venerdì 26 gennaio 2024
Per il capo dello Stato la Shoah è «il più abominevole di crimini». Il culto del capo è stato «un virus micidiale». Il 7 ottobre in Israele «replica raccapricciante». Il ricordo dei Giusti
Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e Sami Modiano, superstite dell'Olocausto

Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e Sami Modiano, superstite dell'Olocausto - Ansa

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La Shoah è stata «il più abominevole dei crimini, per gravità e dimensione» Auschwitz «un orrore assoluto senza paragoni» e – con un salto temporale di quasi un secolo – quell’antisemitismo si è trasformato oggi in «orrore terrorista», una «replica raccapricciante».

L’orrore della Shoah ritorna con le immagini del 7 ottobre. No al «virus micidiale» del «culto della personalità e del capo», che lo resero possibile, ammonisce Sergio Mattarella. Ma al ripresentarsi di questo spettro ad opera delle «mani crudeli» di Hamas «coloro che hanno sofferto il turpe tentativo di cancellare il proprio popolo dalla terra sanno che non si può negare a un altro popolo il diritto a uno stato», auspica il capo dello Stato nel giorno in cui la Corte internazionale di Giustizia dell'Aia ha chiesto a Israele di scongiurare il genocidio.
Non è una Giornata fra le tante, nel salone dei Corazzieri. la memoria dell’Olocausto quest’anno si celebra al Quirinale con il fiato sospeso per una prospettiva di pace che sembra allonanarsi ogni giorno di più, in Medio Oriente. Ma il tema scelto “I Giusti tra le Nazioni”, consente di tenere aperto il cuore alla speranza, perché proprio i momenti più bui «regalano una costellazione di luci e di speranza che continua a rassicurare sul destino dell’umanità. Persone tra le più disparate: donne e uomini, laici e religiosi, partigiani e appartenenti alle forze dell’ordine, funzionari dello Stato, intellettuali, contadini», ricorda Mattarella. Ii prima fila le massime istituzioni sono presenti al gran completo, i presidenti delle Camere La Russa e Fontana, il presidente della Consulta Barbera, la premier Giorgia Meloni, con i ministri Tajani, Piantedosi, Sangiuliano e Valditara. Il ministro dell’Istruzione pronuncia, a nome del governo, parole importanti «La domanda che non dobbiamo cessare di farci, che dobbiamo ripeterci quando oggi qualcuno minimizza l'Olocausto, o perfino lo nega, o addirittura si prefigge l'obiettivo di realizzarne un altro, è “Ma lei, avendo la possibilità di fare qualcosa, cosa avrebbe fatto, vedendo uomini, donne e bambini massacrati senza un motivo se non l'odio e la violenza?”». Sono parole di Giorgio Perlasca, uno dei giusti ricordati nella cerimonia, insieme a Gino Bartali, negli interventi di Simonetta della Seta, presidente del Gruppo di lavoro Memoriali e Musei dell'Ihra, di Noemi Di Segni, presidente dell'Ucei e nei brani letti dall’attore Alessandro Albertin. Parole poi riprese da Giuseppe Valditara. Sono presenti anche le sorelle Andra e Tatiana Bucci, sopravvissute ad Auschwitz, che avevano già accompagnato Mattarella nella visita al campo, Il momento più toccante, salutato da un lungo applauso in piedi, la risposta di Sami Modiano, uno degli ultimi sopravvissuti, alla domanda di Alessio, uno studente di rientro dal ''Viaggio della Memoria'' organizzato in Polonia dal ministero dell'Istruzione e del Merito: «Ho giurato che fino a quando Dio mi darà la forza io ricorderò loro, le persone che erano lì con me». La premier, in prima fila, ha un attimo di commozione. Mattarella poi gli dedicherà un saluto molto accorato.
Il culto della personalità e del capo, «le ideologie di superiorità razziale, la religione della morte e della guerra, il nazionalismo predatorio, la supremazia dello Stato, del partito, sul diritto inviolabile di ogni persona», sono stati tutti, ammonisce Mattarella dei «virus micidiali, prodotti dall’uomo, che si sono diffusi rapidamente, contagiando gran parte d’Europa, scatenando istinti barbari e precipitando il mondo intero dentro una guerra funesta e rovinosa». Un «fanatismo, religioso o nazionalista», che «non tollera non soltanto il diritto ma neppure la presenza dell’altro, del diverso», denuncia Mattarella.
