giovedì 26 aprile 2018
Martina però rimarca le distanze e chiede tempo in attesa della direzione del 3 maggio. Di Maio: ragioniamo non per schieramenti, ma per temi. E sfida Berlusconi sul conflitto d'interessi
Fico sale al Colle: dialogo Pd-M5s avviato. Mio mandato finisce qui
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Ora bisogna attendere la direzione Pd. Si può riassumere così il secondo giro di consultazioni del presidente della Camera Roberto Fico, di cui ha appena riferito al presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Un mandato esplorativo che il capo dello Stato gli aveva affidato lunedì, per sondare la possibilità di un governo tra Pd e M5s. «ll mandato esplorativo che mi ha affidato il presidente della Repubblica - spiega il numero uno di Montecitorio uscendo dal colloquio con il Colle - ha avuto un esito positivo e si è concluso oggi. Il dialogo tra il M5s e il Pd è avviato. In questi giorni ci sarà dialogo all'interno dei gruppi, aspettando anche la direzione del Pd. Importante e ragionevole rimanere sui programmi e i temi che sono il centro vero del cambiamento del Paese nell'interesse di tutti gli italiani». Certo è che la giornata politica è stata scandita da nette rimarcazioni delle differenze tra i due partiti, ma dalla necessità di provare a dialogare per il bene del Paese. Da un lato il Pd chiede tempo. Dall'altro M5s insiste sul contratto di governo, che non allontana le differenze, ma ragiona per temi e non per schieramenti.

Le consultazioni di Martina

I dem vorrebbero tempo per arrivare ad una posizione condivisa in direzione nazionale il 3 maggio, sulla possibilità o meno di sedersi al tavolo con il Movimento Cinque Stelle per formare un nuovo governo. Anche se il partito riconosce «il passo in avanti» fatto dal Movimento di Luigi di Maio - chiudere la trattativa con la Lega - precondizione indispensabile per continuare il dialogo. «Abbiamo deciso di convocare la direzione nazionale Pd il 3 maggio prossimo per decidere se e come accedere a questo confronto da comunità collettiva - ha spiegato il reggente Maurizio Martina - Insieme discutiamo e poi insieme lavoriamo». Il Pd, rappresentato a Montecitorio dal segretario, dai capigruppo di Camera e Senato Graziano Delrio e Andrea Marcucci e dal presidente Matteo Orfini, riconosce il"passo di M5s di chiudere il confronto con la Lega, ma «al tempo stesso non nascondiamo le differenze tra noi, è giusto dirlo per serietà e responsabilità».

Insomma si può discutere entro certi paletti. «Ci interessa dare una mano a questo Paese in una fase delicata della storia istituzionale e politica - spiega Martina - Se siamo arrivati fino a qui è perché altri hanno fallito, per 50 giorni assistito a diversi tentativi che non hanno prodotto un esito utile. Questo lavoro lo facciamo con spirito di servizio e nel solco degli indirizzi dati dal Presidente Mattarella».

Poi si entra più nel dettaglio del colloqui, in cui il Pd racconta di aver portato al presidente Fico «le nostre valutazioni in ordine a quello che è accaduto in questi giorni: noi riconosciamo, registriamo passi in avanti importanti che vogliamo riconoscere, in particolare rispetto ad alcune richieste, ad una richiesta fondamentale che avevamo avanzato già al primo giro di consultazioni con il presidente Fico, relativa alla necessità di chiudere la fase della trattativa, del confronto con centrodestra e Lega: sono arrivate parole importanti, definitive su questo che vogliamo riconoscere come fatto politico. Al tempo stesso - ha aggiunto - non nascondiamo le difficoltà e le differenze che animano questo confronto tra noi, e penso sia giusto dirlo per serietà e responsabilità nei confronti del Paese, di tutti gli italiani».

Le consultazioni di Di Maio

«Abbiamo il 32%, non siamo autonomi e stiamo cercando di portare un buon contratto al rialzo non al ribasso che possa risolvere i problemi degli italiani - dice uscendo dal colloquio con il presidente della Camera, Luigi di Maio - Ai cittadini interessa aver un reddito di cittadinanza che gli consenta di integrare il loro reddito oppure che due forze politiche litighino per l'eternità?». Il M5s infatti chiede al Pd «uno sforzo. Non si può chiedere al M5s di rinnegare le sue battaglie storiche». Dunque non è che si deve ragionare per alleanza, ma per temi. «Capisco chi dice 'mai con il Pd' - dice riferendosi alla base pentastellata che sta storcendo il naso sul dialogo con i dem - Ma qua non si sta parlando di un'alleanza, ma semplicemente cominciando a ragionare in un'ottica che non è semplicemente degli schieramenti, ma pensare che abbiamo questa opportunità: se si riescono a fare cose bene, sennò si torna al voto». E se si torna al voto la convinzione del movimento è che M5s «ne esca rafforzato».

Poi il discorso passa alla Lega, «un forno chiuso» ribadisce di Maio, ma sul quale Berlusconi continua a lanciare «velate minacce» attraverso le sue tv se decidesse di sganciarsi dal centrodestra. Un tema che dà l'occasione al leader M5s per tornare sul conflitto di interessi, perché per Di Maio «è arrivato il momento di metterci mano, è il momento di dire che un politico non può possedere mezzi di informazione».

La replica del centrodestra

Ma tutto il centrodestra non crede che il dialogo tra Pd e M5s possa portare a buon fine. «Sono sicuro che nella trattativa tra Pd e Cinquestelle non ci sarà alcuna risposta positiva per il presidente Mattarella», spiega Silvio Berlusconi a Spilimbergo durante un comizio in vista delle regionali del Friuli Venezia Giulia. Se lo scenario sarà questo, aggiunge, «dovrà ritenere l'ipotesi di un governo tutto del centrodestra». Poi l'ex Cav, nel successivo comizio ad Udine, replica anche a Luigi Di Maio che in mattinata aveva toccato il tema del conflitto di interesse. Di Maio su Mediaset ha usato «un linguaggio preoccupante. Si vuole toccare l'avversario sulla libertà privata e sul patrimonio - aggiunge - È cosa da anni '70, da esproprio proletario».

Anche il responsabile della Lega Matteo Salvini non ci va leggero. «Io non chiudo la porta in faccia a nessuno - il suo commento uscendo da Montecitorio - spero che la telenovela tra Renzi e Di Maio non duri troppo e secondo me sarebbe un governo irrispettoso per gli italiani. Quando avranno finito il loro amoreggiamento, se gli andasse male come io penso, io ci sono». Non meno diretta la leader di Fratelli d'Italia, Giorgia Meloni, per cui «la destra ha un'unica colpa: Lega e Forza Italia si sono prestati ad una legge che non poteva fare una maggioranza». Il suo partito aveva depositato un emendamento ponendo la seconda soglia per la maggioranza al 37%, ricorda, «non me l'hanno sostenuto non solo il M5s e il Pd, ma neanche Forza Italia e Lega». Nel caso ci fosse un ipotetico governo M5s e Pd, conclude, «faremo un'opposizione durissima. Inviteremo gli italiani in piazza, perché sarebbe una decisione che va contro la loro volontà».

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