martedì 20 agosto 2019
Il difficile rapporto tra la Lega di Salvini e il M5s di Di Maio nell'esecutivo gialloverde
Il governo Conte al completo (1 giugno 2018, Ansa)

Il governo Conte al completo (1 giugno 2018, Ansa)

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Il governo Conte, primo della XVIII legislatura e 65° della Repubblica, ha visto la luce il 1 giugno del 2018, dopo una faticosissima gestazione di 88 giorni.

Oltre un anno di vita sempre sull'altalena di litigi e riappacificazioni, fino al redde rationem finale. A tenere uniti M5s e Lega, che si erano presentati in contrapposizione alle politiche del 4 marzo, doveva essere il Contratto di governo con i punti programmatici da realizzare, varato il 18 maggio. Il 6 giugno, l'esecutivo guidato dal giurista Giuseppe Conte ottiene la fiducia della Camera. Quattordici mesi di scontri e polemiche ma anche di risultati concreti, con oltre 50 leggi approvate: dal reddito di cittadinanza, a quota 100, dalla stretta su migranti e alle nuove misure sulla sicurezza passando per la battaglia con Bruxelles sull'asticella del deficit, fino agli scontri più duri su Tav, autonomia, i casi Siri e la vicenda dei sospetti finanziamenti alla Lega da parte della Russia.

I primi mesi sono dedicati alla stesura di una serie di decreti, a partire dal Crescita. Poi però l'estate viene segnata dal crollo del Ponte Morandi, a Genova. In occasione del funerale delle vittime, il lungo applauso tributato ai vice premier Matteo Salvini e Luigi Di Maio indica il consenso che il "governo del cambiamento" cominciava a riscuotere tra la popolazione.

In autunno viene approvata la legge su sicurezza e immigrazione, cavallo di battaglia di Salvini, che dispone la riforma del sistema di accoglienza con il superamento dello Sprar e la riduzione dei fondi, mentre continua la cosiddetta politica dei "porti chiusi" ovvero il blocco dell'arrivo delle navi Ong che soccorrono i migranti.

Il clima si scalda poi durante la preparazione e il varo della manovra che prevede le due misure bandiera, il reddito di cittadinanza, per i 5 stelle, e 'quota 100' sulle pensioni, per la Lega. A settembre, al termine del Consiglio dei ministri in cui M5s e Lega trovano l'accordo sul Def (fissando l'obiettivo di deficit/Pil al 2,4%), Di Maio, affacciato al balcone di Palazzo Chigi, con gli altri ministri del Movimento 5 Stelle, festeggia di fronte a un gruppo di parlamentari pentastellati, con bandiere e striscioni, in piazza Colonna. «Oggi aboliamo la povertà», scandisce il capo politico dei 5 stelle.

In coincidenza con la discussione della legge di bilancio potrebbe essere identificata una fase due dell'esecutivo, durante cui, nella lunga e difficile trattativa con la Commissione europea per la definizione degli obiettivi della manovra, il presidente del Consiglio riesce a ritagliarsi un ruolo da protagonista, uscendo dall'ombra dei suoi due ingombranti vice.

Conte evita la procedura di infrazione da parte dell'Ue, negoziando un obiettivo di rapporto deficit/Pil per il 2019 pari al 2,04% (e quindi rivisto rispetto al 2,4% iniziale). Dopo l'ok alla legge di bilancio, a gennaio parte l'offensiva del M5s - fase tre - che cerca di reagire alla predominanza di Salvini: inizia la campagna elettorale in vista delle Europee del 26 maggio dove la vittoria della Lega è schiacciante. Tra gli alleati si ripetono quotidiani e feroci duelli, al limite dell'insulto. Tra i tanti i momenti di alta tensione, va ricordato il cosiddetto caso della 'maninà, cioè quando Di Maio accusa i leghisti di aver cambiato di nascosto (appunto con una 'maninà) il decreto fiscale, introducendo un condono avverso al Movimento.

Le fratture però vengono sempre, anche se a fatica, rimarginate e i senatori 5 stelle addirittura si schierarono a difesa di Salvini, arrivando, per la prima volta nella storia del Movimento, a votare contro una richiesta di autorizzazione a procedere (contro il ministro dell'Interno, accusato di sequestro aggravato di persona nel caso della nave Diciotti).

