giovedì 5 marzo 2020
La priorità del governo è potenziare in tempi rapidissimi la capacità di affrontare l'emergenza. La battaglia prosegue anche nel campo della ricerca
Una tenda allestita all'esterno dell'ospedale di Cremona come filtro per l'accesso dei pazienti

Una tenda allestita all'esterno dell'ospedale di Cremona come filtro per l'accesso dei pazienti - Ansa /Afp

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La priorità assoluta del governo, in questo momento, è la tenuta del sistema sanitario nazionale. Concretamente, degli ospedali. La vera trincea in cui si combatte la battaglia al coronavirus, a cominciare dalla Lombardia.

Le nuove linee dettate ieri dal ministero della Salute sono chiare nella loro straordinarietà: incremento – nel minor tempo possibile – del 50% del numero di posti letto in terapia intensiva e addirittura del 100% del numero di posti letto nelle unità operative di pneumologia e di malattie infettive, isolati e allestiti con la dotazione necessaria per il supporto ventilatorio.

E ancora: rimodulazione locale delle attività ospedaliere, ridistribuendo il personale sanitario destinato all’assistenza (con tanto di corsi di formazione rapidi sul territorio incentrati proprio sul supporto respiratorio); utilizzo delle strutture private accreditate per il trasferimento e la presa in carico di pazienti non affetti da Covid-19; mobilitazione generale della rete del 118 per il trasporto di pazienti in ospedali con posti disponibili.

Insomma, l’emergenza è assoluta e il governo risponde attrezzando il sistema all’emergenza. Anche col via libera immediato ai concorsi di abilitazione alla professione di medico chirurgo e, sempre per la Lombardia, con l’anticipazione delle lauree nelle scuole di infermieristica e le assunzioni a chiamata o i concorsi veloci per anestesisti e pneumologi: «L’apertura di nuove unità di terapia intensiva è condizionato all’acquisizione di personale: sono 500 i medici di cui abbiamo bisogno e 1000 gli infermieri qualificati» ha detto l’assessore alla Sanità Giulio Gallera, che ieri ha avanzato le richieste della Regione al ministro Roberto Speranza.

Le misure di salute pubblica introdotte in questi giorni, d’altronde, hanno l’obiettivo di «ottenere l’effetto di contenimento diretto del virus o di ritardo della diffusione proprio perché il sistema sanitario, per quanto efficiente, rischia di andare in sovraccarico» ha spiegato ieri lo stesso presidente del Consiglio, Giuseppe Conte.

Intanto sul fronte della ricerca arriva la prima prova che il coronavirus circolava in Italia già diverse settimane prima della diagnosi del “paziente uno” di Codogno: è contenuta nelle tre sequenze genetiche del virus in circolazione in Lombardia ottenute dal gruppo di Università Statale di Milano e Ospedale Sacco, coordinato da Gianguglielmo Zehender, Claudia Balotta e Massimo Galli e che nei prossimi giorni potrebbero fornire notizie decisive sull’ingresso del virus in Italia e sulle sue vie di diffusione.

Dai primi dati, per esempio, è emerso che il ceppo lombardo ha forti analogie con le sequenze genetiche del coronavirus del primo caso rilevato in Italia (quello del turista cinese ricoverato nell’ospedale Spallanzani di Roma con la moglie), ottenute da Istituto Superiore di Sanità (Iss) e Policlinico Militare Celio di Roma. Forti anche le analogie con i virus isolati in Europa, soprattutto in Germania e in Finlandia, e in America Centrale e Meridionale. L’analisi, rileva l’ospedale Sacco, conferma comunque l’origine cinese dell’infezione.

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