venerdì 2 luglio 2021
Una lettera appello e un seminario per fare il punto sulle maggiori criticità e sui pericoli contenuti nel testo approvato dalla Camera in materia di contrasto all’omotransofobia
Palazzo Madama. Al Senato fasi cruciali per il ddl Zan

Palazzo Madama. Al Senato fasi cruciali per il ddl Zan - Ansa

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Una lettera aperta ai senatori (LEGGI IL TESTO) e una richiesta urgente di incontro ai capigruppo prima di calendarizzare il ddl Zan, decisione che potrebbe essere presa martedì 6, andando al muro contro muro in aula. Lo chiedono 70 associazioni coordinate dal network "Polis pro persona" promosso da Domenico Menorello (fra queste il Centro studi Livatino, il Movimento per la Vita, il Comitato difendiamo i nostri figli, la Comunità Papa Giovanni XXIII, Alleanza Cattolica, Pro vita & famiglia, il Movimento cristiano lavoratori, il Popolo della famiglia, l’Avvocatura in missione, per citarne solo alcune). La proposta arriva al termine di un seminario tenutosi nella Sala Nasiriya del Senato ("Contro le discriminazioni? Sì! Ma non così!") per fare il punto sulle maggiori criticità e sui rischi contenuti nel testo approvato dalla Camera in materia di contrasto all’omotransofobia.

In sala anche alcuni parlamentari, fra cui il capogruppo della Lega Massimiliano Romeo, Lucio Malan di Forza Italia, Paola Binetti dell’Udc e Stefano Fassina di Sinistra italiana. I nodi sono stati messi in fila dal professor Alberto Gambino, presidente di Scienza&Vita. Il rischio maggiore deriva da affermazioni «cogenti» come quella sull’identità di genere da valutarsi in chiave soggettiva «destinate a dispiegare i loro effetti ben oltre lo strumento antidiscriminatorio nel quale sono inserite, fino a intervenire anche sul piano culturale».

Per non parlare della «assoluta genericità» della «istigazione alla discriminazione», che potrà sanzionare «anche un’idea, una sola parola». Un «grimaldello enorme, una vera «bomba atomica», la definisce, «che fa inorridire i penalisti». E poi l’articolo 4 che interviene in campo scolastico, «comprimendo la libertà educativa delle famiglie nelle scuole di ogni ordine e grado, partitarie comprese». Per cui, conclude Gambino, la Santa Sede «più che del Concordato, ha richiamato il rispetto dei principi base del nostro ordinamento».

Una strada che poteva, e forse ancora può, mettere d’accordo le forze della maggioranza sarebbe l’originario ddl Scalfarotto, secondo Marina Terragni, «mentre con il ddl Zan - sostiene la scrittrice impegnata sul fronte dei diritti delle donne - ha voluto strafare, ignorando l’articolo 21 ed entrando "a gamba tesa" nelle scuole».

Collegato dagli Usa Ryan Anderson, Presidente dell’Ethics and public policy center di Washington pone il problema dell’obiezione di coscienza, in merito ad esempio ad operatori sanitari, o istituti di cura che non ritengano in coscienza di praticare cure ormonali o interventi chirurgici finalizzati al cambio di genere.

Anche il sociologo Luca Ricolfi indica il testo di Scalfarotto, o quello della forzista Lucia Ronzulli, come possibili alternative al rischio di «affidare a un giudice la valutazione della liceità di un pensiero» e di «sottrarre ai genitori la titolarità della responsabilità educativa». Anche se, a suo avviso, la deriva nasce dall’idea stessa di affidare alla legge Mancino «una serie di categorie protette».
Le conclusioni sono state del costituzionalista Filippo Vari, vicepresidente del Centro studi Livatino. Che ha elencato i principi costituzionali messi a rischio, «dalla libertà religiosa alla libertà di manifestazione del pensiero, fino alla liberà di scienza e di ricerca». Col rischio di dar vita a un «tribunale delle coscienze».

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