giovedì 23 aprile 2015
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«Il divorzio breve è legge. Un altro impegno mantenuto», ha esultato via twitter il premier Matteo Renzi. Rimane da capire chi beneficierà di tanta, presunta, coerenza. Non certo le famiglie perchè, come ha spiegato Francesco Belletti, presidente del Forum delle famiglie, con l’approvazione del divorzio breve, si è operata una scelta «che deresponsabilizza la società rispetto alle decisioni delle persone, attraverso una semplificazione che segna un passaggio grave». Ma non solo, «l’esito del dibattito parlamentare sancisce che le coppie sono lasciate più sole davanti a scelte difficili». Ma a chi può interessare? Non certo alla maggioranza che ieri sera – votata e approvata la legge (398 sì, 28 no, 6 astenuti) – si è impegnata nella gara all’acuto più forte. Nessuno, o quasi, è parso sfiorato dal minimo dubbio. Ascoltare per credere. «Un altro passo per rendere l’Italia più europea, più giusta e più moderna», ha sentenziato Angela Finocchiaro (Pd). Meglio ancora Luca D’Alessandro (Fi), correlatore della legge con Alessandra Morani (Pd): «Una pagina di civiltà che trasforma l’Italia da Paese arretrato sui temi etici a Paese maturo e al passo con i Paesi europei». Barbara Pollastrini (Pd), si è spinta addirittura ad evocare un benerficio per «la cultura del Paese». Ci fermiamo qui, per non abusare della pazienza dei lettori. Ma lo stesso trionfalismo epocale ha contrassegnato altre decine di dichiarazioni. Tutte molto simili. E tutte molto inutili. Anche perché capire cosa ci sia di così straordinario nella legge approvata, è davvero difficile. Almeno per chi non voglia adeguarsi al pensiero politicamente corretto. Finora lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio poteva essere chiesto da uno dei coniugi, non prima di tre anni di separazione. Con il divorzio breve il termine scende a 12 mesi per la separazione giudiziale e a 6 mesi per quella consensuale, indipendentemente dalla presenza o meno di figli. Novità, poi, sulla comunione dei beni, che si scioglie quando il giudice autorizza i coniugi a vivere separati o al momento di sottoscrivere la separazione consensuale. Infine c’è l’applicazione immediata: il divorzio breve sarà operativo anche per i procedimenti in corso. Tutto bene, allora? Tra le poche voci dissonanti quella di Eugenia Roccella (Area Popolare): «Ho votato contro la legge sul divorzio breve, anche se devo dare atto al gruppo di  Ap al Senato di aver lavorato per migliorare il testo, e di aver evitato che venisse completamente cancellato l’istituto della separazione».  «Non si tratta di una distinzione fra laici e cattolici – ha proseguito Roccella – ma della difesa di un’istituzione laica e antica come il matrimonio, che prevede un impegno pubblico di stabilità e durata. Riducendo il matrimonio a qualcosa di sempre più simile a un patto di convivenza, che si può sciogliere in breve tempo e con estrema facilità, si svaluta il suo ruolo e il significato che ha sempre avuto per la comunità umana. Tutti affermano di voler difendere la famiglia, ma con provvedimenti di questo genere – ha concluso la parlamentare –  si contribuisce solo a indebolirla». Stessa linea, ma toni ancora più espliciti per Giuseppe Marinello (Area popolare), presidente della Commissione Ambiente: «Non è stata approvata una buona legge per l’Italia: la storia ci insegna che la fretta è cattiva consigliera e in questo caso abbreviare i tempi per dirsi addio produrrà solo due aumenti: di divorzi ma anche di rimorsi». «Con il divorzio breve – ha aggiunto Marinello –, il Parlamento ha delegittimato e banalizzato il matrimonio tra uomo e donna, quasi rendendolo ridicolo». Contro il divorzio breve ha votato anche Giorgia Meloni (Fratelli d’Italia): «No al matrimonio usa e getta soprattutto in presenza di figli. I bambini non sono un dettaglio: vanno tutelati sempre».

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