martedì 13 dicembre 2016
Obiettivo è realizzare un modello lavorativo solidale grazie al protocollo con le aziende e a un progetto legislativo ad hoc.
Un disabile su due non lavora. Nuovo protocollo per l'inclusione
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Un protocollo aziendale per l'inclusione lavorativa dei disabili basato su un sistema di certificazione e riconoscimento pubblico della valorizzazione delle diverse abilità nelle imprese.

L'idea viene da Snfia, il sindacato dei funzionari delle imprese assicurative, in collaborazione con Adapt, l'associazione fondata da Marco Biagi per promuovere studi e ricerche nell'ambito delle relazioni industriali e di lavoro.

L'iniziativa si inserisce in un progetto più ampio, “Abili oltre”, che riunisce sotto il patrocinio del Mibact e della Presidenza della Camera dei Deputati, 12 realtà associative operanti nel terzo settore. L’obiettivo è quello di sollecitare l'impegno delle imprese italiane a realizzare un modello lavorativo solidale grazie alla stesura di un protocollo e e un progetto legislativo.

Si tratta, insomma, di “offrire alle aziende un menù di soluzioni da adottare per fare un passo avanti nella direzione del ripensamento del rapporto mansione-lavoratore – come spiegato da Emanuele Massagli, presidente di Adapt”.

L'intervento punta a incidere positivamente sul bilancio occupazionale dei disabili, al quale avrebbe dovuto dare una spinta la legge 68/1999. Una norma che la Fish (Federazione italiana superamento handicap), pur lodandone i contenuti, ha definito “molto lontana dall'essere una tangibile concretezza”. Nel 2013 – si tratta degli ultimi dati Istat disponibili sul tema – risultava occupato solo il 44,0% delle persone di 15-64 anni con limitazioni funzionali gravi o lievi, invalidità permanenti o malattie croniche gravi. Una percentuale che scendeva al 19,7% nel caso di limitazioni gravi.

Secondo uno studio del Censis relativo allo stesso periodo, il mercato del lavoro italiano risultava deficitario non solo nella capacità di includere, ma anche di garantire il mantenimento del posto. Meno di una persona con Sindrome di Down su 3 si dichiarava occupato dopo i 24 anni, e il dato scendeva al 10% tra le persone con autismo con più di 20 anni. C'è poi la relazione al Parlamento del ministero del Lavoro sullo stato di attuazione della legge 68/99, risalente al 2014, da cui emergeva una riduzione del numero delle persone con disabilità iscritte agli elenchi unici provinciali del collocamento obbligatorio.

“Non esistono persone inadatte al lavoro, ma lavori non adatti alle persone chiamati a svolgerli - come ha spiegato Marino D'Angelo, segretario generale di Snfia -. Il progetto si è reso necessario perché in Italia un disabile su due non lavora. Tutto questo è inaccettabile e al disagio sociale si aggiunge un vulnus nel sistema del Welfare, ormai inefficace a garantire pari assistenza e diritti ai più deboli. Per questo motivo lanceremo a gennaio gli Stati Generali della Disabilità, in cui inviteremo tutti gli attori di questo settore a confrontarsi su un nuovo modello di inclusione sociale e su una riforma legislativa del mondo del lavoro che abbia come presupposto l'idea che nessuna produttività può essere esclusiva”.

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