Ma ora, e cita Giorgio La Pira, «siamo di fronte a un nuovo “crinale apocalittico”, in alcune zone del mondo sembra divenuta impossibile non soltanto la convivenza, ma persino la vicinanza», E questo segna un «ritorno di antisemitismo» con la «indicibile, feroce strage» avvenuta il 7 ottobre che «non ha risparmiato nemmeno ragazzi, bambini e persino neonati. Immagine di una raccapricciante replica degli orrori della Shoah». Immagini che allontanano «il sogno di una pace, sancita dal reciproco riconoscimento e rispetto delle tre religioni monoteiste figlie di Abramo». Tante le Kippāh nel salone, tanti rappresentanti delle comunità ebraiche. Mattarella definisce Israele «Paese a noi vicino e pienamente amico. Sentiamo crescere in noi, di giorno in giorno a- aggiunge - , l’angoscia per gli ostaggi». Ma la stessa angoscia, aggiunge subito, «sorge anche per le numerose vittime tra la popolazione civile palestinese nella striscia di Gaza. Tante donne e bambini». Non solo «per l’irrinunziabile rispetto dei diritti umani di ciascuno». Ma anche «perché una reazione con così drammatiche conseguenze sui civili, rischia di far sorgere nuove leve di risentimenti e di odio», ammonisce. E «può accrescere gli ostacoli per il raggiungimento di una soluzione capace di assicurare pace e prosperità in quella regione»,
Cita Primo Levi nell’ammonire che «la storia dei campi di concentramento non può essere separata dalla storia delle tirannidi fasciste in Europa: ne rappresenta il fondamento condotto all’estremo, oltre ogni limite della legge morale che è incisa nella coscienza umana». Il ricordo dei Giusti «non deve far dimenticare i tanti, troppi ingiusti: i pavidi, i delatori per denaro, per invidia o per conformismo; i cacciatori di ebrei; gli assassini; gli ideologi del razzismo. Non si deve mai dimenticare – insiste Mattarella - che il nostro Paese adottò durante il fascismo – in un clima di complessiva indifferenza – le ignobili leggi razziste; e che gli appartenenti alla Repubblica di Salò collaborarono attivamente alla cattura, alla deportazione e persino alle stragi degli ebrei». E «I morti di Auschwitz, dispersi nel vento, ci ammoniscono continuamente: il cammino dell’uomo procede su strade accidentate e rischiose», come conferma «il ritorno, nel mondo, di pericolose fattispecie di antisemitismo: del pregiudizio che ricalca antichi stereotipi antiebraici, potenziato da social media senza controllo e senza pudore».
Un «orrore assoluto, senza precedenti», l’Olocausto, «che sembrava inconcepibile tanto era lontano dai sentimenti che normalmente si attribuiscono al genere umano», che colpiì non solo gli ebrei, ma anche, ricorda Mattarella, »omosessuali, dissidenti, disabili, testimoni di Geova» con la «complicità di centinaia di migliaia di persone, trasformate in “volenterosi carnefici”» che diedero vita, cta di nuovo Primo Levi a «insospettate riserve di ferocia e di pazzia giacciano latenti nell’uomo»
Ma «nel buio più fitto», a riportare speranza furono i “Giusti”, «un lungo elenco di nomi, più di settecento quelli finora accertati in Italia. Ai già evocati Giorgio Perlasca a Gino Bartali Mattarella aggiunge altri nomi di persone che, scoperte e arrestate, hanno avuto la stessa sorte dei loro “protetti”, deportati nei lager: «Odoardo Focherini, amministratore del giornale cattolico L'Avvenire d’Italia; Torquato Fraccon, partigiano, morto a Dachau insieme al figlio; padre Giuseppe Girotti, domenicano; Calogero Marrone, capo ufficio anagrafe del comune di Varese, Giovanni Palatucci, reggente della questura di Fiume; Andrea Schivo, agente di custodia nel carcere San Vittore di Milano».
La nostra Costituzione ha rimesso le cose a posto: «La presenza ebraica è stata fondamentale per lo sviluppo dell’Italia moderna e nella formazione della Repubblica» e «le comunità ebraiche italiane sanno che l’Italia è la loro casa e che la Repubblica, di cui sono parte integrante, non tollererà, in alcun modo, minacce, intimidazioni e prepotenze nei loro confronti», e i Giusti, «con il loro coraggio, la loro speranza e il loro sacrificio sono tra le radici migliori della nostra Repubblica».



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