domenica 11 aprile 2021
Una rete di 17 associazioni, che include anche sigle del lesbismo, chiede di escludere il concetto perché «inammissibile». La legge Zan è al Senato
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Si allarga il fronte degli oppositori al disegno di legge contro l’omotransfobia. Alle voci preoccupate per le più che probabili ricadute sulla libertà di opinione, di pensiero e di educazione, si vanno aggiungendo ora le riserve di chi teme sia uno sdoganamento di fatto della maternità surrogata sia un’apertura acritica a ogni scelta di 'genere', alternativa all’integrazione uomodonna.

E mentre si va aggregando un consenso trasversale per un’iniziativa di legge contro l’«utero in affitto», sulla pluralità indefinita delle 'identità di genere' prende consistenza una critica serrata al disegno di legge ora all’esame del Senato, che smaschera una certa ideologicità degli assunti di partenza.

Inevitabile la ferma reazione di chi teme che nell’ansia di varare una legge-bandiera vengano persi decenni di conquiste con l’assimilazione del genere femminile a uno degli svariati possibili: «La formula 'identità di genere', al centro del ddl Zan, ha un grave impatto sulla vita delle donne – scrive un cartello di 17 associazioni del mondo femminista e lesbico –. In tutto il mondo l’identità di genere viene oggi brandita come un’arma contro le donne. Non è più il luogo in cui il sesso si coniuga con tutte le determinazioni sociali e storiche» ma «il luogo in cui si vuole che la realtà dei corpi – in particolare quella dei corpi femminili – venga fatta sparire. È la premessa all’autodeterminazione senza vincoli nella scelta del genere a cui si intende appartenere, è l’essere donna a disposizione di tutti. È il luogo in cui le donne nate donne devono chiamarsi 'gente che mestrua' o 'persone con cervice' perché nominarsi donne è trans-escludente».

Il documento assume il passo di una severa requisitoria: «Chi dice che una donna è un adulto umano di sesso femminile viene violentemente messa a tacere, come è capitato a molte femministe: da Germaine Greer a Sylvane Agacinski, Julie Bindel, Chimamanda Ngozi Adichie e ora anche a J.K. Rowling, l’autrice di Harry Potter, perseguitata per essersi detta donna e aver rifiutato la definizione di 'persona che mestrua'».

Preoccupazioni eccessive? Ecco i fatti: «In California – si legge nella nota – 261 detenuti che 'si identificano' come donne chiedono il trasferimento in carceri femminili. Il 'genere' in sostituzione del 'sesso' diviene quindi il luogo in cui tutto ciò che è dedicato alle donne può essere occupato dagli uomini che si identificano in 'donne' o che dicono di percepirsi 'donne'».

La richiesta è chiara: «Il tempo per correggere il ddl c’è, non accettiamo il prendere o lasciare né la liquidazione del nostro pensiero come omofobico», perché «l’espressione 'identità di genere' non è ammissibile».

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