Altro che maschi patriarcali: sono mollaccioni smidollati che abbiamo prodotto noi. Abolendo le punizioni. Se un ragazzo non studia, lo mandi a lavorare invece di fare ricorso al Tar contro i professori che gli mettono».

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