
Frutta e verdura buttate in spazzatura - Ansa
La parola che dovrebbe entrare a far parte della nostra quotidianità è «educazione civica alimentare» perché per ridurre lo spreco di cibo l’unico segreto resta «l’attenzione quotidiana costante». Bene certo l’educazione alimentare e le campagne di prevenzione, ma ciò che fa davvero la differenza è la consapevolezza che quel pane o quella frutta di troppo che a casa finisce nella spazzatura costa più di 8 miliardi di euro. Per non parlare dello spreco dell’intera filiera del cibo in Italia che vale 14 miliardi, per 4.5 milioni di tonnellate. Dopo la parentesi del Covid, dove «stare a casa in maniera forzata consentiva di programmare meglio i consumi giornalieri e avevamo imparato a ricucinare gli avanzi», ora sale ancora lo spreco alimentare in casa e si fa meno attenzione alle buone pratiche. E così 617,9 grammi settimanali , pari a 88,2 al giorno - per lo più di frutta (24,3 grammi), pane fresco (21,2) verdure (20,5) e insalata (19,4) - prendono la via della pattumiera e ciò ci costa 139,71 euro pro capite. I nuovi dati su Il caso Italia 2025 dell’Osservatorio Waste Watcher, un elaborazione Ipsos-Università di Bologna che verrà presentata oggi in vista della 12esima Giornata nazionale di prevenzione dello spreco alimentare di domani 5 febbraio, raccontano di un Paese in cui lo spreco è principalmente concentrato al sud (+16%, diventando 713,8 grammi) e al centro (+4%, fermandosi a 640,1 grammi) e parallelamente - ma anche paradossalmente - in queste zone l’impoverimento alimentare delle famiglie italiane è cresciuto del 17% e del 15%. Eppure per raggiungere l’obiettivo 12.3 dell’Agenda di sostenibilità 2030 delle Nazioni Unite - lo spreco pro capite di 369,7 grammi - basterebbe tagliare da oggi fino al 2029 circa 50 grammi di alimenti buttati a settimana.
«Sono diversi anni che assistiamo ad un trend negativo in salita sugli sprechi - premette il direttore scientifico di Waste Watcher Andrea Segrè - ma la cosa ancora più preoccupante è che sono le fasce più deboli, che accedono ad un cibo di minore qualità e quindi più deperibile, a buttare più alimenti. A ciò si lega anche il fatto che la loro alimentazione è di minor livello» E ciò non è un bene per la salute. Ciò è dimostrato dall’indice Fies di insicurezza alimentare (Food Insecurity Experience Scale della Fao) che nel 2025 sale a 13,95% mentre era 10,27% lo scorso anno. Il diritto al cibo, o come lo chiama il direttore Segré lo «ius cibi, ovvero la cittadinanza alimentare, deve essere il nostro obiettivo che si può raggiungere materialmente a livello locale, come si sta facendo in questi giorni nel comune di Bologna introducendo questo diritto nello statuto della città metropolitana, con gli strumenti che abbiamo già: recupero del cibo in eccesso donato ad enti caritativi, capitolati nelle mense, educazione alimentare, tanto per fare alcuni esempi. L’attenzione ai poveri, che mangiano male e inoltre sprecano di più deve essere il focus di ogni azione».
È tempo di agire sarà dunque il filo rosso del conto alla rovescia per dimezzare lo spreco alimentare fra il 2025 e il 2030: «l’obiettivo è ambizioso - ammette il coordinatore del rapporto, Luca Falasconi, docente Università di Bologna – ma insieme possiamo fare la differenza. Ogni piccola azione conta, ridurre lo spreco alimentare inizia infatti proprio dalle nostre case e impegnarsi a ridurre questo spreco significa fare una scelta consapevole per il nostro futuro. Non ci resta che tradurre in impegno l’amore che dichiariamo di avere per il cibo». Un amore che - confermano i dati Waste Watcher - dicono di avere l’86% degli italiani intervistati, quando confermano di prestare molta attenzione al cibo e alla sua preparazione. Inoltre, 6 italiani su 10 fanno attenzione a scegliere di cucinare prima i cibi a ridosso della scadenza o li congelano se non li possono utilizzare a breve. In più il 56% testa il cibo prima di buttarlo, anche se è già scaduto e se è buono lo utilizza comunque. Ma solo 1 italiano su 10 (11%) dona il cibo cucinato in eccesso a parenti o amici, e neppure aumenta la percentuale di italiani che chiede al ristorante una bag per portarsi a casa il cibo avanzato: 28%. Malgrado l’aumento costante degli ultimi 3 anni, gli italiani ritengono però di essere attenti alla questione spreco: il 94% dice che la propria famiglia è attenta o attentissima, solo il 6% si dichiara consapevole di prestare scarsa attenzione al cibo gettato. Nel dettaglio, 6 italiani su 10 (63%) dichiarano di gettare del cibo al massimo 1 volta alla settimana, 1 italiano su 5 ammette di gettarlo 3 o 4 volte a settimana e il 14% confessa di sprecare cibo quasi ogni giorno.
A voler scendere nel dettaglio delle cause per cui si butta via cibo, si comprende come la mancanza di attenzione ai gesti quotidiani sia alla base di tutto, visto che un italiano su 3 riconosce di non pensare al rischio dello spreco, il 23% pensa che la prevenzione agli sprechi richieda troppo tempo e per l’11% è addirittura troppo faticoso. E se si chiede loro cosa risulta più difficile da fare, il 27% risponde la lista della spesa, quindi l’organizzazione della dispensa e del frigorifero, mentre il 19% trova ostico conservare gli avanzi cercando su internet le ricette del riutilizzo.