mercoledì 3 ottobre 2018
Lo sappiamo dai mille scheletri del terzo e quarto secolo che sono stati studiati. Presentati anche i risultati delle ricognizioni sui corpi dei santi Ambrogio, Gervaso e Protaso
Ricognizione Si studiano i resti di sant'Ambrogio

Ricognizione Si studiano i resti di sant'Ambrogio

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«La Milano di sant’Ambrogio era una Milano multietnica. Lo sappiamo dai mille scheletri del terzo e quarto secolo che abbiamo già studiato. Ambrogio, Gervaso e Protaso fanno parte del melting pot milanese di quell’epoca». Basilica di Sant’Ambrogio. Sala Capitolare. Cristina Cattaneo, ordinario di Medicina legale all’Università degli Studi e direttrice del LabAnOf, il «Laboratorio di Antropologia e Odontologia forense» della Statale, presenta i primi risultati della ricognizione eseguita sui resti dei corpi dei tre santi maggiori della Chiesa ambrosiana (altro servizio a pagina 19). Un’iniziativa promossa dalla Basilica col patrocinio della diocesi di Milano. Uno studio condotto dalla Statale e dall’Istituto ortopedico Galeazzi, sotto la sorveglianza della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio.

Nulla di più lontano dai clamori dell’attualità, per il medico legale chiamato all’opera nelle indagini su casi incandescenti come quelli di Yara Gambirasio ed Elisa Claps. Invece no. La memoria di quelle figure sorgive della Chiesa ambrosiana non è irrimediabilmente confinata nel passato ma «si riverbera ai nostri giorni», scandisce monsignor Carlo Faccendini, abate di Sant’Ambrogio. Ed è affidata a noi, «custodi, non padroni, di un grande tesoro per i nostri tempi e per le generazioni future». Quella storia mostra, ad esempio, come Milano, Mediolanum, è davvero e dall’età antica "terra di mezzo", luogo d’incontro con l’altro. Crocevia di dialogo.

Così è stata l’esperienza di questo studio scientifico multidisciplinare, che ha messo in dialogo saperi e istituzioni, mostrando cosa significhi fare cultura oggi a Milano, ha detto il nuovo rettore della Statale, Elio Franzini. «La nostra città è profondamente permeata dalla memoria di Ambrogio. Ai colleghi stranieri in visita a Milano, consiglio di rinunciare ad altre mete ma non a questa basilica», confessa il rettore. Che usa le parole rivolte dal giovane Giovanni Battista Montini, prossimo santo, agli universitari della Fuci – «spirito critico e carità intellettuale» – per ribadire lo stile e la missione del sapere, ancora indispensabili nella Milano d’oggi.

La presenza di queste reliquie in sant’Ambrogio ha un grande significato religioso ma anche culturale, sostiene dal canto suo Antonella Ranaldi, la soprintendente. «Con questa ricognizione, riconsegniamo alla città uno dei suoi tesori, che Milano custodisce e offre al mondo – insiste Faccendini –. La basilica non è solo un luogo di fede, ma anche di profonda umanità. È un riferimento per tutti, per la civitas, per il mondo, non solo per i credenti. Questo è lo stile di Milano, questa è l’esperienza e l’eredità di Ambrogio».

Ambrogio, Gervaso e Protaso, santi antichi. E nostri contemporanei. Compagni di strada per i milanesi d’oggi. Ed ecco l’architetto Carlo Capponi, responsabile dell’Ufficio diocesano per i Beni culturali, testimoniare il profondo rispetto, la grande attenzione con cui il personale del Comune ha trasportato i loro resti al Galeazzi, e la devozione manifestata dai lavoratori dell’istituto ortopedico allo scoprire l’«identità» dei tre «ospiti». La ricognizione dei resti del santo vescovo e patrono di Milano e dei due giovani martiri «è una bella avventura di scienza e di conoscenza, a confermare la solidità della tradizione storica e spirituale ambrosiana», riprende Faccendini. Tesoro per il presente e l’avvenire.

Leggi anche: Milano. Santi Ambrogio, Protaso e Gervaso: la scienza conferma la tradizione

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