mercoledì 22 novembre 2023
Nell'ottantesima udienza gli avvocati Viglione e Marzo hanno cercato di smontare una per una le accuse nei confronti del porporato.
Il cardinale Angelo Becciu

Il cardinale Angelo Becciu - Reuters

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Sono giorni intensi e sempre più decisivi per il processo in corso in Vaticano sulla compravendita di un palazzo a Londra e casi collegati. Ieri l'udienza, l'ottantesima della serie, è durata quasi otto ore ed è toccato alla difesa del cardinale Angelo Becciu ricostruire la vicenda dal suo punto di vista, chiedendone l'assoluzione. "Abbiamo tirato le somme di due anni di processo. Dal dibattimento è emersa in modo netto l'innocenza del cardinale Angelo Becciu. Per tutto ciò, la nostra richiesta al Tribunale non può che essere: assolvete un innocente!". Così si sono espressi gli avvocati Fabio Viglione e Maria Concetta Marzo, sostenendo l'inconsistenza delle accuse nei confronti del porporato, imputato in relazione alla gestione dei fondi della Segreteria di Stato e alla compravendita del palazzo di Sloane Avenue, nella capitale britannica.

"Tutte le accuse, ancorché tra loro diverse, sono legate da un unico fil rouge - ha detto in aula Viglione - e sono state tutte sconfessate dal processo. L'ambiziosa struttura elaborata dall'accusa non ha trovato alcun riscontro. Tutte le prove documentali, testimoniali e tecniche hanno smentito le tesi dell'accusa". Inoltre, negli stessi capi d'imputazione, "c'è un dato inequivoco: neanche un centesimo è stato distratto per un'appropriazione a fini personali del cardinale". Il legale ha quindi fatto riferimento alle "anomalie, carenze, omissioni, che sono state lo specchio dell'infondatezza delle accuse. Il teorema è stato completamente sconfessato".

Viglione ha poi ricordato anche le "suggestioni", le sottili "insinuazioni" (sulla vicenda processuale in Australia del cardinale George Pell), persino le "invettive" ("si è gridato 'vile, vile' nei confronti del cardinale Becciu, alla luce dell'assoluta carenza di prove"). E si è lungamente soffermato sul memoriale di monsignor Alberto Perlasca, che - ha rimarcato l'avvocato - "ha cambiato la storia di questo processo e lo ha fatto deragliare, con l'unico scopo del coinvolgimento del cardinale". Sotto questo profilo, anzi, ha affermato con forza il legale, visti i condizionamenti, i suggerimenti, i messaggi minatori intercorsi nella stesura del memoriale - da parte di Francesca Chaouqui, come emerso nel processo, anche tramite l'amica dello stesso Perlasca, Genoveffa Ciferri -, Becciu può dirsi "vittima di una macchinazione".

Sia l'avvocato Viglione che la collega Maria Concetta Marzo hanno quindi confutato una per una e sottolineato l'"inconsistenza" e "assurdità" delle varie imputazioni a carico del cardinale. Quanto ai due peculati e l'abuso d'ufficio nell'ingresso della Segreteria di Stato nel Fondo Athena di Raffaele Mincione per acquisire il 45% del palazzo di Sloane Avenue a Londra, hanno chiesto: "Perché Becciu avrebbe dovuto favorire una persona che neanche conosceva? Inoltre i soldi usati non avevano vincoli di destinazione, non erano dell'Obolo di San Pietro".

C'è poi la presunta subornazione del testimone Perlasca per fargli ritrattare le dichiarazioni durante l'istruttoria: "in realtà il cardinale ha cercato di porre rimedio a una falsa testimonianza". Quindi il peculato insieme alla ex manager sarda e asserita esperta di intelligence Cecilia Marogna, per i 575 mila euro che dovevano servire alla liberazione della suora colombiana rapita in Mali e finiti in gran parte in spese personali e voluttuarie: "il cardinale è il primo ad essere stato raggirato, e se voleva davvero 'mantenere' la Marogna, come si è detto, perché i versamenti li ha fatti fare quando già non era più sostituto?". Infine l'altro peculato nei bonifici della Segreteria di Stato per 125 mila euro alla cooperativa Spes di Ozieri, diretta dal fratello Antonino Becciu. Si tratta di "due donazioni di cui sono state dimostrate le finalità caritative, mentre neanche un centesimo è stato usato per fini personali dal fratello del cardinale". Insomma, in tutto il dibattimento è emerso come Becciu - secondo i difensori - abbia agito sempre in "assoluta buona fede", rispettando le procedure e con le necessarie autorizzazioni, mentre le accuse contro di lui sono chiaramente frutto di "pregiudizio".

Ora si attendono le conclusioni e le richieste della difesa nell'udienza del prossimo 6 dicembre. Lo scorso 26 luglio, il promotore di giustizia Alessandro Diddi ha chiesto per il cardinale la condanna a sette anni e tre mesi di reclusione. La sentenza del Tribunale a metà dicembre.

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