Poi arrivano al pettine i due nodi più drammatici: la Tav e il caso Siri. In entrambi i casi, la Lega si spinge ad accusare il presidente del Consiglio di «non essere più super partes». Sull'Alta velocità Torino-Lione, il premier avvia una interlocuzione con la Francia per ridiscutere il progetto dopo gli esiti negativi dell'indagine costi-benefici commissionata dal Mit del pentastellato Danilo Toninelli. Ma è sulla cacciata del leghista Armando Siri che si consuma lo strappo più profondo, a pochi giorni dal voto europeo.

L'8 maggio 2019, come annunciato, il presidente del Consiglio revoca l'incarico a Siri, durante un lungo consiglio dei ministri in cui la Lega ribadisce la propria contrarietà alla scelta di Conte, garantendo piena fiducia al premier. Il mese scorso si riaccende l'incendio sulla Tav: il 18 luglio il leader della Lega tuona contro l'alleato. Il governo «va avanti se fa cose, altrimenti è inutile. È venuta meno anche la fiducia personale», afferma annunciando che il giorno seguente non avrebbe partecipato al Consiglio dei ministri. Quello stesso giorno corregge poi il tiro nei confronti di Luigi Di Maio («Di lui mi fido, È una persona per bene, ma altri non sono all'altezza») ma la miccia si è ormai accesa e negli ultimi 21 giorni si arriva al punto di non ritorno. Ai già tanti temi di scontro si è aggiunta anche la riforma della giustizia, che arrivata in Cdm è bocciata da Salvini: «È acqua, non c'è la separazione delle carriere». Il 7 agosto il Senato boccia la mozione con cui il M5s chiedeva al Parlamento di fermare la Tav.
Passano tutte quelle a favore della Torino-Lione. La Lega vota con il Pd e così cala il gelo tra i leader dei due partiti di maggioranza.

Nelle ultime due settimane la situazione è precipitata: 13 giorni fa Salvini manifesta l'intenzione di porre fine all'esperienza di governo e il giorno dopo annuncia una mozione di sfiducia per andare alle elezioni. Uno strappo istituzionale per molti, dal momento che la parola spetta solo al Capo dello Stato. Dal suo tour nelle spiagge italiane, Salvini ha già avviato la campagna elettorale in cerca di voti dal Nord al Sud del paese.

Di Maio rilancia chiedendo prima di votate il taglio dei Parlamentari e andare poi eventualmente al voto. E mentre la battaglia politica si infervora, scoppia il caso della Open Arms: la nave della Ong che batte bandiera spagnola ha un centinaio di migranti a bordo ma le è impedito lo sbarco. Da 19 giorni è ferma al largo di Lampedusa ed è stato permesso solo a minori e a persone malate di essere assistite sul suolo italiano. Per il ministro dell'Interno la fermezza paga: la linea politica è quella adottata nell'anno di governo, con l'Aquarius, la Diciotti e la Sea Watch 3, e esplicitata nel decreto sicurezza bis firmato dal presidente Mattarella l'8 agosto.

I numeri dei governi della Repubblica

Quattrocentoquaranticinque giorni: tanto è durato il governo Conte, nato sul Contratto firmato dai leader del M5s e della Lega, Luigi di Maio e Matteo Salvini. Un esecutivo che non può dirsi longevo, rispetto alla
durata prevista di una legislatura e ai più resilienti esecutivi come quelli guidati da Silvio Berlusconi (1.412
giorni in carica il governo del 2001-2005 e 1.287 giorni tra il 2008 e il 2011).

Un governo, quello gialloverde, che non risulta però neppure troppo "giovane" per la media italiana. Sopra i mille giorni, infatti, sono arrivati solo i governi Craxi (1983-1986) e Renzi (2014-2016). Prodi è riuscito a
stare in carica 886 giorni nel primo esecutivo e 722 nel secondo, terminato a gennaio 2008. Poco meglio dell'ultimo esecutivo ha fatto il governo Gentiloni (536 giorni) e quello Monti (529). Vita più breve hanno avuto nella Seconda Repubblica i governi Letta (300 giorni) e il primo e il secondo governo D'Alema (rispettivamente 427 e 126 giorni) e poi il primo e terzo Berlusconi. Decisamente più 'fragilì i governi della Prima Repubblica: il primo Fanfani del 1954 restò in carica appena 22 giorni (dal 18 gennaio all'8 febbraio 1954) e l'ottavo governo De Gasperi visse solo 32 giorni nel pieno dell'estate, dal 16 luglio al 17 agosto 1953.

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